Misurazione della temperatura a un marinaio della portaerei statunitense T. Roosvelt.
In una lettera al New England Journal of Medicine, i medici giapponesi che hanno preso in carico passeggeri ed equipaggio della nave da crociera Diamond Princess, hanno raccontato l’evoluzione clinica dei 96 soggetti trovati positivi al virus con tampone nasofaringeo, ma clinicamente asintomatici, trasportati in osservazione in un ospedale giapponese. Undici di queste persone hanno sviluppato sintomi da 3 a 5 giorni dopo il tampone (quindi, in realtà, erano presintomatici); tutti gli altri sono rimasti asintomatici fino all’eliminazione del virus, provata da due tamponi negativi in successione. Il rischio di sviluppare sintomi aumentava con l’età. Il 27% dei positivi asintomatici aveva condizioni mediche coesistenti come ipertensione e diabete. Il 90% degli infettati è tornata negativa al tampone dopo 15 giorni, ma le persone d’età avanzata hanno impiegato più tempo a liberarsi del virus. Dei 32 compagni di cabina dei positivi, inizialmente negativi al test, 8 sono divenuti positivi entro tre giorni, ma rimanendo asintomatici.
La definizione di asintomatico riguarda le manifestazioni cliniche di malattia e non tiene conto delle lesioni polmonari spesso presenti in questi soggetti, ma rilevabili solo alla TC: più della metà delle 76 persone positive asintomatiche della Diamond Princess che sono state sottoposte a tomografia toracica avevano anormalità polmonari subcliniche.
Tutti gli studi confermano l’infettività degli asintomatici
I dati giapponesi concordano con quelli riferiti da Daniel P. Oran ed Eric J. Topol, in uno lavoro pubblicato su Annals of Internal Medicine: è spesso impossibile distinguere gli asintomatici dai presintomatici, futuri malati che potrebbero essere identificati solo da uno studio longitudinale sufficientemente protratto nel tempo. Consapevoli di tutti i limiti statistici, diagnostici e di follow-up del loro lavoro, i due autori lo hanno intitolato “rassegna narrativa”. Si tratta del resoconto degli studi sull’argomento “assenza di sintomi in soggetti positivi” pubblicati in rete dal 19 aprile al 26 maggio, da cui emergono i dati di una serie di coorti come Islanda, Vo’ Euganeo, Diamond Princess, rifugi per i senzatetto di Boston e di Los Angeles, centro ostetrico di New York City, portaerei Theodore Roosvelt, portaerei Charles De Gaulle, cittadini giapponesi evacuati da Wuhan, cittadini greci evacuati da Spagna, UK e Turchia, pensionato per infermieri di Washington, detenuti in Arkansas, North carolina, Ohio e Virginia, impiegati e studenti della Rutgers University, residenti dell’Indiana, nave da crociera argentina, residenti di un distretto di San Francisco.
In particolare, la coorte di Vo’, con la ripetizione dei tamponi ai residenti a distanza di tempo, sembra confermare che gli asintomatici sono in grado di trasmettere il virus ad altri. Stesso risultato sulla nave T. Roosvelt, dove gli asintomatici hanno infettato altri per un periodo che supera le due settimane. L’età dei casi asintomatici di molte coorti fanno pensare che la gravità clinica aumenti con l’età e abbia a che fare anche con il genere (risparmiando le femmine). Ma la verità è che non si sa perché, a parità di età e di condizioni fisiche, alcuni non sviluppano sintomi e altri hanno bisogno della respirazione assistita.
Le coorti più rappresentative non sono quelle confinate a priori, ma quelle di popolazione generale, come Islanda, Indiana e Vo’: proprio dalla media dei loro dati emerge una percentuale stimata di 40-45% di asintomatici, che va corretta a 30% se si tiene conto della commistione con i presintomatici.
Mascherina per tutti
Il report di Oran e Topol è stato molto criticato per le stesse ragioni ammesse dagli autori: inattendibilità dei risultati dei tamponi per ingente proporzione di falsi postivi oltre che di falsi negativi, mancanza di follow-up con perdita dei presintomatici, coorti troppo confinate (carceri), impossibilità di inquadramento anamnestico dei soggetti implicati nella ricerca, ecc.
Comunque sia e in attesa di studi più rigorosi, sulla base del rischio diffusivo della circolazione degli infetti asintomatici, lo stesso Eric Topol ha ribadito in un tweet il suo convincimento che l’uso delle mascherine indossate in tutte le occasioni di vicinanza fisica con altre persone sia l’unico efficace freno all’epidemia, finché non sarà possibile testare tutta la popolazione.
Efficacia della mascherina nell'abbassare il numero di riproduzione dell'infezione a seconda che la mettano tutti o solo i sintomatici. Fonte: Proceedings of the Royal Society (vd. bibliografia).
La gaffe dell’OMS
Suona quindi come una gaffe quanto sostenuto da Maria Van Kerkhove, consulente della squadra tecnica anti Covid-19 dell'Organizzazione mondiale della sanità, durante la conferenza stampa virtuale dell’8 giugno 2020. La Van Kerkhove ha stimato come asintomatico il 16% della popolazione, e ha continuato dicendo che l’ipotesi che il 40% dei contagi sia causato da asintomatici proviene da modelli matematici e non è stato provato da rilevazioni reali. Kerkhove ha concluso il suo intervento dicendo che, dai dati in suo possesso, risulta molto raro che un asintomatico trasmetta l’infezione.
La spiegazione di questa spiazzante dichiarazione sta nella chiosa fatta da Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’OMS, che riporta alla distinzione tra asintomatici, presintomatici e pauci sintomatici. Secondo Guerra, gli asintomatici veri non sono molti e probabilmente sono tali perché hanno una carica virale così bassa da non costituire un serio pericolo per il prossimo. La strategia che l'OMS ritiene vincente è quella di indurre i governi a concentrare i loro sforzi nel tracciamento e nell’isolamento dei casi sintomatici.
Leggendo la trascrizione della conferenza stampa, si arriva alla conclusione, condivisa da una rivista intelligente come il New Yorker, che, come spesso è successo, estrapolare una frase innesca un’inutile polemica: che gli individui infetti ma senza sintomi possano diffondere l’infezione, l’OMS lo sa bene e lo ha ribadito Michael Ryan, epidemiologo irlandese veterano delle epidemie di Ebola e delle campagne antipolio, in un Facebook live organizzato in tutta fretta dopo le sollevazioni contro le dichiarazioni della collega, quando ha asserito: “È chiaro che sia i sintomatici sia gli asintomatici sono parte del ciclo di trasmissione”.
Il nocciolo della questione sta, ancora una volta, nella comunicazione: la risposta dell’epidemiologa statunitense, trasandata e sbrigativa, che cita fonti “attendibili” che però non sono rivelate e che non tiene conto (ma ancora oggi, dopo 400.000 morti?!) del potere delle parole, si configura come l’ennesimo errore comunicativo dell’OMS. Creare un alibi alla gente per abbassare la guardia (se non tossisco e mi sento in forma, a che servono il distanziamento e la mascherina?) è particolarmente pericoloso se si pensa che, se una persona, invece che asintomatica è presintomatica, si trova proprio nel momento in cui la sua carica virale è massima e massima è la sua contagiosità.