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Un po’ di silenzio, prego!

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"Siamo cittadini che nulla sanno ma che discutono animatamente di ciò che non sanno", scrive Giovanni Boniolo, tutti "esperti" del nulla ma cooperanti nell’aumentare quel rumore di fondo che, in tempi di Covid-19, è virologia, farmacologia e soprattutto epidemiologia (e quindi statistica). A parte mettersi le mani nei capelli e chiedere il silenzio, vale la pena leggere un punto del “Richiamo sul rispetto dei principi vigenti a tutela della correttezza dell’informazione con riferimento al tema Coronavirus Covid-19”, redatto a marzo dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. E, per gli esperti, ricordare che la discussione con i "venditori di nulla", l'autorevolezza si annulla, andando a mischiarsi con il rumore di fondo.
Crediti immagine: me_vanou/Flickr. Licenza: CC BY-ND 2.0

Tempo di lettura: 7 mins

Siamo figli di una tradizione che ha una lunga, lunghissima storia, ma non sempre ce ne curiamo, molte volte intenti solo a sguazzare nel nostro quotidiano e interessati a parlare, parlare, parlare di tutto e sempre. Eppure, mai come in questi tempi il tacere sarebbe auspicabile.

Certo, bisogna comunicare ciò che sta accadendo. Ma bisognerebbe farlo con certi crismi. Sicuramente, sia da parte di Scienza in rete, sia da parte d'istituzioni accreditate (si veda l’articolo Silvia Bandelloni), ci si sta impegnando per fornire notizie corrette, ossia informazione (l’informazione è sempre veritiera, altrimenti non è informazione!). Il problema, però, è dato dal rumore di fondo comunicativo cui si assiste e questo fa sì che l’informazione si perda, sia annacqui, non riesca a essere autorevole come dovrebbe. E qui, forse, qualche riflessione con conclusioni piuttosto radicali potrebbe essere fatta.

Il rumore di fondo cui accennavo è dato dal fatto che, in tempo di COVID-19, quasi tutti parlano improvvisamente di virologia, di farmacologia e soprattutto di epidemiologia (e quindi statistica). Potenza logopedica del virus! Da un lato, ci sono i meravigliosi medici e il meraviglioso personale sanitario che si stanno dannando, anche con grande pericolo personale, per assistere e curare chi è affetto dal contagio, e assieme a loro ci sono coloro che veramente sanno di virologia, di farmacologia e di epidemiologia (e quindi di statistica) che cercano di predisporre tattiche e strategie acconce. Dall’altro, ci siamo noi – uomini della strada – che non sappiamo nulla di virologia, di farmacologia, di epidemiologia (e quindi di statistica), ma nemmeno di politica internazionale, di etica globale, di salute pubblica e di salute globale. Eppure non solo siamo soggetti passivi, quotidianamente sommersi da valanghe di notizie che ci provengono da social, quotidiani e trasmissioni televisive, ma – sfortunatamente – vogliamo anche essere soggetti attivi che inondano social, quotidiani e trasmissioni televisive con nostre opinioni più o meno sgangherate di virologia, di farmacologia, di epidemiologia (e quindi di statistica), di politica internazionale, di etica globale, di salute pubblica e di salute globale.

Siamo cittadini che nulla sanno ma che discutono animatamente di ciò che non sanno, che lodano sperticamene e che criticano astiosamente sui social quelli che, momentaneamente, ci sono o ci sembrano antipatici, così, senza avere ragioni fondate per farlo. D’altronde, forse, non è così biasimevole che lo facciamo: le chiacchiere da bar, ovunque sia e qualunque cosa sia il bar, sono sempre esistite (sicuramente anche prima che esistessero i bar). Ma quando si ha a disposizione uno scranno che permette visibilità, la faccenda assume contorni diversi.

Filosofi per lo più locali ma auto-riciclatisi esperti di un sapere che non hanno (si veda l’articolo di Cristian Fuschetto); scienziati esperti in un campo diverso da quello in oggetto che pensano che la translatio auctoritatis sia per loro naturale; pseudo-critici d’arte con ego distorto che pur di apparire e guadagnarsi un gettone sono disposti a far del male; politici la cui unica formazione culturale e istituzionale risale a quando alle elementari o alle medie ebbero per caso l’opportunità di incontrare qualcuno che parlò loro di istituzioni democratiche; giornalisti che mai han riportato fatti ma solo opinioni personali basate su una loro supposta capacità di ragionare meglio degli altri; umanità varia; conduttori fieri della loro pochezza morale e conoscitiva ecc. Tutti “esperti” di virologia, di farmacologia, di epidemiologia (e quindi di statistica), di politica internazionale, di etica globale, di salute pubblica e di salute globale. In realtà, tutti esperti del nulla ma cooperanti nell’aumentare il rumore di fondo. Tutti che vogliono essere alla pari di chi esperto realmente lo è; tutti che non conoscono l’umiltà del tacere davanti al sapere, almeno in questo momento così delicato della nostra storia. Il tacere! E questo per il bene pubblico: oggetto forse ai più sconosciuto.

Non sembra che noi cittadini si sia molto preoccupati di tutto questo rumore di fondo; del fatto che non sempre siamo consapevoli che non è detto che una notizia rechi un’informazione, ossia qualcosa che ha una validità controllata e controllabile. Non sempre coscienti che solo l’informazione ci permette di avere conoscenza, ossia la capacità di usare la prima per aumentare la nostra qualità di vita e quella dei nostri cari. Insomma, non sempre preoccupati di capire se la notizia contenga informazione o se sia solo falsità; se il chiacchiericcio cui assistiamo o leggiamo sia informativo; se abbiamo veramente la capacità (e la voglia) di trasformare l’informazione in conoscenza (si veda questo libro).

A questo punto, oltre a metterci le mani nei capelli e chiedere silenzio non si può far molto. Temo si rimarrà senza capelli, dal momento che pochi vorranno tacere. Comunque sia, ricordiamoci almeno di un paio di cosette.

La prima è contenuta nel documento, del 18 marzo 2020, redatto dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, riguardante un “Richiamo sul rispetto dei principi vigenti a tutela della correttezza dell’informazione con riferimento al tema Coronavirus Covid-19”. Qui si legge:

CONSIDERATO che il Testo unico dei doveri del giornalista all’art.6 ha stabilito che il giornalista “evita nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate (lettera b); diffonde notizie sanitarie solo se verificate con autorevoli fonti scientifiche (lettera c); non cita il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che possa favorirne il consumo e fornisce tempestivamente notizie su quelli ritirati o sospesi perché nocivi alla salute (lettera d);

allora, delibera

1. I fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici sono invitati ad assicurare una adeguata e completa copertura informativa sul tema del “coronavirus covid-19”, effettuando ogni sforzo per garantire la testimonianza di autorevoli esperti del mondo della scienza e della medicina allo scopo di fornire ai cittadini utenti informazioni verificate e fondate.
2. I fornitori di piattaforme di condivisione di video adottano ogni più idonea misura volta a contrastare la diffusione in rete, e in particolare sui social media, di informazioni relative al coronavirus non corrette o comunque diffuse da fonti non scientificamente accreditate. Le predette misure devono prevedere anche sistemi efficaci di individuazione e segnalazione degli illeciti e dei loro responsabili.
3. L’Autorità si riserva di verificare il rispetto del presente provvedimento attraverso la propria attività di monitoraggio e di assumere, in caso di inosservanza, le conseguenti determinazioni.

Bene, o “fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici”, siete invitati (che significa? per un commento di Andrea Monti, si veda qui) a fornire informazione, ossia notizie controllate e controllabili, e a non cercare sensazionalismo. Siete invitati a utilizzare esperti e a non farli, però, discutere con venditori di nulla.

E qui viene il secondo punto che dovrebbe essere scolpito sul marmo della comunicazione ben fatta: se l’esperto è fatto dialogare, dai conduttori di cui sopra, con filosofi che nulla sanno, con scienziati di discipline diverse, con personaggi amanti del gridio, con politici senza formazione, con umanità varia vogliosa di apparire e con opinionisti su tutto ecc., l’autorevolezza dell’esperto si annulla; e tutto diventa rumore di fondo.

Tuttavia la responsabilità sta anche dalla parte dell’esperto, il quale non dovrebbe accettare tale circo e dovrebbe capire che nel settore in cui lui/lei è esperto dovrebbe solo insegnare, rispondere a domande di chiarimento, divulgare correttamente ciò che sa, discutere questioni di impatto etico-sociale con chi ha avuto la voglia di studiare almeno un po’ e ha capito ciò di cui si occupa, ma non dovrebbe mai dibattere con chi non ne sa nulla, pena la perdita di autorevolezza. E questo lo sosteneva già un signore di circa 2400 anni fa (chi è?).

Non si dovrà però discutere con chiunque, né bisognerà esercitarsi con il primo venuto. In realtà quando si discute con certe persone, le argomentazioni diventano necessariamente scadenti. Quando infatti ci si trova di fronte a un interlocutore, che cerca con ogni mezzo di uscire apparentemente indenne dalla discussione, lo sforzarsi con ogni mezzo di concludere la dimostrazione sarà certo giusto, ma non risulterà comunque elegante. Per questa ragione appunto, non bisogna associarsi con faciloneria ai primi venuti.

Sicuramente un signore piuttosto severo! Comunque sia, un signore cui poi ha fatto eco, un paio di millenni dopo (ma siamo sempre a circa quattro secoli fa), un altro signore (chi è?), anche questo piuttosto severo nella sua ironia.

È già una grande e necessaria prova di saggezza e di acume sapere che cosa ci si debba ragionevolmente domandare. Giacché, se la domanda in sé è assurda, e vuole risposte inutili, presenta, oltre alla vergogna di colui che la solleva, anche l’inconveniente di spingere l’incauto uditore a risposte inconcludenti, e di dare così il ridicolo spettacolo che uno, dicevano gli antichi, munge il becco, e l’altro tiene sotto il setaccio.

Insomma, prego, un po’ di silenzio e rispetto per chi soffre e per chi lavora per cercare di lenire le sofferenze. Insomma, smettiamola con talk show disdicevoli e ricordiamoci sempre la scritta sulla tavoletta che Salvator Rosa tiene in mano nel suo autoritratto:

Aut tace
aut loquere meliora 
silentio

 

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