Sui 20 componenti del Comitato tecnico scientifico a supporto del Dipartimento della Protezione Civile per l'emergenza Covid, 20 sono uomini. La scelta sarebbe irricevibile in molto Paesi, dove vigono regole per evitare il manelism (panel di soli uomini). Immagine di Sergio Cima.
Quando parlo della conquista della Luna (avvenuta nel luglio 1969) faccio sempre vedere la foto di gruppo degli astronauti che hanno partecipato al progetto Apollo. Davanti a tre dozzine di esemplari di maschietti americani bianchi, il mio commento è invariabilmente che la parità di genere nello spazio può solo migliorare. Dopo decenni di tentennamenti, si direbbe che la NASA abbia finalmente imparato la lezione. Le ultime due classi di astronauti che sono state selezionate contengono un ugual numero di donne e di uomini e l’Amministratore della NASA ha assicurato che almeno una donna farà parte dell’equipaggio che tornerà sulla Luna.
Più in generale, la NASA è molto attenta alle pari opportunità e segue le filosofia della affirmative action: non obbliga i team che chiedono fondi a includere donne e membri delle minoranze, ma piuttosto premia quelli che lo fanno, che hanno, quindi, più probabilità di ottenere i finanziamenti.
Chissà se la NASA offre un corso online sul suo approccio alla parità di genere, se ci fosse sarebbe oltremodo opportuno che qualcuno del management della nostra Protezione Civile lo seguisse, dal momento che sembra che siano completamenti digiuni dei principi fondamentali su questo argomento.
Trovo un esempio eclatante di questa ignoranza nell’ordinanza 663 del 18 aprile 2020, che ha ridefinito la composizione del Comitato tecnico scientifico (Cts) per supportare il Capo del Dipartimento nelle attività finalizzate al superamento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Scorrendo la lista dei 20 esperti, pubblicata nel sito del Ministero della salute ci si rende conto che sono tutti rigorosamente maschi. La cosa stupisce dal momento che tutti dicono quanto importante sia il contributo femminile nelle corsie degli ospedali e nei laboratori di analisi, dove si combatte la battaglia contro il coronavirus. Le signore sono benvenute a contribuire ma non a partecipare alla gestione dell’emergenza, dove magari avrebbero da offrire una diversa visione dei problemi e un diverso approccio alla loro soluzione.
Ricordiamoci che è stata recentemente prorogata la validità della legge Golfo-Mosca che prevede dei vincoli di genere (le “quote di genere” o “quote rosa”) negli organi di amministrazione e negli organi di controllo delle società quotate in mercati regolamentati e delle società costituite in Italia.
Si può obiettare che il Cts della Protezione Civile non è un Consiglio di Amministrazione, tuttavia è difficile non chiedersi come sia possibile, nel 2020, pensare di formare un comitato di soli uomini. Il peggio è che forse non l’hanno nemmeno fatto apposta, semplicemente non hanno prestato attenzione alla cosa. Secondo la schema dello old boy network (il circolo dei vecchi amici), si scelgono persone che si conoscono nel proprio ambiente, senza spingere oltre lo sguardo.
In più, per la formazione del Cts, non mi sembra sia stato mai esplicitato il criterio con cui sono stati scelti i componenti, né se questi rappresentino se stessi oppure gruppi di eccellenza (a prevalenza maschile, si direbbe).
Come risultato, alla Protezione civile si sono dotati di un Manel, così si chiamano i Panel formati da soli uomini (nel gergo delle conferenze americane).
Per fortuna non hanno avuto l’idea di invitare Francis S. Collins, direttore dei National Institutes of Health (NIH), un'istituzione prestigiosa e importantissima che domina il panorama della ricerca biomedica americana. Si sarebbero visti chiudere la porta in faccia, perché Collins ha adottato un chiaro codice di condotta intitolato Time to end the Manel tradition dove dice che non parteciperà più a tavole rotonde composte da soli uomini.
La Protezione Civile avrebbe molto da imparare dal Direttore dei National Institutes of Health.