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Creare consenso intorno ad alcune misure immediate

Scenari di uscita dal lock-down, disponibilità dei dati per la ricerca epidemiologica e clinica, uso dei test per la ricerca di RNA virale e sviluppo di saggi per verificare la presenza di anticorpo, identificazione precoce dei focolai epidemici, tecnologia: alcune importanti misure per le quali sarebbe necessario passare rapidamente alla fase attuativa.
Crediti immagine: chiplanay/Pixabay. Licenza: Pixabay License

Tempo di lettura: 10 mins

Queste note sono a titolo strettamente personale ma esprimono idee largamente condivise da un comunità vasta di ricercatori, inclusi epidemiologi, clinici, immunologi e ricercatori di laboratorio.

Scenari per uscire dal periodo pandemico

I diversi documenti prodotti dal gruppo di Neil Ferguson dell’Imperial College di Londra hanno ispirato le politiche di diversi Paesi. Uno dei più recenti proponeva come ormai superata e inefficace una strategia blanda di mitigazione, e come necessaria una strategia più rigorosa di soppressione, che è poi stata portata avanti da molti Paesi1. Lo stesso rapporto proponeva anche una strategia di attenuazione delle misure verso l’uscita dalla fase di soppressione (lock-down). Questa terza strategia, di “stop-and-go”, veniva calibrata sulla disponibilità di posti letto in terapia intensiva e sul numero di decessi attesi. In sostanza si proponeva di attuare misure restrittive per un certo periodo, e poi attenuarle fino al raggiungimento di livelli non accettabili di saturazione dei letti e di mortalità, e poi nuovamente intensificarle. Gli elementi chiave in questa strategia sono: quali elementi della soppressione attenuare, e con quale durata di ciascuna delle due fasi (stop-and-go).

Un nuovo documento del gruppo di Ferguson2 usa ora un metodo di back-calculation per stimare l’impatto delle misure prese settimane prima, in base al numero di morti osservate. Per l’Italia si suggerisce che le misure di contenimento dell’epidemia siano state altamente efficaci, con un valore di R0 (il numero di infezioni generate da un individuo infetto) vicino a 1 intorno all’11 marzo. Benché le misure prese varino da Paese a Paese, l’Italia è uno di quelli che le hanno attuate tutte (tra quelle analizzate), e cioè isolamento dei casi, distanziamento sociale, bando degli eventi pubblici, chiusura delle scuole, e lock-down del Paese (isolamento a casa di tutti, vietati gli spostamenti). Tra l’altro, il documento stima che in Italia vi sono stati circa 6 milioni di infetti cumulativamente fino al 28 marzo, e che 38.000 morti sono state evitate grazie alle misure prese dal governo (ma con un ampio intervallo di credibilità statistica).

Sia chiaro che l’efficacia delle misure messe in atto e la decelerazione nella crescita della curva epidemica non autorizzano assolutamente a rilassare in questo momento le misure. In effetti il gruppo di Ferguson sta anche lavorando per comprendere come il rilassamento di diverse misure di contenimento (per esempio, distanziamento sociale e chiusura delle scuole) può influire sul trend e dunque sul numero di morti e l’occupazione di letti. In queste stime si valuta anche la distribuzione per età e per area geografica. Si può pensare pertanto a strategie di uscita dall’epidemia basate su una riduzione del numero di persone soggette a distanziamento sociale, a seconda delle fasce di età e delle diverse fasi dell’epidemia in diverse aree geografiche (comunicazione personale). È troppo prematuro per trarne indicazioni pratiche, ma questo sarà l’elemento di partenza per le decisioni da prendere.

I dati disponibili per il nostro Paese identificano chiaramente nella popolazione anziana, con patologie croniche, il gruppo più vulnerabile agli effetti del COVID-19. La strategia di uscita non può prescindere dall'attivazione di un programma di sorveglianza attivo che preveda anche monitoraggio a distanza delle condizioni di salute di questa popolazione e un pronto intervento in caso di peggioramento delle condizioni di salute. Attenzione particolare, per ogni strategia proposta, andrebbe prestata al tema delle disuguaglianze di salute e di accesso alle cure

Rendere disponibili i dati per l’Italia

I dati disponibili per l’Italia dovrebbero essere immediatamente messi a disposizione dell'intera comunità dei ricercatori, mentre questo non avviene né a livello nazionale né a livello regionale. Mi riferisco qui ai dati raccolti da ASL, Istituto Superiore di sanità e Protezione Civile, e altri dati utili cui mi riferisco oltre. Mi risulta che da diverse parti stiano emergendo appelli per l’accessibilità ai dati, che faciliterebbe molto la ricerca epidemiologica e clinica.

Tra le molte opportunità di ricerca ne ricordo una, e cioè capire perchè la letalità della malattia sia così diversa, con i casi estremi della Lombardia e della Germania. Sono state avanzate diverse ipotesi, nessuna delle quali è singolarmente convincente. Si dovrebbe capire in particolare che ruolo hanno giocato le diverse organizzazioni e risorse per le cure primarie sul territorio e le modalità di gestione dell’epidemia a livello Regionale (Lombardia, Veneto, Emilia, ecc).

Per un uso razionale dei test basati sulla ricerca di RNA virale

C’è un largo consenso sul fatto che la ricerca di infezioni virali da SARS-CoV-2 deve essere mirata a

  1. confermare diagnosi cliniche (casi sintomatici),
  2. confermare guarigioni,
  3. identificare i contatti dei casi per metterli in isolamento e interrompere la catena di trasmissione,
  4. monitorare la salute di persone che operano in contesti critici in cui sono potenzialmente esposte al contagio e possono a loro volta contagiare altre persone.

In piena pandemia è prioritaria la diagnosi dei casi sintomatici e la conferma dei guariti. Per arginare la diffusione è necessario cercare individualmente i contatti e isolarli. Il lock-down in corso sarà efficace sugli attuali contatti infetti non identificati, ma non sulla trasmissione intrafamiliare, per cui almeno le/i conviventi dei positivi vanno controllati. Gli operatori dei servizi essenziali, in contatto con molte persone, devono essere periodicamente sottoposti alla ricerca di infezione e isolati se positivi. I loro contatti conviventi dal momento della positività vanno monitorati come quelli dei malati. È prioritario occuparsi delle fasce fragili di popolazione, come gli ospiti di RSA: i sospetti dovrebbero essere isolati quanto più precocemente possibile (anche in attesa del risultato del test), da cui l’importanza in queste comunità di strumenti di monitoraggio come quelle che utilizzano app su smartphone - di cui si parla oltre (da gestire da parte degli operatori).

La ricerca di infetti nella popolazione generale, come lo screening tramite tamponi, è poco efficiente dato che l’infezione non si distribuisce a caso, ma segue vie di trasmissione tracciabili. I tamponi dovrebbero dunque essere effettuati con criteri di priorità: va data priorità immediata a tutto il personale sanitario (in particolare ospedaliero) con un alto rischio di contagio (come si dice da settimane), e poi altre categorie a contatto con il pubblico. Tutti i contatti dei positivi vanno sottoposti a test. Purtroppo la negatività del test con tampone vale solo per il momento in cui viene effttuato ed è quindi importante monitorare anche i sintomi precoci per isolare tempestivamente i casi.

Accuratezza e valori predittivi vanno monitorati: è essenziale conoscere sensibilità, specificità e valori predittivi dei saggi di laboratorio. Quando la prevalenza d'infezione nella popolazione diminuirà (effetto del lock-down) i valori predittivi cambieranno. Bassa sensibilità implica tanti falsi negativi (è il rischio degli attuali test rapidi), cioè persone rassicurate dal risultato, ma in realtà contagiose. Bassa specificità implica tanti falsi positivi e quindi spreco di risorse per isolarli e rintracciarne i contatti. Se i veri negativi in un dato momento sono molti di più dei veri positivi, una bassa specificità si traduce in un basso valore predittivo positivo (che può essere anche del 50%, cioè su 100 che risultano positivi al saggio solo 50 hanno realmente il virus).

Si sta lavorando per migliorare l’efficienza della ricerca del virus attraverso analisi automatizzate ad alto redimento (high-throughput). Un appello firmato da quasi 300 ricercatori ha messo a disposizione laboratori, macchinari e personale per un’effettuazione più estesa dei test. Si tratta di un patrimonio prezioso che va utilizzato immediatamente. Riguardo ai test, va chiarito che la ricerca dell’RNA virale consente di identificare i contagiosi e la positività dura al massimo 2-3 settimane, dopo di che il test si negativizza. I test rapidi (per esempio quelli commerciali) vanno sottoposti a validazione prima di un uso esteso.

Identificazione precoce dei focolai e uso delle tecnologie

La ricerca d'infetti tramite tamponi non può essere effettuata come screening di popolazione, ma in fase precoce per isolare focolai nascenti, o nella fase di attenuazione delle misure di soppressione, per esempio di parziale rilassamento del lock-down [2]. Non è escluso che vi sarà un secondo picco in autunno, in cui l’identificazione attiva dei casi e il rintracciamento dei loro contatti sarà fondamentale.

Sui metodi CFCT (case finding contact tracing) vi sono esperienze esemplari in Italia, che potrebbero essere generalizzate. Per esempio, l’uso di una app per l’identificazione precoce dei sintomi può consentire l’isolamento tempestivo. La gestione dei casi domiciliari è uno degli elementi identificati come critici dall’OMS, sia per l’alto rischio di trasmissione intrafamiliare che per la gestione clinica del caso. È da considerare l’isolamento in strutture come alberghi requisiti, dove possono essere isolati non solo gli infetti e i loro contatti, ma anche personale sanitario infetto, consentendo così l’assistenza.

Una task force del Ministero per l’Innovazione e Digitalizzazione (MID) sta lavorando a soluzioni per il tracciamento attivo degli spostamenti tramite telefonini e a una app che riunisca le tre funzioni del CFCT, di tele-medicina e di raccolta di informazioni.

Ricerca di risposte immunitarie all’infezione

Diversi gruppi stanno lavorando per mettere a punto saggi per la valutazione di presenza di anticorpi. Gli anticorpi, a differenza della ricerca dell’RNA virale, sono indicatori di una risposta immunitaria all’infezione. Non indicano contagiosità in atto e non possono essere usati per CFCT, bensì per tracciare le persone che hanno avuto l’infezione e sono probabilmente protette. Ma vi sono molti aspetti da chiarire, tra cui sensibilità e specificità dei metodi anticorpali e durata ed entità della protezione conferita dagli anticorpi misurati.

Coordinamento dei sistemi informativi

Oltre al numero dei soggetti positivi e delle morti attribuite a COVID-19 che le ASL raccolgono quotidianamente e inviano alla protezione civile, si è dimostrato estremamente utile il sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera commissionato dal Ministero della Salute, i cui dati sono elaborati settimanalmente dal Dipartimento di Epidemiologia del Lazio e riportati in forma aggregata per la sorveglianza dell’influenza stagionale sul sito Epicentro. Il primo rapporto completo per la stagione invernale 2019-20 è stato pubblicato da Epidemiologia e Prevenzione [3].

Il sistema era stato lanciato per il monitoraggio della mortalità in relazione alle ondate di calore e riguardava 33 comuni (tutti i capoluoghi di provincia e i comuni con più di 250.000 abitanti). Ad oggi solo 19 forniscono dati aggiornati. Sarebbe auspicabile un’estensione e una maggiore tempestività per tutti i comuni inclusi nel sistema.

Un’altra possibile fonte di dati è quella delle cartelle cliniche informatizzate e degli accessi al Pronto Soccorso, disponibili in molti ospedali. Anche in questo il Ministero per l'Innovazione e la Digitalizzazione (MID) può svolgere un ruolo importante fornendo una piattaforma informatica e strumenti di analisi inclusa l’intelligenza artificiale.

L’integrazione di tutti i sistemi informativi sanitari con i sistemi di sorveglianza dei casi e dei contatti sarebbe essenziale non solo per monitorare l’efficacia e l’efficienza della sorveglianza stessa, ma anche per analizzare i fattori di rischio dell’incidenza e della letalità per COVID-19. È utile ricordare che dal 2017 è in vigore un decreto che prevede l’integrazione di tutti i sistemi informativi disponibili a livello nazionale, ma da allora non vi è stato progresso nella interconnessione dei sistemi e la loro funzionalità.

Campione di popolazione e stima di prevalenza

Molti, compresa l'Organizzazione Mondiale della Sanità, hanno suggerito di condurre un’indagine a campione nella popolazione con diversi scopi:

  1. monitorare e studiare i comportamenti durante il lock-down;
  2. stimare la prevalenza dell’infezione o della immunizzazione.

Un’indagine con i tamponi offre una stima degli infetti in un dato istante e dipende strettamente dalla fase dell’epidemia in cui viene effettuata. Non pare utile in questo momento anche se è stata molto informativa a Vo’ Euganeo. Un’indagine campionaria tramite test sierologici (anticorpi) è proposta attualmente dalla Associazione Italiana di Epidemiologia insieme al SSN, seguendo le indicazioni dell’OMS. Essa può essere condotta in aree a diversa fase dell’epidemia: Nord (verso l’attenuazione della pandemia), Centro (con pandemia più contenuta) e Sud, dove potrebbe esservi a breve un’estensione del contagio.

Speriamo che intorno a questi punti si possa realizzare un rapido consenso e si passi alla fase attuativa.

Ringrazio Stefania Salmaso, Francesco Forastiere, Marina Davoli, Ruggero De Maria e Salvo Scondotto per gli scambi di idee ed esperienze.

Note
1. Imperial College Report No. 9 
2. Imperial College Report No. 13 
3. COVID-19: la mortalità giornaliera nelle città italiane in tempo reale, Epidemiologia e Prevenzione 
 

 


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