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Le molecole di Halloween

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Crediti: Scott Webb/Pexels. Licenza: Pexels License

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Anche quest’anno le vetrine di non pochi negozi ci ricordano una festa abbastanza nuova per i Paesi mediterranei, attesa soprattutto dai bambini. L’abitudine si è diffusa in anni recenti e non risparmia accostamenti talvolta un po’ azzardati. Decorazioni macabre, come teschi umani, lapidi di cimitero, gambe mozzate, pipistrelli, ragni giganti, fantasmi e streghe dai connotati orripilanti “rallegrano”, per così dire, non solo i negozi di giocattoli ma pure le botteghe dei fornai e i banchi dei salumieri, smorzando l’appetito. Poi ci sono le immancabili zucche intagliate a riprodurre lineamenti umani, uniche a vivacizzare con i loro colori le lugubri scenografie allestite per l’occasione. C’è un po’ di confusione intorno alle origini di questa festa che non nasce, come taluni pensano, nell’America del Nord, ma là fu importata dagli europei, retaggio delle tradizioni pre-cristiane dell’Europa celtica.

Il termine "Hallowen" deriva da Hallow E’en che è la forma contratta di All Hallows’ Eve, dove hallow è la parola arcaica inglese che significa "Santo". Per le antiche popolazioni che vivevano nelle isole britanniche, la sera del 31 ottobre, attuale vigilia di Ognissanti, terminava l’estate e incominciava l’inverno. I loro cicli temporali erano diversi da quelli odierni e quella sera festeggiavano il Capodanno (Samhain), tant’è che anche oggi, per rinnovare la tradizione, alcuni dei loro discendenti augurano "Buon Samhain!". La notte fra il 31 ottobre e l’1 novembre si credeva pure che le anime dei morti tornassero sulla terra insieme ai fantasmi. Il famoso “dolcetto o scherzetto” e i travestimenti simil-carnevaleschi non sono altro che un’estensione commerciale di tale credenza popolare, derivata, questa sì, dal Nordamerica.

A questo punto vediamo cosa c’entra la scienza e in particolare la chimica con una festa ricca di aspetti un tantino funerei. Non è difficile rintracciare in internet qualche collegamento, come ad esempio laddove si parla dei prodotti di decomposizione di cellule e tessuti, nonché delle loro caratteristiche. Alcune molecole organiche che si originano in tale processo hanno, manco a dirlo, nomi evocativi del tipo cadaverina e putrescina. Nel caso specifico si tratta di sostanze a carattere basico, precisamente diammine alifatiche (ossia a catena aperta), responsabili dei cattivi odori che si liberano durante la putrefazione.

Questo articolo vorrebbe ricordare che tra coloro che si occuparono per primi di questa chimica un po’ macabra ci fu il nostro connazionale Francesco Selmi (Vignola, 1817-1881). Di Selmi, chimico, tossicologo, patriota e letterato si è parlato anche in altra occasione. È citato spesso, anche dalla letteratura estera, come lo scopritore delle cosiddette "ptomaine", ossia degli alcaloidi di origine animale. Pubblicò parecchi lavori sull’argomento dopo essersi occupato in precedenza delle sostanze colloidali. La celebre memoria che diede l’avvio a una nutrita serie è intitolata: “Sulla esistenza di principii alcaloidi naturali nei visceri freschi e putrefatti, onde il perito chimico può essere condotto a conclusioni erronee, nelle ricerca di alcaloidi generici”. Venne letta nella riunione dell’Accademia delle Scienze di Bologna il 25 gennaio 1872 e si trova anche qui. Selmi ricorda che nel 1870 ebbe l’incarico di esaminare il liquido estratto dallo stomaco del cadavere di una persona che si sospettava morta per avvelenamento,

senza avere indizio per quale materia tossica, e senza quei contrassegni macroscopici che potessero condurre a formare congetture in proposito.

Egli analizzò il materiale alla ricerca degli alcaloidi ma pur avendo conferma della loro presenza non seppe attribuirla ad alcuno di quello conosciuti. Tutto ciò lo portò ad approfondire l’argomento, esaminando a tale scopo i reperti di altra persona deceduta per cause naturali. Anche in quel caso vide che le reazioni per la ricerca degli alcaloidi davano esito positivo. Continuò le ricerche insieme a Luigi Vella, Domenico Santagata e Luigi Calori, effettuando anche esami tossicologi su cavie per studiare l’effetto degli estratti. Moltiplicò gli esperimenti su stomaci forniti proprio da Calori, professore di anatomia all’Università. Andando per esclusione, Selmi si convinse che le tracce di alcaloidi presenti nei reperti derivassero dalla putrefazione.

Francesco Selmi nell'arte: due ritratti del chimico italiano dipinti da Luca Migliori, esposti alla mostra commemorativa "I volti di Selmi. Immagini di Francesco Selmi reinterpretate" tenutasi a Vignola a maggio 2018. Foto di  Fabiana Fraulini

Fu un risultato importante perché in tal modo riuscì a dimostrare che nei cadaveri si potevano trovare alcaloidi la cui provenienza non era legata all’avvelenamento doloso delle persone. In tal modo si poteva evitare di condannare innocenti sulla base di perizie che attribuissero il decesso alla somministrazione di veleni. Fu Selmi che diede ai suddetti composti il nome di “ptomaine”, ora in disuso. Naturalmente, come spesso succede, il suo lavoro non fu immune da critiche, anche ironiche. I suoi mezzi non gli permettevano di esibire risultati meglio documentati e di identificare specie chimiche presenti in miscele assai complesse, ma la validità delle sue intuizioni fu riconosciuta.

La raccolta "Amaro in bocca. Racconti ispirati alla vita di Francesco Selmi", edito da Damster, collana Comma21

L’interesse per le ptomaine si diffuse ovunque e si capì anche che in talune condizioni non era soltanto la putrefazione a originarle. A riprova dell’interesse, non solo storico, destato da queste molecole e dalla loro presunta tossicità, si ricorda che all’inizio degli anni 2000 ne ha parlato anche The Lancet (vol. 357, Marzo 31, 2001), citando proprio Selmi. Pochi mesi fa, nell’ambito delle celebrazioni vignolesi per il bicentenario della nascita, ha visto la luce una bella antologia di racconti ("Amaro in bocca", Damster, 2018) ispirati alla vita del chimico delle ptomaine. La copertina del volume, oltre all’immancabile teschio, riporta la formula della putrescina. Chissà se qualche studente curioso vorrà approfittare di Hallowen per avvicinarsi, attraverso il genere thriller e un po' noir, alla conoscenza della chimica tossicologica forense e del suo fondatore?


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