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Perché nessuno parla di farmaci anti-Covid-19?

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Nella gestione dell'emergenza da Covid-19, è di assoluto rigore parlare di alcuni aspetti: primo, che il contenimento del contagio è fondamentale ma non ha valore terapeutico, e servono metodi attivi per opporsi al virus; secondo, tra questi ultimi il vaccino non può essere atteso in modo messianico, perché il suo sviluppo - ammesso che si riesca a svilupparlo - richiederà tempo. E dunque, terzo, cosa fare nell'attesa, adesso, per contenere e se possibile neutralizzare Covid-19?

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Scriveremo arrabbiati. Regola vuole che non lo si faccia, ma il dormirci sopra da almeno una settimana nel nostro caso non è servito. Quindi lo facciamo, se si vuole chiedendo scusa. Qual è il punto? Semplicemente che vi sono cose di fondo sulla presente emergenza, e sono cose importanti, che informatori e informatrici di professione, ed epidemiologi esperti, nemmeno sfiorano. E delle quali sarebbe invece di assoluto rigore parlare. Eccole:

1. Tutta, assolutamente tutta, l’informazione è esclusivamente polarizzata sui modi e sui risultati del contenimento del contagio. Non vorremmo essere fraintesi. L’opera di contenimento è sicuramente essenziale, ed è chiaro che l’attuale situazione disastrosa è dovuta in larga misura anche ai ritardi e alle incertezze della sua applicazione. Ma è mai possibile che nessuno, dico nessuno, dica quello che è del tutto ovvio, e cioè che il contenimento del contagio è una misura temporanea, priva di valore terapeutico? Che, senza la scoperta e l’applicazione di “mezzi” per opporsi  al virus, alla fine, riuscirà sì a limitare il numero delle vittime di “questa”emergenza, ma lascerà il problema al punto di partenza? È mai possibile che non si parli mai di cosa si deve fare, e di come si deve farlo, per combattere il virus, anziché parlare solo di come si tenta di impedirgli di arrivare a noi? Per essere ancora più chiari: contenere va bene, è sicuramente essenziale, ma rimane manovra fine a se stessa senza modi attivi di opporsi al virus.

2. I modi di neutralizzare il virus. L’unico discorso sul modo attivo di opporsi al virus che compare talvolta nell’informazione è quello sul vaccino. Anche su questo punto non vogliamo essere fraintesi: un vaccino efficace porrebbe fine in modo permanente al problema COVID-19, ed è quindi logico attenderne l’arrivo e darsi da fare in tutti i modi per promuoverlo. Tutti su questo sono d’accordo. Quello che però non è per nulla logico è l’aver creata, e continuare a crearla, l’attesa messianica del vaccino, addirittura dicendo, come abbiamo sentito irresponsabilmente dichiarare iersera da un esperto in uno dei tanti talk shows televisivi, che per il vaccino è oramai questione di mesi. E allora, vogliamo dire qualcosa di più sul vaccino? Che per esempio non è affatto detto che un vaccino efficace contro il COVID-19 possa essere prodotto? Di questo abbiamo già scritto per Scienza in rete, quindi non ci ripetiamo, ma su un punto ci dobbiamo ripetere: prima che un vaccino possa divenire di uso universale vi sono adempimenti ineliminabili che devono essere soddisfatti, dai test di sicurezza, alla sperimentazione su animali, all’evidenza pre-clinica  che previene l’infezione: in altre parole, occorreranno mesi, parecchi mesi. E nel frattempo, dobbiamo restare con le mani in mano, e limitarci a contenere il contagio?

3. Ed ecco il punto fondamentale: cosa fare nell’attesa del vaccino? O, nel caso  sfortunato che il vaccino incontri difficoltà, cosa occorre fare, non solo per contenere, ma per neutralizzare, anche per il futuro, COVID-19? E, a parte il futuro, che cosa occorre fare, ora, subito dato che il tempo d’attesa del vaccino è una variabile temporale ineliminabile? Sembrerebbe ovvio considerare questo il punto fondamentale, ed è quindi difficile capire perché in tutta, assolutamente tutta, l’informazione di questo non si parli. Pare ci sia quasi un embargo a nominare - diciamola la parola - i  farmaci anti-COVID-19. Perché i farmaci anti-COVID-19 esistono, sono noti oramai da mesi, sono in corso di sperimentazione in trial in vari paesi. Hanno sbagliato gli esperti, le rarissime volte in cui hanno toccato l’argomento,  quando per settimane hanno detto che contro COVID-19 non avevamo al momento nulla. Negli ultimi giorni, proprio negli ultimi giorni, ha iniziato a fare  capolino nell’informazione, molto cautamente, e molto raramente, il discorso dei presidi anti-COVID-19: con mille distinguo, con formule dubitative, con gli esperti che si fanno  un obbligo di dire che si tratta di informazioni aneddotiche, che il lavoro che descrive i successi è ancora sperimentale, che  le terapie proposte non hanno l’autorizzazione all’applicazione umana e via discorrendo. Non tutti questi distinguo  corrispondono a verità, come abbiamo documentato in un precedente scritto su Scienza in rete: ma  qui ci preme solo tornare sulla critica  di fondo: cioè che i successi vengono dal lavoro in fase sperimentale. 

Bene, e allora? Ci si rende conto che siamo di fronte ad un’emergenza che porta a morte centinaia di pazienti ogni giorno? Lo sanno gli esperti come è nata la più grande scoperta della storia della medicina, la vaccinazione? Lo sanno che Edward Jenner ha sperimentato la sua formidabile intuizione sul figlioletto, in un modo cioè che più sperimentale non avrebbe potuto essere? E vogliamo chiedere ai parenti del paziente intubato se preferiscono continuare con l’ossigeno e le terapie antivirali “ortodosse” o se preferiscono provare qualcos’altro?  

E qui vogliamo aggiungere una cosa che abbiamo appena letto, e che ci ha molto turbato: e che, ne siamo sicuri, turberà  chi ha la sorte dei pazienti in mano: il New England Journal of Medicine, che è la Bibbia della ricerca clinica mondiale,  ha appena pubblicato un articolo con i risultati di un trial clinico che giunge alla conclusione che i due antivirali cardine nella lotta al COVID-19 anche in Italia, il Lopinavir e il Ritonavir, sono del tutto inefficaci! Ma ora sono disponibili composti di altre linee di ricerca che in studi, diciamo così, ancora sperimentali, hanno dimostrato efficacia contro Covid -19, e ne abbiamo  già parlato in altri scritti: in primis la clorochina e la citiamo perché, ci si dice, i clinici la stanno già da un po’ usando in modo, come si dice in gergo, compassionevole. Bene, che lo dicano, allora. I malati, i parenti, e il pubblico hanno il diritto di sapere che terapie si stiano usando: avremmo potuto naturalmente parlare delle altre promettenti  terapie “sperimentali” che, pare di capire, saranno oggetto di trial prossimi-futuri qui in Italia. Ma il concetto è chiaro, e abbiamo preferito nominare solo la clorochina  anche per un altro motivo. È un antimalarico di uso  universale in a Africa, dove il COVID-19  non pare avere attecchito, nonostante i milioni di cinesi che in Africa vanno e vengono. Ma due più due non fanno quattro?  

 

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