Mappa della Protezione civile, distribuzione dei casi per provincia, 24 marzo 2020.
L’appello di Epidemiologia e Prevenzione e l’editoriale di commento di Scienza in rete sollecita tutti a concorrere a uno sforzo di assessment rapido delle evidenze critiche per la gestione di sanità pubblica dell’emergenza di ora e delle implicazioni per i mesi prossimi. Al centro dell’appello c’è l’accessibilità tempestiva e aperta al dato. L’esperienza di queste settimane della rete piemontese di epidemiologia conferma questa urgenza, ma evidenzia anche che la sua soddisfazione non basta a colmare le complessive lacune di governance che non si possono superare in poco tempo.
In Piemonte da subito si sono attivate due linee di lavoro. In prima fila, la linea specialistica del Servizio di epidemiologia dedicato alle malattie trasmissibili (Seremi), che organizza e gestisce il sistema di sorveglianza con le aziende sanitarie alimentando la comunicazione per l’Unità di Crisi e la sorveglianza nazionale dell'Istituto Superiore di Sanità. La seconda fila è fatta dalle strutture che si occupano di tutto il resto dell’epidemiologia piemontese ed è impegnata a usare i sistemi informativi statistici e sanitari ordinari e di sorveglianza ad hoc per indagare i punti più critici della gestione dell’emergenza in breve tempo e col meglio dei modelli di studio alla nostra portata.
Le piste principali di lavoro sono: a) possibilità di prevedere a breve termine l’impatto delle misure di prevenzione e assistenza adottate sia nella popolazione generale sia nella coorte degli ospedalieri; b) la misura dell’importanza relativa dei diversi fattori di rischio e di predisposizione al contagio o all’aggravamento delle conseguenze con studi di epidemiologia clinica sulla serie dei casi ospedalizzati e con studi caso controllo con dati di record linkage tra dati di sorveglianza e di ricovero e prescrizione dei farmaci; c) lo sviluppo con la medicina generale di nuovi sistemi informativi e di sorveglianza per la gestione domiciliare dei casi non ospedalizzati e dei contatti; d) il tutto valutato con le lenti dell’equità per identificare con la massima tempestività e sensibilità possibile le disuguaglianze di impatto dell’epidemia sulla salute, sia l’impatto diretto sulla storia naturale della infezione sia quello indiretto su altri esiti di salute determinanti dal dirottamento di risorse tra i diversi percorsi assistenziali, sia l’impatto indiretto a breve e lungo termine determinato dalle conseguenze economiche e sociali dell’epidemia.
Aggiornamento rallentato
In questo sforzo, in verità, non abbiamo incontrato ostacoli intenzionali all’accesso ai dati sanitari, né quelli dei sistemi informativi anagrafici e sanitari, né quelli del sistema di sorveglianza. Piuttosto i veri ostacoli sono costituiti dall’intrinseco limite di tempestività dei meccanismi di aggiornamento, ancora più difficili da ovviare in un contesto di rallentamento del funzionamento di tutte le strutture che li alimentano. Ad esempio, volendo lavorare sulle serie giornaliere della mortalità totale si constata che l’anagrafe regionale degli assistiti, pur accessibile in tempo quasi reale, raggiunge un livello di completezza accettabile con un ritardo di tre mesi; per cui da questa fonte in tempo reale si possono studiare solo le serie temporali della mortalità proporzionale per sesso ed età; o in alternativa ci si deve limitare a usare le serie giornaliere della mortalità di quella fonte cimiteriale che è stata attivata per la sorveglianza delle ondate di calore nelle aree metropolitane. O ancora, volendo lavorare in modo rapido sul record linkage tra dati di sorveglianza e dati retrospettivi di morbilità cronica o consumo dei farmaci, ci si misura sul fatto che la qualità dei dati individuali di sorveglianza viene certificata con un certo ritardo, poiché si dà priorità al funzionamento del sistema di tracciamento e notifica.
Comunicazione inadeguata
A proposito di dati, l’unico ostacolo davvero rilevante è quello che riguarda la loro comunicazione pubblica; in circostanze di emergenza la linea ufficiale di comando di solito si riserva legittimamente di gestire in modo esclusivo la comunicazione ufficiale, ma questa necessità potrebbe frenare la comunicazione tempestiva di conoscenze epidemiologiche rilevanti se la linea di comando non fosse adeguatamente capace di apprezzarne il valore.
Scienza e governance
E qua veniamo al punto veramente debole, il ruolo della conoscenza scientifica nella cosiddetta governance: il nostro sistema sociale (istituzioni, professionisti, forze economico sociali e società civile) non era preparato ad affrontare emergenze di questo tipo e sta imparando sul campo come fare con la linea di comando, con la comunicazione, con l’uso della conoscenza scientifica e degli esperti, col bilanciamento della tutela dei diritti e degli interessi. L’accesso ai dati e l’attivazione delle competenze di studio disponibili (nonché il loro accreditamento nella linea di comando) sono una parte importante di quei meccanismi e strutture di governance che servirebbero, ma non si inventano in una settimana se non sono state costruite e consolidate prima in quel sistema sociale.
Anche in una realtà come quella piemontese, dove l’accesso ai dati non è ostacolato, questo non significa che la conoscenza epidemiologica sappia guarire magicamente i limiti di governance che questa emergenza mette in luce, un po’ in tutte le nostre regioni, anche in quelle meglio organizzate, limiti che l’epidemiologia italiana può concorrere con competenza pazienza e umiltà ad aiutare a superare in tempo reale con uno sforzo di ricerca-azione comune, come quello a cui un po’ forzatamente stiamo partecipando tutti.