fbpx Covid-19 e antipertensivi sartani | Scienza in rete

Errori cognitivi e terapie: il caso degli ACE inibitori

Un recente editoriale del New England Journal of Medicine invita i medici  a sorvegliare sui possibili errori cognitivi cui li espone la massiccia esposizione a informazioni in arrivo da fonti di varia affidabilità, come è avvenuto nel caso dell'allarme lanciato a marzo sulla potenziale pericolosità delle terapie antipertensive con ACE inibitori e sartani.
Crediti immagine: Anna Shvets/Pexels. Licenza: Pexels License

Tempo di lettura: 8 mins

Durante la Grande depressione, Franklin D. Roosvelt ammoniva: “Assumi un metodo e perseguilo. Se fallisce, ammettilo con franchezza e provane un altro. Ma, in ogni modo, tenta qualcosa”.

Può l’approccio “prova e sbaglia”, forse appropriato in economia e in politica, essere applicato anche alle decisioni mediche durante una pandemia? Non dovrebbero, invece, i medici accettare l’incertezza in modo razionale, mantenendo alta la guardia contro l’istintivo desiderio di trovare prove dove ci sono solo caso e coincidenze? Ivry Zagury‐Orly e Richard M. Schwartzstein si pongono queste domande in un recente editoriale del New England Journal of Medicine, opportunamente intitolato “A reminder to reason”: gli autori, entrambi dell’Harvard Medical School, invitano i medici a sorvegliare sui possibili errori cognitivi cui li espone la massiccia esposizione a informazioni in arrivo da fonti di varia affidabilità.

Il primo di essi è la cosiddetta euristica della disponibilità (in inglese availability bias), una scorciatoia mentale che fa condizionare il processo decisionale dalle informazioni più recenti e quindi più facilmente disponibili alla memoria; il secondo è il fissarsi sulla diagnosi di Covid-19 anche se i test non la confermano (“ci sono tanti falsi negativi!”) tralasciando, così, di esplorare la diagnosi differenziale; il terzo errore cognitivo è il confirmation bias, per cui si considerano più credibili le informazioni che avallano l’ipotesi preconcetta e si trascurano quelle che la contraddicono.

Terapie empiriche e danni collaterali

Sulla base di una loro efficacia in vitro o in altri contesti infettivi, sono state usate in tutto il mondo molte terapie empiriche per Covid-19 (clorochina, idrossiclorochina, azitromicina, lopinavir-ritonavir e inibitori dell’interleuchina 6), al di fuori di indicazioni e protocolli autorizzati, ma anche di sperimentazioni idonee a produrre prove scientifiche della loro efficacia in vivo. Tacendo dei potenziali danni collaterali di questi farmaci (tra cui aritmie cardiache e peggioramento delle infezioni), questo modo di prescrivere impedisce che si compiano reali passi avanti nella cura delle recidive dell’epidemia; vi sono allarmanti precedenti nell’epidemia da coronavirus SARS-CoV del 2003: gli studi mal condotti per mancanza di bracci di controllo non sono riusciti a distinguere gli effetti avversi da ribavirina e da cortisone dalle manifestazioni della malattia stessa.

Se, poi, sono in corso sperimentazioni formali, come lo studio clinico randomizzato e controllato e in cieco su remdesivir (un antivirale che potrebbe agire anche contro l’interleuchina 6), è bene resistere alla tentazione di comunicare risultati parziali o aneddotici, per salvaguardare l’utilità dei risultati definitivi. L’editoriale del NEJM esorta i medici a far prevalere la ragione sull’ansia di fare comunque qualcosa per i propri pazienti: il rischio è che l’agire clinico passi dall’imperativo ippocratico “primo, non nuocere” al pragmatismo impotente del “cosa abbiamo da perdere”.

L'iniziale allarme sugli ACE-inibitori

Un esempio dei guai che gli errori cognitivi citati dagli studiosi bostoniani possono portare con sé è l’allarme (per fortuna presto ridimensionato dalle principali società cardiologiche mondiali) che era scattato ai primi di marzo sulla potenziale pericolosità delle terapie antipertensive con ACE inibitori e sartani. Questi farmaci erano sospettati di facilitare l’infezione e di peggiorare il decorso di Covid-19, in base ad alcune osservazioni preliminari:

  • il virus sfrutta l’ACE2 per entrare nelle cellule
  • l’ACE2 è elevato nei soggetti in terapia con sartani e ACE inibitori 
  • i dati primi cinesi segnalano l’ipertensione tra i fattori di rischio nei pazienti con il maggior rischio di decesso

Come si sa, correlation is not causation: un editoriale del 18 marzo dell’European Heart Journal ha chiarito che probabilmente il fattore prognostico più sfavorevole è l’età avanzata e che ipertensione arteriosa, diabete mellito e cardiopatia ischemica sono il frequente corollario dell’invecchiamento. Il 17 aprile è stata pubblicata su Circulation Research un’analisi su oltre 3.611 pazienti affetti da Covid-19 nella provincia di Hubei, in Cina: 2.302 di loro non erano ipertesi e, dei 1.128 con pressione alta, solo 188 erano in terapia con ACE inibitori e sartani. Gli autori, per di più, hanno rilevato che la terapia con ACE inibitori e sartani riduceva: 

  • la frequenza di polmoniti bilaterali e dispnea 
  • la mortalità a 28 giorni per Covid (3,7% negli ipertesi trattati vs 9,8% nei non trattati) 
  • la mortalità per tutte le cause 
  • la percentuale di shock settico e di coagulopatia intravasale disseminata

Pur ammettendo i limiti di uno studio retrospettivo, è possibile trarne, quanto meno, una conclusione: gli ipertesi che assumono ACE inibitori e sartani possono continuare a farlo in tranquillità. Lo confermano anche due recentissimi studi: il primo, pubblicato sul NEJM a firma italiana, è uno studio caso controllo su 6.272 ammalati lombardi con grave sindrome respiratoria da SARS-CoV-2 e quasi 31.000 controlli. Nonostante il frequente politrattamento dei casi, l’indagine non ha trovato nessuna correlazione tra l’uso di questi antipertensivi e l’infezione o la sua evoluzione. Alla stessa conclusione è arrivato il secondo studio, pubblicato sul Lancet, che ha esaminato 1.139 ricoveri consecutivi per Covid-19 in 7 ospedali di Madrid e, come controlli, 11.390 ricoverati del 2018.

E se gli ACE-inibitori avessere un ruolo protettivo nei confronti di Covid-19?

Vale la pena di soffermarsi sulla possibilità (addirittura una probabilità, stando a un articolo del New England Journal of Medicine) inversa, ossia che i sartani abbiano un ruolo protettivo nei pazienti con Covid-19. Essa trae origine dal rapporto tra l’infezione virale e l’asse renina-angiotensina, che gli studi effettuati sull’epidemia da coronavirus SARS del 2002-2003, in parte simile all’attuale, hanno parzialmente chiarito. Il punto cruciale di questo rapporto è costituito dall’ACE2, l’Angiotensin-Converting Enzyme 2, identificato nel 2000 come punto di equilibrio della via che conduce all’angiotensina.

In sintesi, l’ACE2 controbilancia gli effetti negativi dell’angiotensina 2 (che si è formata per opera dell’enzima ACE a partire dall’angiotensina 1 quando si lega ai recettori AT1. Tale legame ha un ruolo nell’indurre ARDS (sindrome da distress respiratorio acuto), poiché:

  1. induce vasocostrizione e quindi ipoperfusione polmonare
  2. aumenta la permeabilità e quindi l’edema alveolare
  3. ha un’azione pro-infiammatoria sugli alveoli (alveolite)
  4. induce apoptosi delle cellule alveolari
  5. induce fibrosi connettivale (principale e più grave sequela dell’infezione)

L’ACE2 agisce da freno, convertendo l’angiotensina 2 in angiotensina 1-7, che, legandosi a recettori diversi, chiamati AT2 e Mas, determina effetti opposti: vasodilatazione, inibizione della fibrosi polmonare, azione antinfiammatoria e forse anche effetti antiaritmici e cardioprotettivi. Sia i farmaci ACE inibitori sia i sartani aumentano la disponibilità di livelli di ACE2, ma mentre gli ACE inibitori lo fanno bloccando l’azione dell’ACE (con conseguente riduzione dei livelli di angiotensina 2), i sartani bloccano direttamente il recettore AT1.

Come già dimostrato per il coronavirus precedente, anche il SARS-COV-2 si lega all’ACE2 presente nelle cellule alveolari: si potrebbe, quindi, ipotizzare che un aumento della disponibilità dell’ACE2 faciliti l’infezione e/o le sue complicanze polmonari. Si è visto, al contrario, che la maggiore gravità e letalità dell’infezione nei soggetti cardiopatici sono associate a bassi livelli di ACE2 e che l’infezione stessa da SARS-COV2 causa una riduzione dei livelli di ACE2.

In modelli murini è stato dimostrato che, a parità di stimolo lesivo alveolare, nei topi privi del gene che codifica per ACE2 il danno polmonare si estende più rapidamente e che i sartani attenuano il danno alveolare indotto dagli stimoli lesivi. Allo stesso modo, la diminuzione dell’ACE2 indotta dall’infezione da coronavirus può portare a un eccesso di angiotensina 2, che accelera il danno alveolare, agendo sui recettori AT1. Poiché i sartani bloccano l’azione dei recettori AT1, proprio quelli responsabili del danno alveolare, è possibile ipotizzare, anche nell’uomo, una loro azione protettiva dall’ARDS da Covid-19. Fatto salvo che i modelli animali non coprono tutte le varianti in gioco nella clinica umana, il possibile effetto benefico di questa classe di farmaci vale la pena di essere indagato.

 

Bibliografia 
Mancia G et al. Renin–angiotensin–aldosterone system blockers and the risk of Covid-19. New Engl J Med May 1, 2020 DOI: 10.1056/NEJMoa2006923
Zhang P et al. Association of Inpatient Use of Angiotensin Converting Enzyme Inhibitors and Angiotensin II Receptor Blockers with Mortality Among Patients With Hypertension Hospitalized With COVID-19 [published online ahead of print, 2020 Apr 17]. Circ Res. 2020;10.1161/CIRCRESAHA.120.317134
Zhang H et al. Recombinant human ACE2: acing out angiotensin II in ARDStherapy. Crit Care. 2017 Dec 13;21(1):305
 Zheng YY et al. COVID-19 and the cardiovascular system. NatRev Cardiol. 2020 Mar 5
Imai Y et al. The discovery of angiotensin-converting enzyme 2and its role in acute lung injury in mice. Exp Physiol. 2008 May;93(5):543-8
Hoffmann M et al. SARS-CoV-2 Cell Entry Depends on ACE2 and TMPRSS2 and Is Blocked by a ClinicallyProven Protease Inhibitor. Cell. 2020 Mar 4
Chamsi-Pasha MA et al. Angiotensin-converting enzyme 2 as atherapeutic target for heart failure. Curr Heart Fail Rep. 2014; 11: 58-63
Kuba K, Imai Y, Penninger JM. Angiotensin-converting enzyme 2 in lung diseases. Curr Opin Pharmacol. 2006; 6: 271-76
Imai Y et al. Angiotensin-converting enzyme 2 protects from severe acute lungfailure. Nature 2005; 436: 112-16
Kuster GM et al. SARS-CoV2: should inhibitors of the renin-angiotensin system be withdrawn in patients with COVID-19? [published online ahead of print, 2020 Mar 20]. Eur Heart J. 2020;ehaa235. doi:10.1093/eurheartj/ehaa235
Sun P et al. Clinical characteristics of 50466hospitalized patients with 2019-nCoV infection. J Med Virol. 2020 Feb 28
Schouten LR et al. for MARS consortium. Age-dependent differences in pulmonaryhost responses in ARDS: a prospective observational cohort study. Ann IntensiveCare. 2019 May 14;9(1):55
Ferrario CM et al. Effect of angiotensin-converting enzyme inhibition andangiotensin II receptor blockers on cardiac angiotensin-converting enzyme 2. Circulation 2005; 111: 2605-10
Liu L et al. Losartan, an antagonist of AT1receptor for angiotensin II, attenuates lipopolysaccharide-induced acute lunginjury in rat. Arch Biochem Biophys. 2009; 481: 131-36
Gurwitz D. Angiotensin receptor blockers as tentative SARS-CoV-2 therapeutics. Drug Dev Res. 2020 Mar 4. doi: 10.1002/ddr.21656
Vaduganathan M et al. Renin-Angiotensin-Aldosterone System Inhibitors in Patients with Covid-19. N Engl J Med. 2020 Apr 23;382(17):1653-1659. doi: 10.1056/NEJMsr2005760 
Watkins J. Preventing a covid-19 pandemic. BMJ. 2020 Feb 28;368:m810
Wang D et al. Renin-angiotensin-system, a potential pharmacological candidate, in acute respiratory distress syndrome during mechanical ventilation. Pulm Pharmacol Ther 2019; 58: 101833
de Abajo F et al. Use of renin–angiotensin-aldosterone system inhibitors and risk of COVID-19 requiring admission to hospital: a case-population study. www.thelancet.com14, 2020 https://doi.org/10.1016/ S0140-6736(20)31030-8

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Responsibility for the damages caused by climate change and attribution science

Disputes and legal actions concerning climate change are on the rise, as are those aimed at obtaining compensation for damages caused by specific atmospheric events from parties believed to be responsible. This is a result of the findings of attribution science, a discipline aimed at clarifying the causal relationship between the occurrence of extreme weather events and climate change.

Image credits: Markus Spiske on Unsplash

In an article from ten years ago, addressing the issue of climate litigations, the legal disputes concerning climate change, the author noted that most of them were brought against governments to introduce limits or controls on greenhouse gas emitting activities or against companies involved in their production (especially oil multinationals) to comply with existing regulations.