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Corvidi, il controllo volontario della vocalizzazione

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Una cornacchia nera (Corvus corone) mentre emette una vocalizzazione. Crediti: Tobias Macht

Tempo di lettura: 4 mins

Quelle degli uccelli canori, volatili dell'ordine dei passeriformi, sono vocalizzazioni straordinariamente elaborate. A volte ricordano, al nostro orecchio, vere e proprie canzoni; in altri, la musicalità è più scarsa: il gracchiare dei corvidi, ad esempio, è difficile da definire delicato e armonico. Tuttavia, ha ruolo fondamentale di comunicazione nel gruppo e tra gli individui: grazie a esso, i corvidi si parlano per difendere il territorio, per riprodursi, ma anche per rafforzare la coesione sociale, riconoscersi e coordinare la difesa contro i predatori. Proprio a ragione delle molte informazioni che può comunicare, la vocalizzazione dei corvidi, così come quella degli altri uccelli canori, mostra un alto livello di flessibilità, per la quale però non è chiaro se il controllo sia volontario o guidato da meccanismi involontari.

Ora, uno studio appena pubblicato su PLOS Biology e firmato da un gruppo di ricercatori dell'Università di Tübingen, in Germania, suggerisce che i corvidi possano deliberatamente controllare le proprie vocalizzazioni, supportando l'ipotesi di un controllo volontario non diverso da quello esercitato da noi primati. Questo risultato, che si aggiunge ai molti studi sui sofisticati meccanismi cognitivi dei corvidi, può anche aiutare a comprendere l'evoluzione del controllo vocale in alcuni animali.

Decidere quando "parlare"

A leggere il libro del biologo Bernd Heinrich “La mente del corvo”, che tratta molti aspetti etologici di questa famiglia, si ha l'impressione che l'autore arrivi a dialogare con loro. Ne riconosce apparentemente senza sforzo il gracchiare rabbioso, quello di minaccia, di richiamo; si accorge di come tali vocalizzazioni possano cambiare tra gli individui o i gruppi, di come alcuni corvi si ammutoliscano in presenza di altri. È una chiara descrizione della ricchezza e della complessità delle vocalizzazioni tra i corvidi, che mostrano una certa flessibilità nel contesto sociale in cui vengono emesse, o nel momento in cui l'animale inizia a impiegarle, o ancora nella loro struttura. Sebbene la base delle vocalizzazioni degli uccelli canori siano state ampiamente indagate sia dal punto di vista comportamentale che da quello neurale, non è ancora chiaro se questo complesso sistema comunicativo sia sotto il controllo volontario oppure rappresenti una risposta riflessa, guidata da un meccanismo involontario.

Per dimostrare la prima possibilità, scrivono gli autori del nuovo articolo, è necessario soddisfare tre criteri. Primo, la vocalizzazione dev'essere emessa in risposta a uno stimolo neutro (che quindi non sia associato, ad esempio, alla presenza di cibo o di un predatore); secondo, dev'essere correlata, dal punto di vista temporale, allo stimolo stesso e, terzo, dev'essere trattenuta in assenza dello stimolo o in presenza di uno stimolo diverso. I ricercatori hanno quindi addestrato tre cornacchie nere (Corvus corone) a emettere una vocalizzazione nell'arco di pochissimi secondi da quando veniva loro presentato uno stimolo visivo, rappresentato da alcuni quadrati colorati, e a trattenerla in presenza di uno stimolo diverso. Inoltre, due di queste tre cornacchie sono state ulteriormente addestrate con un codice colore invertito come stimolo per la vocalizzazione.

Una possibile convergenza evolutiva

Le cornacchie hanno imparato perfettamente il compito. I risultati raccolti dai ricercatori mostrano che le vocalizzazioni erano emesse correttamente, e nel giusto arco di tempo. Inoltre, le cornacchie hanno imparato rapidamente a trattenere le vocalizzazioni di fronte allo stimolo negativo, dimostrando che non le emettevano in anticipazione di una ricompensa. In sostanza, le tre condizioni indicate per dimostrare la volontà nella vocalizzazione dei corvidi erano rispettate. In aggiunta a ciò, l'esperimento condotto dai ricercatori dimostra che le cornacchie erano in grado d'imparare rapidamente a emettere le vocalizzazioni in risposta a uno stimolo diverso da quello appreso precedentemente, a conferma dell'alto livello di flessibilità nel controllo vocale di questi animali.

Le abilità cognitive dei corvidi sono state indagate in numero studi, che hanno suggerito, ad esempio, che questi animali siano in grado di compiere pianificazioni per il futuro, prevedere lo stato mentale altrui e riconoscere le quantità più abbondanti di cibo. La nuova ricerca ne suggerisce la capacità di controllare le vocalizzazioni in modo volontario: si tratta di un risultato interessante dal punto di vista evolutivo perché, scrivono gli autori, gli uccelli hanno evoluto un telencefalo con più nuclei organizzativi, a differenza dei primati, nei quali è la corteccia cerebrale, stratificata, a rappresentare la struttura di controllo superiore. Il controllo volontario della vocalizzazione potrebbe quindi essersi evoluto in modo indipendente almeno due volte, rappresentando un caso di evoluzione convergente. I ricercatori vogliono ora indagare le basi neurobiologiche di tale controllo. «Il nostro lavoro dimostra che è possibile insegnare ai corvidi a controllare la vocalizzazione, come fanno i primati», spiegano in un comunicato. «Questo risultato non è solo un'ulteriore conferma di quanto sia sofisticato il sistema cognitivo dei corvidi, ma ci permette anche di comprendere meglio l'evoluzione del controllo vocale».

 


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