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Le sorprese di Hygiea

Un team di astronomi coordinati da Pierre Vernazza ha utilizzato lo strumento SPHERE del Very Large Telescope per studiare l'elusivo asteroide 10 Hygiea. L’incredibile prestazione di SPHERE e l’affidabilità degli algoritmi utilizzati per ricostruire il modello 3D dell’asteroide hanno permesso di scoprire innanzitutto il corretto periodo di rotazione di Hygiea; inoltre, l'asteroide si è rivelato di forma estremamente regolare. E questa importante caratteristica potrebbe aprorgli la strada alla classificazione come pianeta nano: se la IAU decidesse in tal senso, sarebbe il più piccolo pianeta nano del Sistema Solare. Claudio Elidoro ne parla con Paolo Tanga, coautore dello studio pubblicato in questi giorni su Nature Astronomy e planetologo presso l'Observatoire de la Côte d'Azur di Nizza.
In copertina: L’immagine raccolta dallo strumento SPHERE del VLT mostra in modo evidente la forma sferica dell'asteroide Hygiea. Potrebbe essere il requisito chiave perché si possa giungere a riclassificare l’asteroide come pianeta nano. Crediti: ESO/P. Vernazza et al./MISTRAL algorithm (ONERA/CNRS)

Tempo di lettura: 9 mins

Utilizzando lo strumento SPHERE in dotazione al Very Large Telescope dell'ESO, un team di astronomi coordinati da Pierre Vernazza (Laboratoire d'Astrophysique di Marsiglia) ha potuto osservare per la prima volta l’asteroide 10 Hygiea con una risoluzione sufficientemente elevata da studiarne la superficie e determinarne la forma e le dimensioni.

L’incredibile prestazione dello strumento e l’affidabilità degli algoritmi utilizzati per ricostruire il modello 3D dell’asteroide hanno permesso di scoprire che la sfericità del corpo celeste è paragonabile a quella del pianeta nano Cerere. Hygiea, dunque, potrebbe avere tutti i requisiti richiesti per essere classificato come pianeta nano; in tal caso, sarebbe il più piccolo pianeta nano del Sistema solare. Lo studio è stato pubblicato in questi giorni su Nature Astronomy.

Ne parliamo con Paolo Tanga, coautore dello studio e planetologo presso l'Observatoire de la Côte d'Azur di Nizza.

Un asteroide di tutto rispetto

Per dimensioni, Igea – denominazione ufficiale: 10 Hygiea – si colloca al quarto posto tra i corpi che orbitano nella Fascia principale degli asteroidi e se uniamo la sua massa con quelle di Cerere (Ceres), Pallade (2 Pallas) e di Vesta (4 Vesta) otteniamo circa la metà dell’intera massa della popolazione degli asteroidi.

A dispetto delle sue caratteristiche fisiche, però, il numero che contraddistingue questo asteroide indica che fu solo il decimo a essere scoperto. A scovare i suoi movimenti nei cieli di Napoli fu l’astronomo di origini abruzzesi Annibale de Gasparis, che ne annunciò la scoperta il 12 aprile 1849. Con una scelta dettata da una buona dose di opportunismo, l’allora direttore dell’Osservatorio di Capodimonte, Ernesto Capocci, decise di dedicare il pianetino ai Borbone che allora reggevano il Regno delle Due Sicilie chiamandolo Igea Borbonica. Ben presto, però, l’aggettivo cadde in disuso.

Le difficoltà nell’osservare Hygiea sono in parte legate alla composizione della sua superficie, in grado di riflettere solamente il 6-7% della luce solare che la colpisce. Un asteroide particolarmente scuro, dunque. Una particolarità che ha fatto sì che per moltissimo tempo le sue dimensioni venissero abbondantemente sottostimate. Fino alla metà del secolo scorso, infatti, si è sempre ritenuto che Hygiea avesse un diametro di circa 180 chilometri e solamente a partire dagli Anni Settanta – grazie a osservazioni nell’infrarosso termico – si è potuto appurare che in realtà il suo diametro si aggira intorno ai 400 chilometri.

Un’importante caratteristica di questo asteroide è legata alla felice intuizione che ebbe nel 1917 l’astronomo giapponese Kiyotsugu Hirayama riguardo all’esistenza tra gli asteroidi di vere e proprie famiglie dinamiche, gruppi di asteroidi generati a seguito di un violento impatto cosmico e poi dispersi. Gli studi effettuati sulle famiglie di asteroidi a partire dalla fine degli Anni Settanta – con il fondamentale contributo di un nutrito gruppo di astronomi italiani – hanno permesso di identificare l’esistenza di una famiglia che ha proprio in Hygiea il corpo progenitore.

La famiglia, inoltre, sarebbe particolarmente numerosa. Un’analisi condotta da Vincenzo Zappalà e collaboratori (pubblicata nel 1995 su Icarus) ha infatti permesso di identificare almeno 103 membri. Tenendo conto del numero di asteroidi noti in quegli anni (ancora nel 2005 se ne conoscevano meno di 100 mila), si poteva ipotizzare una famiglia composta da circa l’1% degli asteroidi della Fascia Principale.

Le esigue dimensioni angolari hanno reso complicato provare a ricostruirne la forma (impensabile la possibilità di ricavare qualche dettaglio, seppur minimo, della sua superficie), anche se qualche indicazione molto approssimativa era venuta dalla sua variazione luminosa. A poco è servito ricorrere al telescopio spaziale Hubble: le osservazioni condotte nel 1999, infatti, hanno permesso solamente di escludere la presenza di satelliti dal diametro superiore ai 16 km.

In questi giorni, finalmente, è stato possibile saperne molto di più di questo elusivo asteroide che orbita mediamente a 470 milioni di chilometri dal Sole. A togliere le castagne dal fuoco ci ha pensato lo strumento SPHERE installato sul telescopio Melipal – la Croce del Sud in lingua Mapuche – del Very Large Telescope.

Novità da Hygiea

La grande capacità di evidenziare i minimi dettagli nelle eccezionali immagini che il VLT può catturare, fa di SPHERE (Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet REsearch instrument) lo strumento principe per provare ad acquisire direttamente le immagini di pianeti extrasolari. Questo non toglie che possa essere impiegato con grandi risultati anche a corpi celesti che, pur essendo di gran lunga più vicini a noi, sono altrettanto elusivi. Negli ultimi anni lo strumento si è dimostrato perfettamente in grado di regalarci dettagliate immagini di alcuni asteroidi, ma con il lavoro svolto su Hygiea si è andati ben oltre le aspettative.

Grazie a SPHERE possiamo osservare in modo sorprendentemente dettagliato l’aspetto superficiale di alcuni asteroidi. Nell’immagine, diffusa nel dicembre 2017, vediamo: Amphitrite (diametro medio circa 190 km), Bamberga (230 km), Pallas (500 km) e Julia (150 km). Crediti: ESO/Vernazza et al.

Considerato che Hygiea non era mai stato osservato con risoluzione sufficientemente elevata da mostrare dettagli della sua superficie, un nutrito team di astronomi coordinati da Pierre Vernazza (Laboratoire d'Astrophysique di Marsiglia) ha pianificato tra il 2017 e il 2018 una dozzina di sedute osservative con l’impiego di SPHERE. I risultati sono stati pubblicati in questi giorni su Nature Astronomy (a questo link il preprint dello studio).

L’analisi delle immagini di SPHERE e l’impiego di simulazioni per la corretta interpretazione hanno permesso anzitutto di chiarire il problematico moto di Hygiea intorno al proprio asse. Dallo studio emerge un periodo di rotazione di circa 13 ore e 48 minuti, dunque la metà del valore correntemente accettato come valido. Questo non significa che il dato precedente fosse frutto di una cattiva misura, ma semplicemente che l’osservazione delle variazioni luminose di un oggetto così “regolare” quale si è mostrato Hygiea non permetteva di rimuovere ogni ambiguità.

Un’inattesa scoperta riguarda proprio la forma estremamente “regolare” dell’asteroide. La ricostruzione 3D di Hygiea mostra infatti un asteroide caratterizzato da elevatissima sfericità, paragonabile a quella del pianeta nano Cerere. Con tale importante caratteristica, però, anche per Hygiea si potrebbero aprire le porte alla classificazione come pianeta nano. Da quando, a conclusione dell’Assemblea generale tenutasi nell’agosto 2006 a Praga, l’International Astronomical Union decise di rivedere la definizione di pianeta introducendo la categoria dei pianeti nani, non solo venne cambiato lo status di Plutone, ma anche quello di Cerere e di tre corpi transnettuniani (Eris, Haumea e Makemake).

Secondo quanto deliberato nel 2006, le caratteristiche richieste per aspirare allo status di pianeta nano sono: essere in orbita attorno al Sole, non essere un satellite, non aver “ripulito” da altri corpi celesti la regione in prossimità della propria orbita e possedere una massa sufficiente perché la gravità, vincendo la resistenza meccanica dei materiali che lo compongono, abbia fatto assumere all’oggetto una forma pressoché sferica. Poiché i primi tre requisiti non sono un problema per Hygiea – come per buona parte degli asteroidi – la scoperta che possiede una forma sferica potrebbe permettere all’asteroide di “passare di grado” e ottenere una riclassificazione come pianeta nano. La parola definitiva sulla conferma del nuovo status spetterà comunque alla IAU.

Ancora più inattesa è stata la scoperta che la superficie di Hygiea non mostra alcuna traccia del grosso impatto che oltre 2 miliardi di anni fa ha dato origine alla sua numerosa famiglia di asteroidi. Se noi mettessimo assieme gli asteroidi della famiglia, otterremmo un oggetto con dimensioni pari a un quarto di quelle di Hygiea: davvero insolito che un evento in grado di disperdere una così importante quantità di materiale non abbia lasciato traccia. Accurate simulazioni degli astronomi hanno mostrato che all’origine di questa inattesa caratteristica vi è proprio la profonda frammentazione di Hygiea in occasione dell’impatto.

Sulla superficie dell’asteroide gli astronomi del team di Vernazza hanno individuato un paio di strutture crateriche con diametro di 180 e 97 chilometri. Poiché l’iconografia classica raffigura la dea Hygiea mentre beve da una coppa tenendo in mano un serpente, le due strutture sono state provvisoriamente battezzate Serpens (la più grande) e Calix (la più piccola). Crediti: P. Vernazza et al.

Osservazioni e simulazioni

Per approfondire alcuni aspetti della scoperta, abbiamo posto alcune domande a Paolo Tanga, planetologo presso l'Observatoire de la Côte d'Azur di Nizza, esperto dei corpi minori del Sistema solare e coautore dello studio riguardante Hygiea appena pubblicato su Nature Astronomy.

Dottor Tanga, come mai questa scelta di utilizzare SPHERE per lo studio di un asteroide come Hygiea? C'era già il sospetto che tale studio potesse riservare importanti e gradite sorprese?

Sostanzialmente, SPHERE è uno strumento particolare che permette di spingere al massimo limite di dettaglio le immagini prodotte dal VLT. È quindi del tutto logico applicarlo allo studio di oggetti che fino ad ora erano “fuori portata”. Lo studio di Hygiea fa parte di un programma di lunga durata al VLT, che a partire dall'anno scorso ha già prodotto pubblicazioni su alcuni asteroidi (Vesta, Julia, Iris, Psyche, Daphne e altri). Si tratta di oggetti tutti di qualche centinaio di chilometri, perché sono quelli più promettenti dal punto di vista del dettaglio ottenibile sulle grandi strutture di superficie.

Hygiea è associato a una tra le famiglie di asteroidi più numerose. Considerato che la nascita di questa famiglia è riconducibile a un grande impatto, è logico attendersi che la superficie di Hygiea porti le tracce evidenti di un evento così devastante. Cosa ci ha rivelato SPHERE a tal proposito?

Pur avendo coperto con le osservazioni quasi tutta la superficie di Hygiea, non abbiamo trovato un grosso cratere da impatto, che sarebbe stato naturale associare all'evento violento che ha creato i frammenti, ovvero gli asteroidi membri della sua famiglia collisionale. Per maggiore precisione, dobbiamo considerare che Hygiea ha un volume equivalente a quello di una sfera del diametro di 434 km. Se mettessimo insieme in un unico asteroide tutta la massa contenuta nei membri della famiglia di Hygiea, avremmo una sfera di circa 100 km. Un impatto in grado di estrarre un tale volume (quasi un quarto della dimensione di Hygiea stessa!) dovrebbe aver lasciato un segno ben visibile, una zona “scavata” molto imponente. E invece, nulla....

Qual è il ruolo delle simulazioni che avete condotto per ricostruire l’aspetto 3D di Hygiea? In che modo avete indagato sul suo violento passato?

Per l'interpretazione delle osservazioni abbiamo usato una simulazione di impatto, in pratica un modello che calcola – al meglio di quanto si può fare oggi – tutti i meccanismi fisici che intervengono durante un impatto capace di frammentare un asteroide. Si calcolano quindi la propagazione dell'onda d'urto all'interno dell'oggetto, le fratture, la quantità di frammenti prodotti, la loro velocità di eiezione, la gravità che tende a ricomporli successivamente... Proprio la gravità che “ricostruisce” Hygiea dopo l'impatto, permettendo di ricomporre la maggioranza dei frammenti in un unico oggetto (tranne quelli che se vanno via, a costituire la famiglia), sembra “vincere” rispetto alle forze meccaniche e produrre una forma sostanzialmente sferica.

Detto in altro modo: se tiro un sasso in uno stagno, il cratere che formo è ovviamente di brevissima durata; il carattere fluido dell'acqua, la riporta rapidamente alla superficie piatta che la gravità terrestre le impone. Non è la stessa cosa se tiro un sasso sulla sabbia: una traccia rimane, perché le particelle di sabbia non sono in grado di scorrere in modo efficacie e riempire il “cratere” che si è creato. Morale: Hygiea, dopo l'impatto, si è comportato come un oggetto fluido, grazie al fatto di essere stato profondamente frammentato. Ciò ha reso molto più difficile, e forse impossibile, il ritrovamento della traccia dell'impatto.

Cosa possiamo aggiungere a proposito della possibilità che si giunga alla riclassificazione di Hygiea come pianeta nano? Quali potrebbero essere i tempi perché la IAU prenda una decisione in tal senso?

È doveroso sottolineare che, mentre la situazione è chiara dal punto di vista della sfericità, la definizione IAU richiede che per effetto della propria massa (quindi, della propria gravità) l’oggetto sia “costretto” ad assumere tale forma “vincendo” ogni resistenza meccanica del materiale. Non prende quindi in considerazione la possibilità che sia necessario un impatto perché la forma possa diventare sferica, modificando profondamente l’asteroide. Quindi, l’idea che Hygiea possa essere un pianeta nano è probabilmente un’utile “provocazione”, ma non è affatto detto che ciò porti effettivamente a un cambiamento ufficiale della sua classificazione. Per i tempi, direi tra qualche settimana e pochi mesi.

 


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