Solo il 9 per cento delle madri non ha dubbi sull'utilità e sicurezza dei vaccini, molte le incerte e una su cinque con forti pregiudizi. I numeri cambiano a favore delle vaccinazioni quando le informazioni passano da medici di famiglia e altri operatori sanitari. E soprattutto se medici e infermieri sono loro stessi vaccinati. Le statistiche da due studi italiani. Immagine: Demetrio Cosola, La vaccinazione nelle campagne, 1894 pastello su carta telata. Chivasso, Palazzo Santa Chiara.
Un’indagine italiana pubblicata su European Journal of Public Health sul rapporto delle future madri con le vaccinazioni evidenzia che solo il 9% è completamente convinta della loro efficacia, importanza e sicurezza mentre il 20% mostra di avere pregiudizi sulla maggior parte degli argomenti legati al tema. Lo studio, condotto tra settembre 2016 e maggio 2017 su 1820 donne incinte residenti in 14 città italiane, traccia una panoramica sulle conoscenze delle intervistate e combina i risultati con i dati sul loro livello socio-economico, sulle fonti utilizzate e sul livello di fiducia negli operatori sanitari.
I risultati evidenziano il persistere di informazioni errate, soprattutto rispetto al rapporto rischi/benefici: il 30% non crede che i benefici delle vaccinazioni siano superiori ai rischi, il 13,5% pensa che le malattie che si vogliono prevenire siano meno dannose delle vaccinazioni e il 20% non crede che la maggior parte degli effetti collaterali dei vaccini siano lievi e tollerabili. Permangono anche alcuni luoghi comuni tra cui: l’idea che le infezioni prevenibili da vaccino siano semplici malattie dell’infanzia anziché malattie potenzialmente letali (20% delle intervistate) o credere alla correlazione tra vaccini e autismo (70%). Infine, emerge un quadro di forti pregiudizi rispetto le scelte di politica sanitaria: il 20% crede che vengano vaccinati bambini troppo piccoli, il 30% non crede che i vaccini siano stati sufficientemente testati e il 30% delle future madri intervistate non pensa che il calendario vaccinale sia stato pensato per proteggere i bambini immunizzandoli prima che possano entrare in contatto con malattie pericolose.
Inoltre, intersecando le risposte al questionario con le informazioni socio-culturali emerge che il livello di conoscenza sulle vaccinazioni è migliore tra le donne del Centro Italia rispetto a quelle del Nord, tra le italiane rispetto alle straniere, tra le laureate, tra le donne con età superiore a 33 anni e tra le multipare. Infine, le donne che ricevono informazioni sulle vaccinazioni dal loro medico di famiglia e da siti istituzionali hanno un significativo minor rischio di avere pregiudizi rispetto alle donne che non usano queste fonti e i risultati sottolineano l’associazione tra i livelli di conoscenza sulle vaccinazioni e la fiducia nel sistema sanitario: le donne che dichiarano di avere fiducia nelle informazioni date dal personale sanitario con cui entrano in contatto sono a minor rischio di avere pregiudizi sulle vaccinazioni.
Un altro esempio sull’importanza della “fonte” nella promozione delle vaccinazioni viene da un’indagine (pubblicata dempre su European Journal of Public Health) sull’adesione alla vaccinazione antinfluenzale tra il personale sanitario del Policlinico universitario Gemelli di Roma. I primi risultati mostrano l’aumento delle coperture dal 9,57% della stagione 2016-17 al 22,38% della stagione 2018-19 e tassi di vaccinazione più alti tra i gruppi in cui anche primari e capi-sala si sono vaccinati (28,65% vs 16,22%) evidenziando il ruolo chiave rappresentato dall’esempio dei propri responsabili di reparto nell’efficacia della promozione delle vaccinazioni in ambito sanitario.