L'intervento di Vincenzo Balzani, di energiaperlitalia, agli Stati Generali tenutisi il 21 giugno: man mano che si esce dalla crisi sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19, si sente più auspicato il "ritorno alla normalità". Ma quale normalità? Quella della crisi ecologica e sociale?
Crediti immagine: Gordon Johnson/Pixabay
In una famosa fotografia della NASA, scattata dalla sonda spaziale Cassini quando si trovava a una distanza di 1,5 miliardi di chilometri dalla Terra, il nostro pianeta appare come un puntino blu-pallido nel buio cosmico. È molto interessante e anche istruttivo guardare le foto della Terra prese da molto lontano, perché ci si rende conto di quale sia la nostra condizione: siamo passeggeri di una astronave che viaggia nell’infinità dell’Universo. Si tratta di un'astronave del tutto speciale che non potrà mai atterrare da nessuna parte, non potrà mai attraccare a nessun porto per far rifornimento o scaricare rifiuti. E se qualcosa non funziona o si rompe dobbiamo ripararla da soli, senza neppure scendere. Penso che si dovrebbe mostrare questa foto in cui la Terra appare come un puntino e si dovrebbe commentare questo concetto della Terra come Astronave in tutte le scuole e, ancor più, nei corsi universitari che aprono alla carriera politica.
Ritorno alla normalità?
Recentemente sul nostro pianeta si è diffuso un virus, SARS-CoV-2, che ha provocato una crisi sanitaria dalla quale stiamo uscendo a fatica. Man mano che la crisi si attenua, si sente sempre più frequentemente auspicare un “ritorno alla normalità”, cioè alla situazione precedente allo sviluppo della pandemia.
Molti dimenticano che la cosiddetta normalità era caratterizzata da altre due crisi: la crisi ecologica e la crisi sociale. Due crisi certamente non meno gravi di quella sanitaria provocata dal virus che ha causato circa 190 mila morti in Europa e 35 mila in Italia. Cifre che hanno impressionato l’opinione pubblica, almeno quella parte di opinione pubblica che non sa che l’inquinamento causa in Europa ogni anno circa 650 mila morti, quindi 3 volte di più di quelli provocati dal virus. In Italia, le vittime della pandemia, circa 35 mila, sono state meno della metà di quelle, circa 80 mila, causate ogni anno dall’inquinamento.
La pandemia certamente sta facendo anche molti danni sociali, ma ricordiamo che prima della pandemia, cioè nella situazione di normalità a cui molti dicono di voler tornare, in Italia c’erano 5 milioni di persone in povertà assoluta e altri 9 milioni in povertà relativa, e che l’1% più ricco possedeva quanto il 70% più povero.
Non ha senso, poi, tornare alla cosiddetta normalità anche perché è scientificamente accertato che sono proprio le due crisi ecologica e sociale che causano e propagano le pandemie. Secondo gli scienziati, infatti, il virus è passato da animali selvatici all’uomo a causa dei nostri errori nel rapporto con la Natura: degradazione dell’ambiente, cambiamento climatico, esagerata antropizzazione del suolo, perdita di biodiversità, abbattimento delle foreste, sproporzionato uso delle risorse, crescente consumo di prodotti animali, anche selvatici da parte dei più poveri.
I virus sono in qualche modo “profughi” della distruzione ambientale causata dalla progressiva occupazione dell’uomo di tutti gli ambienti naturali. Stavano bene nelle foreste e nei corpi di alcuni animali selvatici, li abbiamo costretti a uscire dai loro habitat e hanno colto l’occasione per moltiplicarsi nei nostri corpi. Ricordo che in un suo recente libro un grande scienziato, Edward Wilson, propone provocatoriamente di lasciare metà della Terra alla Natura se vogliamo vivere bene in questo pianeta.
Tutto questo ci dice che dobbiamo cogliere l’uscita dalla pandemia come un’opportunità per cercare di rimediare alle crisi ecologica e sociale, per correggere cioè il nostro modello di sviluppo e per avviarci verso l’imprescindibile obiettivo della sostenibilità, ecologica e sociale. Infatti, come ha scritto papa Francesco nell’enciclica Laudato si’:
Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale che va affrontata con una visione unitaria dei problemi ecologici ed economici
Le tre necessarie transizioni
Per uscire dalla crisi ecologica e sociale dobbiamo compiere tre passi concreti in avanti, verso il futuro: come ci ricordano Greta e gli altri ragazzi di Fridays for Future, è un dovere che abbiamo nei confronti dei nostri giovani. I tre passi che dobbiamo fare sono tre transizioni per correggere il nostro modello di sviluppo: la transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, la transizione economica dall’economia lineare alla economia circolare e infine, la transizione culturale dal consumismo alla sobrietà.
La transizione energetica
I combustibili fossili sono molto comodi da usare, ma da più di 30 anni ci siamo accorti che il loro uso causa due gravi problemi: l’inquinamento, a cui si è già accennato, e il cambiamento climatico.
Oggi nel mondo consumiamo, ogni secondo che passa, e i secondi passano in fretta, 250 tonnellate di carbone, 1000 barili di petrolio e 105.000 metri cubi di gas metano producendo, sempre ogni secondo, 1000 tonnellate di anidride carbonica, CO2. Questo gas, immesso nell’atmosfera, avvolge il globo terrestre come un mantello che permette ai raggi solari di raggiungere il suolo, ma poi impedisce al calore di uscire. L’accumulo di anidride carbonica attorno alla Terra provoca quindi un effetto serra che produce il cambiamento climatico.
Nel dicembre 2015, dopo 25 anni di discussioni, 196 Paesi riuniti sotto l’egida dell’ONU hanno elaborato un accordo, noto come Accordo di Parigi, con il quale si riconosce nel cambiamento climatico il pericolo più grave per l’umanità. Come è ben noto, il cambiamento climatico causa lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello dei mari, l’avanzamento della siccità in molte regioni del mondo, eventi metereologici violenti e, se non lo fermiamo, causerà danni irreversibili al pianeta.
Sotto l’egida dell’ONU si è formato da tempo anche un panel di scienziati, il famoso IPCC, che studia l’andamento del cambiamento climatico e suggerisce ai politici cosa si dovrebbe fare per fermarlo. Nell’enciclica Laudato si’, scritta con la consulenza di molti bravi scienziati, papa Francesco afferma con forza che
I combustibili fossili devono essere sostituiti senza indugio, ma che la politica e l’industria rispondono con lentezza, lontane dall’essere all’altezza delle sfide
Abbandonare l’uso dei combustibili fossili, dai quali otteniamo gran parte (circa 80%) dell’energia che usiamo, può sembrare un problema che non ha soluzione; la soluzione, invece, c’è: consiste nello sviluppare e utilizzare, al posto dei combustibili fossili, le energie rinnovabili fornite dal Sole, dal vento e dalla pioggia. Queste energie non producono CO2 e neppure inquinamento; per di più, forniscono direttamente energia elettrica, una forma di energia molto più efficiente del calore generato dai combustibili fossili.
Gli scienziati hanno dimostrato che non solo questa transizione si può fare, ma anche che, oltre a eliminare inquinamento e frenare il cambiamento climatico, è molto vantaggiosa per altri motivi. Stime concordi di molti economisti, fra i quali il premio Nobel J. Stiglitz, valutano infatti che le energie rinnovabili, a parità di capitale investito, creano 3 volte più occupati delle fonti fossili, per cui gli investimenti nelle energie rinnovabili sono anche i più efficaci per il rilancio dell’economia.
Un gruppo della Università di Stanford ha fatto un’indagine dettagliata sui benefici che la transizione porterà in vari paesi. Per quanto riguarda l’Italia, lo studio afferma che l’energia necessaria si può ricavare essenzialmente da eolico, fotovoltaico e idroelettrico, con un piccolo contributo di geotermico. Ha anche valutato che per la costruzione degli impianti necessari si occuperà non più dello 0,26% del territorio, che si creeranno 138.000 posti di lavoro per la costruzione degli impianti e altri 140.000 per il funzionamento.
La transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è però fortemente ostacolata dalla lobby dei combustibili fossili (in Italia, da ENI). Per cui siamo in una strana situazione in cui il futuro, cioè le energie rinnovabili, è già presente, ma il passato, cioè i combustibili fossili, non vuole passare. Il passato non vuole passare perché ci sono in gioco enormi interessi, non solo economici.
Poiché non c’è spazio per entrare nei dettagli, si ricorda solo che l’AD di ENI, nelle numerose interviste rilasciate ai giornali anche nelle ultime settimane, insiste sul fatto che le energie rinnovabili non sono ancora mature, per cui, secondo lui, bisognerà andare avanti ancora per molti decenni con i combustibili fossili. Per smentire questa favola delle energie rinnovabili non mature, basta fare un semplice confronto: la fotosintesi naturale converte l’energia solare in energia chimica con un’efficienza energetica dello 0,2%, mentre il fotovoltaico converte l’energia solare in energia elettrica con un’efficienza del 20%, cioè 100 volte maggiore! A ciò si può aggiungere un altro numero: attualmente gli impianti fotovoltaici installati nel mondo generano una quantità di elettricità pari a quella generata da 170 centrali nucleari, senza produrre scorie radioattive e senza produrre anidride carbonica. Quindi, per favore, l’AD di ENI smetta di dire che le energie rinnovabili non sono mature; si renda conto, piuttosto, che il fotovoltaico è un formidabile successo dell’ingegno umano e un'innovazione veramente grande che contribuirà a eliminare l’uso dei combustibili fossili.
Italia ed Europa, prima della pandemia, non si sono mostrate particolarmente attive nel promuovere la transizione energetica. Il nostro gruppo energiaperlitalia ha fortemente criticato il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) perché, anche se contiene elementi positivi, è formulato in modo che la fonte prevalente di energia in Italia rimarranno i combustibili fossili non solo nel 2030, ma anche fino al 2040. È evidente che nella stesura di questo piano energetico del Governo ci sono state forti pressioni della lobby dei combustibili fossili.
Ora le cose, almeno a livello europeo, sono cambiate. È stato lanciato un piano ben finanziato, il Green Deal europeo, che è una strategia articolata per azzerare le emissioni entro il 2050, ridurre l’inquinamento, proteggere il pianeta e far sì che la transizione energetica sia socialmente giusta e inclusiva. L’Italia non deve perdere questa occasione che, fra l’altro, può fare emergere le grandi potenzialità della nostra industria manifatturiera: fotovoltaico, eolico, sistemi di accumulo dell’energia elettrica e tutto quello che riguarda le energie rinnovabili si basano infatti su questo tipo di industria, in cui noi siamo maestri.
Abbiamo visto con piacere in questi giorni che è stato presentato un progetto per la costruzione di un parco eolico nell’Adriatico al largo di Rimini: 59 pale alte 125 metri capace di generare 330 MW. Un ottimo progetto, al quale naturalmente si oppongono i conservatori che non sanno vedere la bellezza delle pale eoliche e ai quali, comunque, va detto che se non vogliono le energie rinnovabili dovranno tenersi i combustibili fossili con inquinamento e cambiamento climatico, oppure vivere al buio. A questo proposito ricordiamo che oggi l’eolico a livello mondiale fornisce al mondo una quantità di energia elettrica pari a quella che sarebbe generata da 270 centrali nucleari.
Quindi, il suggerimento di energiaperlitalia è questo: il Governo per rilanciare l’economia e aumentare i posti di lavoro deve favorire e sviluppare la produzione e l’uso delle energie rinnovabili. In Europa dovremo opporci, come dice il segretario dell’ONU, a ogni tentativo che gli aiuti post coronavirus vadano alle industrie e alle attività che inquinano. Naturalmente, questo dovremo farlo anche noi in Italia.
Ricordiamo che, secondo dati del Ministero, nel 2018 i sussidi e le agevolazioni a fonti energetiche con impatto ambientale negativo (essenzialmente i combustibili fossili) ammontavano a 16,9 miliardi, mentre quelli a favore di fonti con impatto ambientale favorevole (cioè le energie rinnovabili) erano di 13,7 miliardi. Quindi siamo all’assurdo che i combustibili fossili, responsabili dei danni alla salute e del cambiamento climatico, sono addirittura più incentivati delle energie rinnovabili che, invece, ci salveranno da queste sciagure. Riteniamo anche che nel Green Deal europeo l’Italia deve assumere un ruolo di leader, se non altro perché abbiamo molto più Sole di quello che hanno gli insopportabili “paesi frugali”.
La transizione economica
Dall’economia lineare all’economia circolare
Un altro punto da mettere all’ordine del giorno nel rilancio dell’economia post-virus è la transizione dall’economia lineare caratterizzata dall’usa e getta all’economia circolare. Non è possibile continuare con «l’usa e getta» perché è un sistema ecologicamente insostenibile: porta da una parte all’esaurimento delle risorse e dall’altra all’accumulo di quantità enormi di rifiuti, sempre dannosi. Senza soffermarsi su questo punto che dovrebbe essere stato discusso nei giorni scorsi, si vuole solo sottolineare due aspetti del problema. Il primo è che per il successo dell’economia circolare non è sufficiente la raccolta differenziata; è infatti necessario intervenire anche nella fase di progettazione affinché gli oggetti a fine uso siano facilmente disassemblabili, così da poter riciclare più facilmente gli elementi di ogni singolo componente. Il secondo aspetto, invece, è che la differenza fondamentale fra economia lineare e economia circolare riguarda l’energia: l’economia lineare è alimentata dai combustibili fossili, mentre l’economia circolare utilizza l’energia solare e le altre fonti di energia (eolica, idrica) a essa collegate.
Ecco quindi che la seconda transizione, quella dall’economia lineare alla economia circolare, non può avvenire se non si porta a termine la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili.
La crescita
Riguardo all’economia, c’è anche un problema più generale su cui facciamo solo una breve considerazione.
La situazione pre-virus era caratterizzata dalla parola crescita, collegata al PIL. Nei piani di rinascita si ricomincia a parlare di crescita in modo sempre più insistente. Tutto deve crescere perché tutto quello che cresce fa aumentare il PIL. Se consideriamo che il pianeta, l’unico luogo dove possiamo vivere, ha risorse limitate, non dovrebbe essere difficile capire che una crescita senza limite di tutte le produzioni è semplicemente impossibile.
Quindi, non bisogna tornare semplicemente alla crescita, ma ogni volta che qualcuno pronuncia la parola crescita bisogna interrogarsi: è necessaria? è possibile? che conseguenze comporta per la salute del pianeta? che conseguenze comporta per la società? Se la crescita non rispetta l’ambiente e non riduce le disuguaglianze, che sono i due punti deboli della nostra società, quella crescita non è progresso e quindi non bisogna perseguirla. Esempi: la crescita nell’acquisto (aerei Tornado) o nella vendita (navi militari all’Egitto) di armi non va assolutamente perseguita, così come non si deve favorire l’estensione delle autostrade a scapito delle linee ferroviarie, perché l’energia rinnovabile sarà elettrica e quindi i trasporti, particolarmente delle merci, dovranno prevalentemente avvenire su ferrovia, non su strada.
La Terra come limite
C’è un altro concetto importante da chiarire quando si parla di energia. Le energie rinnovabili primarie, quelle del Sole, del vento e dell’acqua, per essere utili devono essere convertite in energie di uso finale, cioè elettricità. Per far questo è necessario costruire congegni e strutture materiali (pannelli fotovoltaici, pale eoliche, dighe, ecc.) usando le risorse minerali che ci può fornire la Terra. Ma nella Terra c’è quello che c’è, non quello che noi vorremmo ci fosse. Possiamo fare l’esempio del Neodimio, un elemento che forse molti non sanno cosa sia, ma che è importantissimo per il buon funzionamento delle pale eoliche. In Italia di Neodimio non ce n’è: è quasi tutto in Cina. Da questo fatto dobbiamo trarre la lezione che nessuno può fare da solo, sono importantissimi tutti gli scambi commerciali per giungere alla sostenibilità ecologica globale.
C’è poi un’altra lezione da imparare. Il nostro limite per le risorse è la Terra, la limitata disponibilità e la non uniforme distribuzione delle risorse materiali di cui abbiamo bisogno. Degradare il pianeta vuol dire ridurre le risorse disponibili. Alla scarsità di materiali si potrà ovviare, in parte, con il riciclo (economia circolare). Ma è molto probabile che con le energie rinnovabili non sarà possibile produrre tutta l’energia che vorremmo, per poi sprecarla e, certamente, saremo ancora una volta di fronte al problema della disuguaglianza fra le varie nazioni, con tutto ciò che essa comporta.
Transizione culturale
Dal consumismo alla sobrietà
Nel tentativo di risolvere, o almeno attenuare, i problemi della relativa scarsità di risorse materiali e delle disuguaglianze, possiamo porci una domanda limitandoci sempre al tema dell’energia, anche se il ragionamento può essere facilmente esteso ad altre risorse.
La domanda è: di quanta energia abbiamo effettivamente bisogno? Sappiamo bene che nei paesi ricchi gran parte dell’energia viene sprecata e d’altra parte indagini e statistiche rivelano che il benessere delle persone non è direttamente proporzionale all’energia che consumano.
Vediamo allora qualche numero. Ogni cittadino americano impiega mediamente l’equivalente di 12.000 watt di potenza, il doppio di un cittadino europeo (6.000 watt). Indagini dimostrano che il benessere delle persone negli Stati Uniti non è maggiore di quello delle persone in Europa. Non solo, ma nel 1960 ai cittadini europei bastavano 2.000 watt pro-capite per vivere bene.
Partendo da queste considerazioni scienziati svizzeri hanno stimato che 2000 W rappresentano una quantità sufficiente di energia per vivere in modo confortevole e il Governo svizzero ha quindi proposto una legge per ridurre a 2000 W il consumo di energia per persona entro il 2050. Tale legge è stata sottoposta a referendum e approvata dalla maggioranza dei cittadini svizzeri nel 2017. Quindi, si può star bene consumando meno energia.
A questo punto rimane un problema sottile. Come si può fare a ridurre il consumo di energia quando si è abituati a sprecarla? Chi studia questo problema indica due strategie: la prima è agire sulle cose, cioè aumentare l’efficienza energetica di tutte le apparecchiature che usiamo. Quindi: automobili e lampadine che consumano meno, infissi che impediscono l’uscita del calore dalle abitazioni, ecc. L’esperienza dimostra, tuttavia, che l’aumento dell’efficienza delle «cose» spesso non porta a una riduzione sostanziale del consumo di energia per diversi motivi, fra cui il cosiddetto «effetto rimbalzo». Può accadere, infatti, che un aumento dell’efficienza energetica incoraggi un maggiore utilizzo dei servizi energetici. Ad esempio, quando una persona sostituisce una vecchia auto con una meno inquinante spesso finisce per usarla più di quella vecchia.
Se si vuole realmente consumare meno energia per contribuire alla sostenibilità ecologica e sociale bisogna agire sulle persone, prima che agire sulle cose. Bisogna partire dal concetto di sufficienza e convincere, sollecitare gentilmente (si veda “La spinta gentile”, di Richard Thaler) e, in casi estremi, obbligare le persone con leggi e sanzioni, a ridurre l’uso non necessario dei servizi energetici. Per risparmiare realmente energia non basta «fare con meno», bisogna «fare meno»: minor consumo di prodotti inutili, minor velocità in autostrada, meno viaggi non strettamente necessari e così via. Se poi la “cosa” che si usa, dopo aver adottato la strategia della sufficienza, è più efficiente si avrà un risparmio ancora maggiore: è il «fare meno (sufficienza) con meno (efficienza)». Questi concetti possono essere applicati a qualsiasi risorsa, poiché tutte le risorse della Terra sono, più o meno, limitate.
Ecco allora la terza transizione da attuare per raggiungere la sostenibilità (ecologica, sociale ed economica): dal consumismo alla sufficienza, o, meglio, alla sobrietà. Senza adottare stili di vita ispirati alla sobrietà non si potrà andare molto lontano.
Conclusione
È chiaro che le tre transizioni di cui si è parlato richiedono un forte impegno e grandi investimenti. Ma intanto si può iniziare dalle piccole cose, ma pur sempre significative. Ad esempio:
- eliminare gli ostacoli alle energie rinnovabile consentendo ai consumatori di unirsi in comunità, come già accade in Europa, per condividere l’energia prodotta da fonti rinnovabili a livello di condominio o di quartiere
- eliminare i sussidi e le agevolazioni ai fossili, passandoli alle energie rinnovabili
- dismettere le 8 centrali elettriche a carbone, cosa che il Governo ha promesso di fare entro il 2025, senza rimpiazzarle con centrali a gas