Come ricordano nel loro libro “Leonardo scienziato” (Hoepli, 2019) le due giornaliste scientifiche Enrica Battifoglia ed Elisa Buson, il primo modello di un uomo iscritto in un cerchio e in un quadrato lo compose Giacomo Andrea da Ferrara, grande amico di Leonardo, decapitato il 12 maggio 1500 per le sue attività anti francesi, che un anno prima si erano impadroniti del Ducato di Milano facendo scappare Ludovico il Moro e tutta la corte degli Sforza, Leonardo compreso. Certo il disegno di Giacomo non è paragonabile a quello di Leonardo da Vinci, l’uomo è abbozzato e ha un po’ la postura di un Cristo in croce. Ci pensò Leonardo a trasformarlo nell’emblema dell’antropocentrismo rinascimentale. Crediti: Giacomo Andrea Da Ferrara, Biblioteca Ariostea, Ferrara (Cart. Sec. XVI, Fol. Figurato, Classe II, N. 176, Fol 78V).
L’Uomo vitruviano, conservato alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, è un disegno a matita e inchiostro su carta tracciato nel 1490 che raffigura le proporzioni ideali del corpo umano, armoniosamente inscritto nelle due figure perfette del cerchio, che simboleggia il cielo, e del quadrato, che rappresenta la Terra. Un ponte tra umano e divino, dunque, il simbolo dell’ideale rinascimentale che vede nell’uomo la misura di tutte le cose e il centro del Creato. A ispirarlo furono le teorie proporzionali postulate dall’architetto romano Vitruvio, che nel terzo libro della sua opera De architectura (scritta tra il 29 e il 23 a.C.) indicava come inscrivere la figura umana nel cerchio e nel quadrato. Pensava infatti che le dimensioni del corpo umano potessero diventare l’unità di misura con cui progettare gli edifici sacri in modo che i loro elementi architettonici mostrassero una proporzione divina.
Dopo secoli di oblìo, il trattato venne riscoperto agli inizi del Quattrocento e la prima edizione a stampa venne realizzata a Roma dall’umanista Sulpizio da Veroli tra il 1487 e il 1492. I primi a comprenderne l’importanza furono due architetti e ingegneri senesi: Mariano di Jacopo, detto il Taccola, e Francesco di Giorgio Martini, autore di una traduzione frammentaria probabilmente studiata da Leonardo. Le edizioni rinascimentali che finirono nelle loro mani, però, erano probabilmente incomplete, perché non presentavano tutti i disegni originali realizzati da Vitruvio: questa lacuna fu proprio la scintilla che accese la fantasia di molti illustratori, i quali provarono a dare la loro interpretazione grafica dei ragionamenti dell’architetto dell’antica Roma. Taccola, Francesco di Giorgio e Leonardo non fecero eccezione e parteciparono a questa sorta di sfida collettiva, che ai tempi dei social sarebbe stata sicuramente una challenge battezzata con l’hashtag #Uomovitruviano.
Al posto dei tweet, dibattiti e faccia a faccia tra architetti e artisti che si incrociavano nelle principali corti italiane facendo circolare libri e appunti per poi confrontarsi sui risultati ottenuti. Il Taccola, dal canto suo, produsse un disegno decisamente sgraziato: il suo Uomo vitruviano, inscritto nel cerchio ma non nel quadrato, aveva le braccia basse distese lungo il corpo e uno sguardo anonimo che lo rendeva espressivo quanto il compasso e la squadra raffigurati sopra la sua testa calva. Quello di Francesco di Giorgio, invece, aveva già un tocco più artistico: disegnato al centro di un cerchio parzialmente inscritto nel quadrato, aveva il corpo leggermente piegato e lo sguardo puntato verso il basso, sotto una folta capigliatura boccoluta. Tutt’altra storia per l’Uomo vitruviano di Leonardo, che con il suo sguardo rude e fiero ha conquistato intere generazioni di artisti. Disegnato con il consueto iperrealismo mutuato dagli studi anatomici, è riuscito a vincere la doppia sfida geometrica. Per cominciare, è perfettamente inscritto nel quadrato, centrato all’altezza del suo pube. Poi è inscritto anche nel cerchio, centrato nel suo ombelico, grazie a un semplice escamotage: braccia alzate sopra la testa e gambe aperte quanto basta per ridurre l’altezza di un quattordicesimo.
Un’idea rivoluzionaria? Non proprio, se si considera che la stessa soluzione era stata adottata anche da un amico di Leonardo alla corte milanese, tale Giacomo Andrea da Ferrara: il suo Uomo vitruviano, dalla figura modesta ed essenziale, è stato riscoperto nel 2010 nella Biblioteca Ariostea di Ferrara dall’architetto Claudio Sgarbi, che lo ha indicato come una possibile fonte di ispirazione per Leonardo. Rappresentazioni simili comparvero anche negli anni successivi: accadde per esempio nella prima edizione illustrata del De architectura realizzata nel 1511 da Giovanni Giocondo da Verona, che quasi vent’anni prima aveva incontrato Francesco di Giorgio reduce a sua volta da una discussione con Leonardo avvenuta a Pavia nel 1490; e accade ancora nell’edizione pubblicata nel 1521 da Cesare Cesariano, artista e architetto allievo del Bramante, che nel suo De architectura alzò le braccia all’Uomo vitruviano, disegnandolo però con piedi lunghi e deformi e una testa troppo piccola rispetto al tronco.
[Tratto da: Enrica Battifoglia, Elisa Buson. Leonardo scienziato. Hoepli, 2019]