Crediti: Free-Photos/Pixabay. Licenza: Pixabay License
L’ansia indotta dalla necessità di vivere in una società sicura ha ormai pervaso la nostra società in ambiti diversi, che vanno dalla sicurezza informatica a quella fisica. Le tragiche vicende di Parigi, Bruxelles e Nizza hanno posto in evidenza come condizioni di normale vita quotidiana possano rapidamente evolvere in tragedie di vaste proporzioni. Questi esempi si caratterizzano per la presenza di atti terroristici dove la folla diventa un bersaglio. Altri tragici eventi, dal naufragio della nave Costa Concordia all’isola del Giglio o al tentativo di evacuazione della folla in Piazza San Carlo a Torino, si caratterizzano per incidenti improvvisi, non prevedibili, a seguito dei quali la dinamica è sfuggita al controllo degli addetti alle situazioni di crisi.
Non sempre queste dinamiche sono indotte da incidenti. Infatti, situazioni di pericolo possono nascere ogniqualvolta il livello di stress individuale subisce un’improvvisa impennata per eventi che, per cause non prevedibili, inducono panico. Questo rapidamente pervade l’intera folla generando comportamenti irrazionali, che creano concentrazioni locali di individui superiori ai livelli accettabili di sicurezza.
Tuttavia, la presa di coscienza del problema e dei rischi ai quali si può andare incontro non deve tradursi nella sola ansia, seguita poi dalla proposta di soluzioni semplicistiche, spesso indotte dalla ricerca di un facile consenso piuttosto che dal tentativo di fronteggiare reali situazioni di crisi. Infatti, problemi di rischio nella dinamica delle folle richiedono uno studio scientifico e quindi rigoroso della dinamica di molti soggetti interagenti, dove i comportamenti individuali conducono a dinamiche collettive non immediatamente prevedibili.
Il nostro intento è di analizzare come la ricerca scientifica possa contribuire a migliorare i livelli di sicurezza fisica nelle situazioni di possibile crisi nella dinamica delle folle, e quindi anche descrivere come i risultati delle ricerche in corso possano essere organizzati a beneficio della società. Vorremmo quindi rispondere ai seguenti quesiti: cosa si intende per folla e quali comportamenti razionali e irrazionali caratterizzano la sua dinamica in situazioni di crisi? Quale ruolo possono svolgere i modelli matematici e computazionali nei problemi di sicurezza e in quali direzioni si muove la ricerca scientifica? Come viene finanziata questo tipo di ricerca e quali figure professionali sono state formate?
Folla e comportamenti razionali e irrazionali
È importante prima di tutto capire le caratteristiche principali del comportamento della folla in condizioni di stress con l’obiettivo di indicare gli elementi di comportamento da inserire in un modello computazionale. Lo studio della dinamica delle folle richiede di distinguere fra evacuazione ordinata e razionale ed evacuazione in condizioni di stress (panico). Nel primo caso la folla si muove in modo ordinato, ha un determinato traguardo e lo raggiunge evitando zone di forte densità locale secondo traiettorie soggettivamente ottimali. Nel secondo caso i singoli soggetti della folla sono attratti a riprodurre le stesse traiettorie del moto dei soggetti circostanti creando, di conseguenza, pericolose zone di alta concentrazione. Queste, nelle situazioni a più alto rischio, possono localizzarsi anche lontano da pareti e ostacoli.
Le situazioni di maggior rischio si verificano a partire da zone di tensione localizzata generate da incidenti, ma alle volte anche dalla presenza anche di un solo soggetto con comportamenti apparentemente aggressivi. In queste circostanze, la folla si muove con elevate velocità che risentono fortemente dell’eterogenea capacità motoria dei singoli individui. Inoltre, il panico si propaga velocemente nella folla. In estrema sintesi, la dinamica di ogni individuo in una folla è indotta da un processo decisionale che determina le traiettorie e la velocità con la quale l’individuo si muove in una situazione di evacuazione sia ordinata che in condizioni di stress. Il processo decisionale corrisponde a una scelta, ponderata, fra le seguenti tendenze:
- direzione di uscita, individuata visivamente ed eventualmente a seguito di indicazioni vocali
- scelta di traiettorie sicure che evitino il contatto con pareti o ostacoli
- scelta di traiettorie ottimali che evitino zone a elevata densità locale
- attrazione a seguire il flusso principale di evacuazione
- aumento della velocità di movimento in condizioni di stress
Il quarto punto è in contrapposizione con i primi tre, nel senso che condizioni di stress elevato ampliano questa tendenza rispetto alle altre. L’attrazione a seguire il flusso principale di evacuazione induce a concentrarsi con altri nella stessa zona e rappresenta la causa principale di incidenti nella folla.
Il peso relativo nella scelta fra queste quattro tendenze dipende da vari fattori:
- la tendenza 1 (direzione di uscita) è individuata dai soggetti prossimi alle possibili vie di evacuazione ed è seguita dagli altri mediante dinamiche di apprendimento collettivo
- ltendenza 2 (traiettorie che evitino il contatto con ostacoli) dipende dalla geometria dell’area dove avviene il processo di evacuazione
- le tendenze 3 e 4 sono in conflitto fra loro e dipendono sia dalla qualità fisica dell’area dove il processo di evacuazione avviene sia dal livello di stress al crescere del quale la tendenza 4 prevale rispetto alla tendenza 3
- la tendenza 5 solo in apparenza migliora le condizioni di flusso. Infatti quando prevale la tendenza 4, indotta da elevate condizioni di stress, la folla tende ad aggregarsi rapidamente in zone di elevata concentrazione, dove possono aver luogo incidenti gravi
Ruolo dei modelli matematici
I modelli più recenti, e concettualmente avanzati, sono stati derivati nell’ambito del Progetto Europeo eVACUATE1 tenendo conto non solo dei rilevamenti sperimentali elaborati nel progetto, ma anche dell’analisi dei comportamenti psicologici della folla, anche questi supportati da dati sperimentali2,3. Una caratteristica importante del progetto è stato lo studio della dinamiche delle folle in ambienti complessi, in particolare l’interno di una nave, una stazione di metropolitana, dalla piattaforma di attesa del treno alle vie di uscite, lo stadio.
Ai modelli matematici e computazionali si chiede molto, in particolare di prevedere la densità numerica della folla, il numero di soggetti per metro quadrato, tenendo conto sia della geometria sia della qualità dei percorsi che possono variare molto nel tentativo di raggiungere le vie di fuga. Aspetto chiave della modellizzazione è la necessità di tener conto di come il livello di stress si propaghi nella folla e modifichi il comportamento degli individui, considerando che livelli elevati di stress agiscono contro la sicurezza fisica, in quanto favoriscono il crearsi di zone a elevata densità. Queste, a loro volta, possono indurre incidenti gravi, a volte mortali.
Senza entrare in dettagli è comunque possibile fornire alcune caratteristiche dei modelli matematici sviluppati nel progetto:
- lo stato di ogni individuo è definito non solo da posizione e velocità di movimento, ma anche da altre variabili quali il livello di stress
- lo stato complessivo della folla è descritto da una distribuzione di probabilità sugli stati microscopici. Da questa si passa alle variabili macroscopiche quali la densità numerica locale e la velocità media sempre locale
- una teoria dei giochi aleatori è stata sviluppata per descrivere come i soggetti interagiscano fra loro e tengano conto della geometria e della qualità dell’ambiente così come esso è percepito visivamente da ogni individuo
- la dinamica delle interazioni prevede prima uno scambio di informazioni fra i soggetti e, successivamente, l’elaborazione di una strategia di moto basata su una scelta eterogenea fra le varie tendenze sopra descritte
- il modello matematico è infine ottenuto mediante un’equazione di bilancio numerico nel volume elementare degli stati microscopici. Le simulazioni sono ottenute con metodi noti con la denominazione “Monte Carlo”, che tengono conto del carattere statistico della dinamica
La costruzione dei modelli e la loro trattazione computazionale ha richiesto l’elaborazione di metodi innovativi attualmente oggetto di studi teorici intesi a indagare le caratteristiche complessive del metodo matematico, ora noto come “Teoria cinetica delle particelle attive”.
Figura 1 Simulazione di evacuazione di folla da due uscite, a sinistra con propagazione di stress
I modelli matematici vanno validati secondo le procedure applicate ai sistemi di molti soggetti viventi, quindi complessi, interagenti. Si chiede quindi ai modelli di riprodurre risultati empirici a seguito di esperimenti e misure su situazioni reali osservate nel comportamento delle folle. Occorre distinguere fra due tipi di risultati empirici: quelli in condizioni di flusso stazionario, uniforme almeno in alcuni tratti, e i comportamenti collettivi emergenti osservati per condizioni ambientali particolari. Per quanto riguarda i primi risultati, si chiede ai modelli di riprodurre questi anche rispetto a misure quantitative. Per quanto riguarda i secondi, si chiede ai modelli di riprodurre i comportamenti emergenti per condizioni generali prossime a quelle realmente osservate.
Due tipi di sicurezza
Lo studio della dinamica delle folle, in situazioni di crisi, rende necessaria una definizione precisa del termine “sicurezza”, che va distinto in riferimento agli obiettivi cui tale termine può riferirsi. Questa distinzione non pare necessaria nell’uso della lingua inglese, dove sono presenti due termini distinti. In particolare, occorre distinguere fra:
- sicurezza-protezione (security) intesa come protezione da possibili incursioni esterne, ad esempio presenze terroristiche, comunque da soggetti ritenuti portatori di rischio
- sicurezza fisica (safety) intesa come supporto a evitare il danno fisico ai cittadini, ad esempio in condizioni di evacuazione forzata indotta da incidenti
A queste due interpretazioni del termine sicurezza corrispondono azioni diverse necessariamente correlate. Inoltre, a queste due interpretazioni corrispondono competenze e responsabilità diverse non facilmente integrabili. La comunità delle nazioni europee pare attenta a questo complesso lavoro di integrazione, come vedremo nella sezione successiva, in quanto le dinamiche relative alla sicurezza-protezione hanno forti implicazioni nella sicurezza fisica. Si tratta quindi di sviluppare ricerche sui problemi di criminalità e terrorismo.
Studi recenti4 indicano come livelli elevati di professionalità e addestramento, indubbiamente costosi, degli apparati di sicurezza, possano avere un ruolo fondamentale in un supporto efficace nelle situazioni di crisi. Pertanto la necessità di sicurezza non deve solo essere rivolta ad aumentare il numero di addetti agli apparati, ma soprattutto a elevare il loro livello di professionalità.
I risultati della ricerca, condotta durante il progetto e successivamente, sono stati superiori alle aspettative. Infatti, il simulatore si è dimostrato in grado di tener conto sia dei livelli di stress della folla, sia della complessità dei percorsi da seguire nel processo di evacuazione. Risultati più recenti, successivi alla conclusione del progetto, hanno consentito anche la simulazione della propagazione dello stress nella folla a partire da zone di concentrazione iniziale con elevata tensione individuale.
Una visione generale sull’utilizzo di questi risultati è immediata. Infatti, le simulazioni consentono di organizzare le vie di fuga ottimali e le azioni intese a produrre una dinamica di evacuazione in condizioni di livelli ottimali di sicurezza. Tutto ciò anche a vantaggio di una crescita del livello professionale degli addetti alla sicurezza fisica. Attualmente, le ricerche in corso sono finalizzate a un ulteriore sviluppo dei modelli computazionali per tener conto della presenza di gruppi antagonisti, e alla progettazione di una piattaforma con intelligenza artificiale che, ponendo in relazione situazioni reali e risultati di simulazione, conduca rapidamente a ottimizzare le possibili azioni di supporto alle situazioni di crisi.
Finanziamenti e nuove professionalità
La ricerca scientifica va finanziata non solo in quanto è un investimento a sostegno dell’innovazione tecnologica, ma anche perché può contribuire a una vita più serena dei cittadini. Investire oggi vuol dire non dover far fronte a spese ingenti domani quando, come è prevedibile, l’esigenza diventi necessità. Non affrontiamo qui il problema, che pure esiste, del finanziamento della ricerca in generale. Piuttosto osserviamo che interessanti fonti di ricerca sono offerte dall’Unione Europea nell’ambito del finanziamento al sistema delle imprese, se possibile in collaborazione con centri di ricerca anche a livello accademico. L’idea base che guida questi finanziamenti è quella di individuare nuove prospettive di ricerca che abbiano future ricadute sulla società, consentendo a Paesi consapevoli di queste emergenze di acquisire competenze che a medio termine potranno rivelarsi preziose. Non sempre il sistema delle imprese - almeno quelle medio piccole - è in grado di investire su progetti di ricerca sul tema della sicurezza. Pertanto è utile fornire un quadro conoscitivo relativo ai finanziamenti in questo settore resi disponibili dalla Comunità europea.
Le fonti di finanziamento per la ricerca accademica e i metodi di allocazione dei fondi si sono evoluti negli ultimi decenni. La ricerca accademica è ancora in larga parte finanziata da fonti pubbliche, ma fa sempre più affidamento a finanziamenti privati. Spesso i fondi per la ricerca all’interno delle università pubbliche vengono allocati in maniera competitiva e direttamente ai ricercatori, aumentando l’importanza dell’eccellenza scientifica e delle misure quantitative dei risultati della ricerca.
I dati OCSE evidenziano che negli ultimi anni la quota media di spesa in Ricerca e Sviluppo rispetto al PIL in Italia (1,28% nel 2016) è inferiore alla media europea (1,93% nel 2016) e a quella dei principali Paesi industrializzati (2,3% nel 2016)5.
Per questo motivo l’università italiana fa sempre più affidamento a fonti di finanziamento da parte di soggetti esterni e, in particolare, per portare avanti le attività di ricerca, ai programmi quadro per la ricerca Horizon 2020 è infatti il più grande Programma Quadro di finanziamento in Europa per la ricerca e lo sviluppo che, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 80 miliardi di euro, a partire dal 2014 ha già approvato quasi 20 mila progetti, per un valore complessivo di oltre 30 miliardi di euro.
All’interno del programma una linea di finanziamento è rivolta a progetti in grado di contribuire alla sicurezza de cittadini: “Secure societies”, con un budget di 1,7 miliardi di euro tra il 2014 e il 2020 finanzia attività di Ricerca e Innovazione finalizzate a proteggere cittadini, società, economia, infrastrutture e servizi, garantire prosperità, stabilità politica e benessere, con un focus esclusivo sulle applicazioni civili6.
La partecipazione ai programmi di finanziamento è tuttavia diventata altamente competitiva, come dimostrano i tassi di successo dei progetti, che nel programma Horizon 2020 risultano essere dell’11,6% (contro il 18,4% del precedente Programma Quadro di Ricerca e sviluppo)7. L’aumento della competitività internazionale e la diminuzione di fonti governative a supporto delle università aiutano a comprendere come oggi più che in passato la qualità del lavoro accademico sia strettamente legata alle capacità degli uffici di supporto di comprendere e soddisfare i bisogni dei ricercatori. Gli uffici di supporto alla ricerca, nati nelle università italiane a partire dal 2000, si avvalgono di personale specializzato e altamente qualificato, in grado di offrire un supporto mirato al ricercatore valorizzando le attività che aumentano le probabilità di successo.
Si assiste quindi all’emergere di una nuova figura professionale, quella dei Research Manager and Administrator (RMA), già riconosciuta negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, le cui competenze sono indispensabili per assicurare l’attrazione, la gestione, la promozione e lo sfruttamento dei finanziamenti alla ricerca.
Dall’esperienza personale degli autori di questo capitolo è emerso che, a livello europeo, esiste una rete di imprese attive su tematiche di Ricerca e Innovazione tecnologica. La partecipazione, per queste aziende e per le università, significa anche una sorgente di finanziamento. Le piccole e medie imprese ne traggono un rilevante vantaggio, che consente loro di lavorare per il futuro senza esporre investimenti che sarebbero altrimenti proibitivi. Le università possono invece alimentare ricerche parallele. Questa partecipazione permette infatti il training di giovani ricercatori in ambiti di lavoro molto ricettivi, dove possono soddisfare le loro ambizioni a svolgere ricerca a livelli altamente competitivi.
Purtroppo però il livello di attenzione del sistema universitario in Italia è molto inferiore a quello di altre nazioni europee, dove la partecipazione di ricercatori è incentivata e riconosciuta. Di conseguenza, molti ricercatori, dopo aver operato nei progetti europei, hanno lasciato il Paese essendo reclutati in ambito internazionale.
Contrariamente a quanto il senso comune a volte suppone, la matematica non è rimasta solo su livelli astratti, ma ha fornito strumenti concettuali utili, superando le barriere delle frammentazioni accademiche. Inoltre, un nuovo fenomeno sta prendendo consistenza. Cresce, infatti, la mobilità di ricercatori affermati e con posto fisso. Questi lasciano l’Italia a favore di sedi dove incontrano certezza di finanziamenti, di meritocrazia, di retribuzioni più elevate, e forse anche di minore presenza di dinamiche di cooptazione interne ai centri di ricerca che in molti casi sostituiscono la selezione meritocratica. Tutto ciò sarebbe accettabile in presenza di un flusso analogo verso l’Italia. Tuttavia le statistiche parlano chiaro: questo flusso è trascurabile.
L’espressione “fuga di cervelli” appare quindi una semplificazione. Meglio sarebbe parlare di fuga di competenze e risorse culturali, oltre che economiche. Per invertire la tendenza è necessario superare molti ostacoli e occorre cambiare mentalità. In particolare, il sistema delle imprese dovrebbe ampliare l’iniziativa imprenditoriale a sostegno dell’innovazione, che è motore di competizione a livello internazionale e quindi di sviluppo socioeconomico del Paese. L’accademia, a sua volta, dovrebbe sviluppare la capacità di rinnovarsi e introdurre processi meritocratici, basati anche sul riconoscimento della capacità di individuare tematiche di frontiera che aprano il dialogo fra scienze di base e problemi della società.
Conclusioni
Investire sulla ricerca rivolta a problemi di sicurezza è una necessità per i cittadini in quanto la ricerca scientifica conduce a strumenti operativi piuttosto che a semplificazioni di un problema grave. Importante rendere sistematico il dialogo fra ricerca di base e sistema delle imprese. In tal senso, la Comunità europea dovrebbe favorire il dialogo e non limitare i finanziamenti alla ricerca di base ai soli ERC individuali.
Il sistema delle imprese dovrebbe seguire la tendenza generale che vede nel problema della sicurezza un futuro settore di sviluppo. L’accademia dovrebbe acquisire la consapevolezza che la ricerca applicata alle volte genera problemi concettuali di grande complessità.
Il dialogo fra scienze hard (ad esempio matematica, fisica, chimica, computer science) e alcune scienze soft (ad esempio biologia, sociologia, comportamenti umani) identifica un ambito della ricerca che nei prossimi anni impegnerà un numero crescente di ricercatori. Da questo dialogo la comunità scientifica si attende una graduale transizione, anche nelle scienze soft, dall’uso di metodi euristici allo sviluppo e applicazione sistematica di metodi rigorosi.