La curcuma contiene curcumina, sostanza che sembrava possedere un meccanismo di recupero della proteina CFTR difettosa nei pazienti affetti da fibrosi cistica. Tra il 2004 e il 2006, vari gruppi di ricerca hanno mostrato come questo non fosse vero. Crediti: Steven Jackson/Flickr. Licenza: CC BY 2.0
"Bridges to the Future", ossia ponti sul futuro, era il titolo della 31ª National Cystic Fibrosis Family Education Conference, svoltasi a San Francisco in estate. Una delle presentazioni alla conferenza, adesso disponibile per intero su youtube, era intitolata “The history & future of CFTR modulators”, tenuta da Alan Verkman, professore e ricercatore di fama nell’ambito della fibrosi cistica dell’University California San Francisco.
A differenza di altri meeting americani, questa conferenza è indirizzata a un uditorio misto, fatto sì di professionisti del settore, ma soprattuto dalle famiglie dei pazienti e da persone interessate a essere educate sulla fibrosi cistica. Infatti all’inizio del suo interessante intervento, Verkman si domanda se riuscirà ad accontentare tutti i presenti. Inizia così a spiegare, attraverso un intervento di 45 minuti che non sembrano poi così tanti, cosa sono i modulatori CFTR, come funzionano, quando sono stati scoperti, come sono stati studiati, che limiti hanno e che cosa potrebbe riservarci il prossimo futuro.
Quello che ne emerge è una storia ricca di contenuti, che parte negli anni ottanta fino ai giorni nostri, con ricerche sempre più fitte e mirate a curare il difetto di base. Nel suo excursus, Verkman sottolinea come i primi correttori riportati in letteratura e individuati tramite high throughput screening (screening ad alta efficienza di banche di molecole) siano del 2005, con un lavoro firmato da lui stesso ma anche dai ricercatori della rete FFC Nicoletta Pedemonte, Olga Zegarra-Moran e Luis Galietta1. Emerge anche come la ricerca si muova a piccoli passi che, se visti da soli, appaiono ancora più piccoli e insignificanti, ma presi nell’insieme di 35 anni di lavori scientifici hanno fatto veramente storia.
E infatti Verkman evidenzia come alle volte sia anche necessario ritornare sui propri passi per scrivere quel bel pezzo di storia, e riporta tre esempi che possono aiutare a capire. Si tratta di filoni di ricerca che hanno suscitato grandi speranze perchè i ricercatori proponenti portavano dati stimolanti a supporto della loro ipotesi.
Il primo riguarda la curcuma, che nel 2004 la rivista Science2 riportava senza dubbio come la risposta definitiva alla fibrosi cistica. Curcuma è il nome di una pianta (Curcuma longa) da cui si estrae l’ingrediente fondamentale del curry, denominato anche zafferano arabo o zafferano indiano. Essa contiene una sostanza, la curcumina, impiegata da moltissimo tempo nella medicina erboristica, con probabili effetti antinfiammatori e antiossidanti. In esperimenti su modelli animali, la curcumina sembrava possedere un meccanismo di recupero della proteina CFTR difettosa a causa della più diffusa mutazione F508del. Ma poi vari gruppi di ricerca, tra il 2004 e il 2006, hanno mostrato come questo non fosse vero, e l’importanza e il ruolo della curcuma sono usciti di scena.
Stessa sorte è toccata nel 2017 alla timosina alfa1, sostanza di origine naturale prodotta dalla ghiandola timica e nota già da molti anni. Si tratta di un peptide, cioè un frammento di proteina, che si può produrre anche per sintesi. La sua funzione è quella di regolare alcuni processi immunitari e per questo suo effetto è già in uso in alcune patologie. Anche la timosina, oltre all’effetto immunomodulante e antinfiammatorio, sembrava mostrare recupero di CFTR-F508del mutata3. Per questo è stata lanciata dai media come la panacea di tutti i mali FC. Anche qui studi successivi4,5, alcuni dei quali ancora in corso, stanno fortemente ridimensionando il ruolo di questa molecola.
Infine, Verkman riporta il clamoroso caso della terapia genica mediata da Adenovirus. Nel 1993 si diceva che grazie a questa terapia, in due anni FC sarebbe stata sconfitta. Sono passati 25 anni e oggi sappiamo che la terapia genica attraverso vettori virali non ha dato i risultati sperati, ma, proprio perchè i passi indietro alle volte servono per prendere la rincorsa, nel frattempo si è aperta un’altra promettente strada che anche la Fondazione Ricerca FC persegue per le mutazioni splicing del gene CFTR, e che è conosciuta come la tecnica del genome editing (progetto FFC 1/2017).
In conclusione, la storia della ricerca insegna che anche i risultati negativi sono risultati, e servono ad andare avanti: oggi la strada dei modulatori è ricca di risultati importanti e non fallaci e rappresenta il futuro più immediato per la terapia del difetto di base in fibrosi cistica. Con queste riflessioni vorremmo tentare di dare una piccola risposta a tutti i lettori che combattono ogni giorno con la fibrosi cistica e che alle volte, comprensibilmente, smettono di credere nella ricerca.