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Epistemologia della Sindone

Negativo della Sindone (Giuseppe Enrie, 1931.Wikipedia)

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Sull'autenticità della Sindone di Torino si dibatte da tempo, ed è un classico esempio dell’impossibilità di raggiungere un accordo tra chi è interessato a sottolineare l’aspetto sacro e "inspiegabile" dell’immagine impressa su un lenzuolo che taluni vorrebbero avere avvolto il corpo di Cristo deposto dalla croce, e chi invece, sulla base dell’ evidenza scientifica ora abbondantemente disponibile, ritiene che si tratti di un falso costruito ad arte in età medioevale.

Si tratta di un caso che per le scienze dure non è probabilmente di grande interesse scientifico, visto che la datazione di un manufatto ad un’epoca paleocristiana o medioevale – se pure fosse ancora da definirsi – non rivoluzionerebbe certo la fisica, la chimica, la biologia o altri rami del sapere scientifico moderno; si potrebbe anzi affermare che, proprio nel momento in cui si accettassero da parte del pubblico i risultati conseguiti dalla maggior parte dei ricercatori e degli storici che vi hanno lavorato, proprio quando fossero stabiliti tutti i dettagli che hanno portato alla creazione del manufatto, esso cesserebbe di avere presso il pubblico quelle caratteristiche di "mistero magico religioso" che servono a chi pretende che esso non possa essere stato prodotto altro che mediante un intervento extraumano.

Il problema è che la confusione tra piano religioso e piano scientifico ha spesso portato ad affermazioni poco solide anche alcuni ricercatori, sia in un campo che nell’altro; i casi più estremi sono poi presi per esempio della controversia da chi ha interesse a propagandare il mito della inspiegabilità e dell’impotenza della scienza a chiarire il mistero, ignorando la vasta parte degli studi che da tempo ha ormai chiarito o accettato l’origine medioevale della Sindone e il semplice dato di fatto che riprodurne l’immagine sperimentalmente è esercizio sterile, perché sempre impossibile da collegare con certezza alla tecnica originariamente usata, visto che nessuno dei ricercatori era presente al momento della realizzazione e dunque qualunque risultato può essere attaccato sulla base del fatto che ci potrebbero essere procedure diverse e alternative per ottenerlo.

Qualche volta, tuttavia, i ricercatori, di fronte a uno degli estremi della controversia – che ripetiamo, è per la maggior parte della comunità degli storici e degli scienziati da tempo risolta – si spingono così avanti nel cercare supporto sperimentale per la propria opinione, che alla fine il loro lavoro, inizialmente pubblicato da qualche rivista scientifica, finisce alla fine per essere ritrattato.

Questo è appunto quello che è accaduto molto recentemente per un lavoro pubblicato un anno fa da Giulio Fanti su una rivista di discreto prestigio scientifico, PlosOne. Giulio Fanti, professore di misure meccaniche all'Università di Padova, è il più noto sostenitore italiano dell’autenticità della Sindone stessa, per cui non è del tutto irrilevante che il suo lavoro sia stato ritrattato dalla rivista con una motivazione piuttosto pesante. Poiché noi ci occupiamo da tempo anche di integrità scientifica, volendo approfittare di questa particolare ritrattazione per avviare un dibattito sul tema della Sindone, in una sede diversa da questa abbiamo iniziato una discussione con Fanti e con altri, nell’intento di approfondire culturalmente il tema; abbiamo anche chiesto a Fanti di inviarci la traduzione italiana delle sue due risposte alla redazione di PlosOne, e in effetti egli ce le ha gentilmente mandate: avendole lette con grande attenzione, ci siamo trovati in accordo con la rivista che ha ritrattato il suo lavoro; leggendo inoltre quanto disponibile in letteratura, ed è molto, sulla controversia della datazione della Sindone, ci siamo convinti che il consenso scientifico e i dati indicano con sufficiente chiarezza la sua origine medioevale: la ritrattazione del lavoro di Fanti e del suo gruppo ci è quindi sembrata appropriata non solo per le motivazioni tecniche, ma anche perché il lavoro originario ignorava apertamente le contraddizioni in cui incorreva con quanto dimostrato da altri gruppi in altre sedi. Ed è appunto quanto avevamo scritto commentando il caso nel Giornale online dell’ateneo patavino; in risposta, Giulio Fanti ci ha mandato i dettagliati commenti che pubblichiamo qui, assieme alle nostre necessarie risposte.

In chiusura di questa breve introduzione, non ci resta che ricordare quale sia per noi il tema principale del dibattito. Che non è il problema della datazione della Sindone o della sua autenticità: problema che per noi si può oramai considerare chiuso. Quello che può rimanere aperto è il dibattito sulla possibilità di capire se sia vero o falso che l’ampio consenso scientifico raggiunto (alla luce delle prove accumulate) sia artificiosamente distorto. Però per noi è più importante, e utile, spostare il dibattito su una dimensione di ben altro spessore culturale: quella della ricerca storica e scientifica sull’uso e sul significato delle reliquie dall’epoca medioevale o addirittura paleocristiana in poi. Lo ha fatto Francesco Veronese, trattando il tema in modo molto generale, non specificamente riferito al caso della Sindone, e Andrea Nicolotti che, sia pure trattando il tema in modo generale, pone al centro del suo articolo proprio il caso della Sindone, di cui è un riconosciuto esperto.

Se ci credo è veroFrancesco Veronese

 

Le reliquie nel cristianesimoAndrea Nicolotti

 


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