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La meteorite di Cavezzo catturata dalla rete Prisma

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La Terra è costantemente bombardata da materiale interplanetario, e nella maggior parte dei casi l'atmosfera agisce come un efficace scudo protettivo. A volte, tuttavia, non riesce a disgregare completamente l’intruso cosmico, frammenti del quale arrivano al suolo: sono le meteoriti. In Italia ne erano state trovate una quarantina; fino allo scorso 4 gennaio, almeno, quando la lista ha potuto essere aggiornata grazie al ritrovamento della meteorite di Cavezzo, reso possibile dal lavoro di squadra compiuto dagli astronomi della rete PRISMA e dai citizen scientist. Claudio Elidoro ne parla con Albino Carbognani, ricercatore INAF presso l’Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello spazio di Bologna e membro dell’Advisory committee di PRISMA.
Nell'immagine: in primo piano la camera all-sky di Pino Torinese, il primo rilevatore della rete PRISMA a entrare in servizio nel 2016. A questa camera è toccato il compito di fare da banco di prova per i controlli dell’affidabilità dei rilevatori e del software preposto alla rilevazione dei bolidi. Crediti: Alberto Cora

Tempo di lettura: 9 mins

Per la prima volta una meteorite italiana viene recuperata dopo che, nella sera di Capodanno, in molti avevano assistito alla sua spettacolare entrata in atmosfera. Un importante risultato reso possibile anzitutto dalla rete osservativa PRISMA, coordinata dall’INAF e dagli astronomi che analizzano e studiano i dati che raccoglie, ma anche dalla collaborazione di quanti hanno segnalato il bolide e ovviamente di chi, verso l’imbrunire del 4 gennaio, ha infine ritrovato i due frammenti in provincia di Modena.

Ne parliamo con Albino Carbognani, ricercatore INAF presso l’Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello spazio di Bologna e membro dell’Advisory committee di PRISMA.

Un flusso incessante

La Terra è costantemente bombardata da materiale interplanetario: gli astronomi stimano che quotidianamente entrino nella nostra atmosfera una cinquantina di tonnellate di materiale cosmico, da microscopici grani di polvere a oggetti ben più consistenti. Generalmente l’atmosfera agisce come un efficace scudo protettivo e la potenziale pericolosità di questo materiale viene disinnescata prima che raggiunga il suolo. In particolari circostanze possiamo assistere a tale azione, per esempio quando osserviamo l’accendersi di una meteora – le cosiddette stelle cadenti – oppure quello più spettacolare di un bolide.

Può capitare, però, che l’atmosfera non riesca a disgregare completamente l’intruso cosmico e alcuni frammenti, anche di massa consistente, giungano al suolo. A questi sassi di origine extraterrestre viene dato il nome di meteoriti e ogni museo di scienza al mondo ha una sezione a essi dedicata. Non sempre questi sassi cosmici vengono individuati e recuperati immediatamente dopo la loro caduta. A tal proposito, una prima sommaria classificazione distingue proprio tra meteoriti trovate dopo che se ne è osservata la caduta (si parla di falls) e meteoriti ritrovate grazie a scoperte occasionali o in seguito a ricerche sistematiche (si parla di finds).

I due diagrammi mostrano in modo molto evidente come le meteoriti recuperate dopo che se ne è osservata la caduta siano la schiacciante minoranza. A sinistra si considera il numero complessivo delle meteoriti, mentre a destra la loro massa. Fonte dati: Meteoritical Bullettin Database

Ovviamente l’Italia non è immune da questo flusso cosmico ed è stata anche interessata da cadute di meteoriti piuttosto significative. Basti ricordare la storica “pioggia di pietre” verificatasi a Siena nella sera del 16 giugno 1794, della quale ci sono rimasti oltre tre chili e mezzo di materiale in campioni sparsi in musei e collezioni di tutto il mondo; oppure l’incredibile evento di Alfianello (Brescia) verificatosi nel pomeriggio del 16 febbraio 1883, quando dal cielo precipitò al suolo un macigno di 228 kg.

Complessivamente, le meteoriti italiane sono una quarantina. Fino allo scorso 4 gennaio, l’ultima ad aggiungersi alla lista, trovata il 16 ottobre 2016 durante un’escursione, era stata la meteorite Hocheppan. Si tratta di un sasso di 1236 grammi, così chiamato dal nome del castello a ovest di Bolzano nei pressi del quale è stato scoperto. Sempre fino al 4 gennaio, l’ultima meteorite scoperta dopo che si era visto il suo pirotecnico ingresso in atmosfera era la meteorite di San Michele (Pesaro-Urbino), caduta e recuperata nel febbraio 2002 e del peso di 237 grammi. Dai primi giorni del nuovo anno, però, si è dovuto aggiornare la lista e il merito principale va certamente ascritto al programma PRISMA (PRIma rete per la Sorveglianza sistematica di Meteore e Atmosfera).

I bolidi di Capodanno

La finalità della Rete PRISMA è la sorveglianza del cielo notturno con lo scopo di rilevare l’ingresso in atmosfera di oggetti particolarmente brillanti. Per fare questo vengono impiegate camere all-sky, in grado cioè di coprire l’intera volta celeste. Una volta che un evento viene confermata da almeno un paio di stazioni osservative, utilizzando i dati raccolti dalle camere si può procedere alla triangolazione, cioè alla definizione della traiettoria in atmosfera della meteora che ha originato il fenomeno luminoso.

Nella serata di Capodanno, nel volgere di un paio d’ore la rete ha rilevato due bolidi. Il primo, molto brillante, è stato rilevato alle ore 18:27 (ora di Greenwich) da otto camere PRISMA (Asiago, Padova, Rovigo, Felizzano, Loiano, Cecima, Navacchio e Bedonia) e localizzato nella zona tra Reggio Emilia e Mirandola. Il secondo bolide è stato rilevato alle 20:51 sempre in Emilia, non lontano da Bedonia, segnalato da 6 camere (Asiago, Brembate di Sopra, Cecima, Alessandria, Navacchio e Bedonia).

Il bolide delle 18:27 si è mostrato fin da subito particolarmente interessante. Oltre ai dati delle camere, a PRISMA giungevano decine di segnalazioni visuali provenienti da Emilia-Romagna, Lombardia, Liguria e Toscana. I calcoli indicavano che al momento della sua individuazione il bolide si trovava a 76 km di quota e stava percorrendo a 12 km/s una traiettoria inclinata di 68 gradi rispetto alla superficie terrestre.

Le stime della massa iniziale, basate sulla luminosità, indicavano che, prima di interagire con gli strati atmosferici, il meteoroide poteva essere di alcuni chilogrammi (indicativamente, tra 5 e 10 kg). Durante la caduta verso il suolo, quel sasso extraterrestre è andato incontro a importanti processi di disgregazione, in particolare quando si trovava a 50 e a 30 km di quota. Al momento dell'ultima rilevazione, prima che la luminosità del bolide si estinguesse, si trovava a 21,7 km di altezza. Oltre ai dati sul percorso in atmosfera, i calcoli suggerivano che sussistessero le condizioni perché qualche frammento del meteoroide originario potesse essere arrivato fino al suolo. In altre parole, c’era la possibilità di recuperare una meteorite, un’importante testimonianza dell’epoca in cui, miliardi di anni fa, andava formandosi il Sistema solare.

Tenendo conto dello stato dell'atmosfera nel momento della caduta (in particolare del regime dei venti), la zona interessata dalla caduta era quella del paese di Disvetro, pochi chilometri a nord-ovest di Cavezzo (Modena), in piena Pianura Padana. Tuttavia, considerando le esplosioni avvenute in quota, c’era da aspettarsi che la zona di caduta dei frammenti del meteoroide (il cosiddetto strewn-field) fosse più vasta di quella nominale di Disvetro e che comprendesse anche la zona compresa fra Rovereto sul Secchia e Disvetro.

Immediata la segnalazione di PRISMA, prontamente accompagnata da alcune regole di comportamento nel caso in cui qualcuno avesse avuto la fortuna di imbattersi in un presunto meteorite. La vicenda ha avuto un lieto fine: nel tardo pomeriggio del 4 gennaio, infatti, Davide Gaddi, abitante a Mirandola, ha recuperato due frammenti (per un peso complessivo di 55,4 grammi) in zona Disvetro-Rovereto sul Secchia nel Modenese, ai limiti dell’area indicata dai calcoli effettuati dalla rete PRISMA. Incuriosito dalla notizia della possibile meteorite, Gaddi aveva deciso quel pomeriggio di fare un giro con la sua cagnolina, la Pimpa, sull’argine del Secchia, ed è stata proprio la Pimpa, secondo quanto Gaddi ha raccontato a Media INAF, a segnalare la presenza di quell’insolito sassolino in mezzo all’erba.

Il maggiore dei due frammenti sopravvissuti al passaggio in atmosfera del meteoroide che, nella sera di Capodanno, ha dato spettacolo in cielo. Il suo peso è di circa 52 grammi mentre il frammento più piccolo pesa circa 3,4 grammi. Come raccomandato, è posto su un foglio di alluminio. Crediti: Albino Carbognani

L’origine spaziale dei due piccoli sassi è stata subito riconosciuta da Romano Serra, esperto di meteoriti del Dipartimento di Fisica dell’Università di Bologna, che ha dunque confermato che ci troviamo in presenza della prima meteorite italiana ritrovata grazie a un metodo sistematico. Il nome ufficiale di questo sasso cosmico sarà quello di meteorite Cavezzo.

Grande la soddisfazione soprattutto tra i collaboratori della rete PRISMA, come ha sottolineato Daniele Gardiol dell’INAF di Torino, coordinatore nazionale del progetto: «Questo successo ripaga tutti degli sforzi fatti nel corso di questi tre anni, da chi installa e mantiene in efficienza le camere a chi ha scritto e implementato i complessi calcoli matematici necessari per calcolare i parametri fisici del fenomeno bolide e per determinare con precisione l’area di caduta di eventuali meteoriti, dai nostri colleghi francesi della rete gemella FRIPON, con cui collaboriamo attivamente, ai cittadini che hanno dato ascolto al nostro appello per la ricerca dei frammenti. È un successo di tutti noi; è il risultato di un perfetto gioco di squadra». 

Come opera PRISMA?

Per approfondire, abbiamo intervistato Albino Carbognani, ricercatore INAF in servizio presso l’Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio (OAS) di Bologna, coinvolto in prima linea nel progetto PRISMA, tanto che si considera un fireballs hunter. Proprio per questo progetto ha sviluppato il software riguardante l’analisi fisica dei bolidi, ossia la triangolazione della traiettoria, il modello della fase di volo buio e quello dello strewn-field, oltre al calcolo dell’orbita eliocentrica.

Dottor Carbognani, anzitutto complimenti per l'incredibile risultato. Doveroso approfondire il discorso sulla Rete PRISMA: come opera e quali sono le finalità che si propone? Qual è la sua attuale composizione e quali i progetti futuri?

In effetti si tratta di un evento straordinario che farà la storia della ricerca e dello studio delle meteoriti in Italia e all'estero. Venendo a PRISMA, è una rete di circa 50 camere all-sky che riprendono il cielo notturno a 30 fps. Ogni volta che qualche oggetto brillante attraversa il campo della camera vengono salvate, sull'HDD del mini-PC che la gestisce, tutte le immagini fits della detection. Le detection vengono inviate a un server centrale che le confronta. Se c'è una coincidenza temporale fra due o più detection allora si ha un evento, probabilmente un bolide che può essere triangolato e analizzato.

La finalità principale di PRISMA è la triangolazione di bolidi luminosi per la ricerca di meteoriti al suolo ma, insieme alla rete francese FRIPON, le camere permettono di raccogliere dati statistici su tutti i bolidi che attraversano il campo di vista. Al momento sono stati raccolti dati, radianti, orbite eccetera, riguardanti più di 2500 bolidi e il database aumenta ogni giorno.

Per l'immediato futuro sarebbe importante poter disporre di un maggior numero di camere PRISMA nel centro-sud dell'Italia e sulle isole, come Lampedusa, per triangolare i bolidi visibili in pieno Mediterraneo, utili per le statistiche. Oltre al lavoro osservativo delle stazioni di Prisma, credo sia necessario sottolineare anche il contributo dei non addetti ai lavori, a pieno titolo citizen scientists.

Qual è stato il loro ruolo in questa vicenda? Come avviene la collaborazione tra occasionali osservatori e la struttura di Prisma? Perché è importante questo contributo?

Il contributo degli astrofili e degli appassionati è fondamentale, per due motivi. Prima di tutto l'acquisto dell'hardware delle camere è autofinanziato dai soggetti che le gestiscono e che ne diventano i proprietari. PRISMA svolge il necessario ruolo di coordinazione e gestione in remoto delle camere ma non le acquista direttamente.

In secondo luogo, senza l'aiuto degli astrofili di Cavezzo e Bologna, della Protezione Civile di Cavezzo e degli entusiasti che si sono precipitati letteralmente sul campo, sarebbe stato impossibile setacciare un'area tanto vasta entro pochi giorni dalla caduta del bolide.

Questo dispiego di volontari, allertati a mezzo stampa e via social, hanno permesso il ritrovamento della meteorite Cavezzo solo tre giorni dopo la caduta. Grazie al ritrovamento della meteorite abbiamo anche ricevuto decine di richieste di collaborazione da parte di astrofili e cittadini, se andranno in porto PRISMA potrebbe aumentare del 50% il numero delle camere.

Anche gli osservatori visuali che mandano le loro testimonianze a PRISMA sono preziosi. In base al numero di segnalazioni ricevute possiamo già capire, prima ancora di analizzare i dati delle camere, se l'evento è stato di rilievo per quanto riguarda possibili cadute oppure no. Inoltre sono stati numerosi gli interventi didattici che in questi primi anni di PRISMA abbiamo fatto nelle scuole di ogni ordine e grado. L'accoppiata bolidi e meteoriti suscita sempre un enorme interesse ed è un buon modo per avvicinare i giovani alla ricerca scientifica.

Cosa ci può dire a proposito della natura e dell'origine di questo meteorite? Il bolide collegato alla caduta del meteorite è in qualche modo imparentato con l'altro bolide osservato a Capodanno?

I due bolidi sono distinti. L'orbita del meteoroide che ha dato vita al bolide associato alla meteorite Cavezzo è di tipo asteroidale, con afelio – il punto dell’orbita più distante dal Sole – nella zona interna della Fascia Principale degli asteroidi. La meteorite è classificabile come condrite, molto fragile peraltro. Nella meteorite maggiore si nota una crosta di fusione principale e una secondaria. Quella secondaria si è creata solo dopo che il meteoroide è esploso in volo, scagliando frammenti (fra cui quello raccolto), in tutte le direzioni.

In questo momento le analisi chimico-fisiche sulle due meteoriti vengono condotte dall'Università di Firenze che è all'interno della collaborazione PRISMA. I risultati saranno noti non prima di diverse settimane.

 


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