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L'autodomesticazione umana ha un volto. E un gene

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Uno studio appena pubblicato su Science Advances e guidato da Giuseppe Testa analizza il ruolo del gene BAZ1B nello sviluppo della cresta neurale dell'embrione, da cui origina il volto umano. Il lavoro rappresenterebbe una dimostrazione sperimentale della teoria secondo cui lievi alterazioni nello sviluppo della cresta neurale sarebbero alla base dell'autodomesticazione umana.
Crediti immagine: Gerd Altmann/Pixabay. licenza: Pixabay License

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Come sono modellati i volti degli esseri umani moderni? Secondo uno studio appena pubblicato su Science Advances è particolare gene, BAZ1B, a orchestrare lo sviluppo della morfologia umana del volto. E, in particolare, lo fa agendo sulle cellule della cresta neurale: un dato che, secondo i ricercatori, rappresenterebbe la prova sperimentale dell'auto-domesticazione umana, il processo che nel corso dell'evoluzione ci avrebbe distinto dai parenti arcaici e conferito i tratti anatomici, cognitivi e comportamentali attuali, tra cui il volto relativamente piccolo e schiacciato e le caratteristiche prosociali.

La ricerca è stata condotta da un gruppo internazionale di scienziati guidato da Giuseppe Testa, direttore del Laboratorio di Epigenetica delle cellule staminali dello IEO e professore all'Università Statale di Milano. I ricercatori si sono concentrati su due malattie genetiche, varianti della sindrome di Williams-Beuren, che determinano un aspetto peculiare del volto e ritardo psicomotorio e mentale più o meno grave, e dovute ad alterazioni di geni implicati nello sviluppo della cresta neurale dell'embrione. In particolare, gli scienziati hanno indagato il ruolo di BAZ1B, un gene che agisce come regolatore della cromatina (ossia modifica il grado d'impacchettamento del DNA in modo da renderlo più o meno trascrivibile), e scelto per alcune caratteristiche già note, tra cui ad esempio il fatto che studi precedenti ne avevano dimostrato il coinvolgimento nel processo di domesticazione del cane.

Per lo studio appena pubblicato, le cellule staminali pluripotenti indotte ottenute da pazienti affetti sono state fatte differenziare in vitro nella cresta neurale, quindi è stato studiato il ruolo regolatore e l'effetto dose-dipendente di BAZ1B su queste cellule. I risultati sono stati confrontati con i dati ottenuti dalle analisi paleogenomiche dei nostri parenti arcaici, come i Neandertal o i Denisova, per capire se i network genici della cresta neurale fossero cambiati nel corso dell'evoluzione. «Siamo partiti dalla teoria, emersa di recente, che la base d’origine della domesticazione sia costituita da lievi deficit della cresta neurale. Su questo presupposto concettuale abbiamo potuto costruire l’ipotesi sperimentalmente testabile che nelle specie domesticate esista un'alterazione nell’espressione dei geni della cresta neurale», spiegano in un comunicato Alessandro Vitriolo e Matteo Zanella, ricercatori del Laboratorio di Epigenetica delle Cellule Staminali IEO e del Dipartimento di Ematoncologia dell’Università di Milano e co-autori dello studio.

Secondo alcuni studi, infatti, i tratti caratteristici della domesticazione, come alcune caratteristiche cranio-facciali e cognitivo-comportamentale sono legati a blandi deficit della cresta neurale; un'ipotesi molto difficile da testare, soprattutto nella nostra specie.

«Per gli esseri umani, non disponendo dei dati di espressione genica degli ominidi, abbiamo verificato la nostra ipotesi confrontando le variazioni genetiche fra uomini moderni e arcaici tramite le reti di regolazione dei geni presenti appunto in specifiche malattie genetiche che presentano deficit della cresta neurale», spiegano ancora i ricercatori. «Abbiamo così dimostrato che specifici disturbi dello sviluppo neuronale umano possono far luce sui circuiti genici che modellano il viso umano moderno e dunque possono essere utilizzati per una valida dimostrazione scientifica dell’ipotesi dell'auto-domesticazione». E il protagonista di questo processo sembra essere il gene BAZ1B, che controlla lo sviluppo delle cellule della cresta neurale.

«Questo gene regola, come un direttore d'orchestra, l'attività di decine e decine di geni coinvolti nella formazione delle fattezze del volto o nei comportamenti sociali», spiega Testa. In un quadro più ampio, questa sarebbe anche la prima validazione sperimentale del coinvolgimento delle creste neurali nel processo di domesticazione. «Le malattie genetiche sono state in grado di catturare, per la prima volta a livello sperimentale, l’eco della nostra storia lontana per parlarci dell’evoluzione della condizione umana».

 


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