SARS-CoV-2 ha avuto ben poche mutazioni genetiche significative da quando è apparso per la prima volta in Cina. Una, però, è di particolare rilevanza: denominata D614G, determina la sostituzione di un aminoacido nella proteina Spike, che media il riconoscimento del recettore e la fusione del virus con la cellula ospite. Questa mutazione è prevalente in tutto il mondo, fuorché in Cina: ma qual è il suo significato biologico? E quali le possibili ricadute sanitarie?
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A differenza del SARS-CoV che causò l'epidemia del 2002-2003, il virus dell’attuale pandemia, il SARS-CoV-2, ha subito ben poche variazioni genetiche significative (Scienza in rete ne ha parlato qui) da quando, alla fine di dicembre 2019, è stato isolato e sequenziato in Cina. Questo virus quindi nasce apparentemente già maturo e dotato di un’infettività sufficiente a diffondersi rapidamente e a circolare per lungo tempo. Tuttavia, anche il virus più perfetto può andare incontro, nel corso di una pandemia, a ulteriori variazioni sotto la pressione di nuovi fattori selettivi.
Come è noto, il virus è di origine zoonotica e il salto dall’animale all’uomo è avvenuto in Cina, dove molto probabilmente ha circolato sotto traccia per un tempo imprecisato prima di diffondersi in tutto il mondo, infettando popolazioni con caratteristiche genetiche diverse da quelle del suo luogo di origine e di iniziale diffusione. L’ospite umano è l’ambiente al quale il virus si deve adattare, o meglio con il quale si deve misurare, visto che per il virus l’adattamento è in realtà una pace armata con l’ospite. È quindi verosimile che, con il diffondersi presso nuove popolazioni, possano selezionarsi nuove varietà virali. La globalizzazione, che consente al virus di diffondersi e di riprodursi a un ritmo estremamente elevato, ha fornito l’occasione per un ulteriore adattamento all’ospite.
Nei coronavirus, la selezione negativa, cioè l’eliminazione di varianti che riducono la capacità del virus di riprodursi, è largamente preponderante rispetto alla selezione positiva. Dato che la selezione negativa ha il fine di mantenere uno status quo felicemente raggiunto, è dalla selezione positiva che ci si attende il cambiamento.
Una delle poche mutazioni sulle quali ha agito una selezione positiva in SARS-CoV-2 - e di gran lunga la più frequente - è una mutazione non-sinonima, cui cioè corrisponde la sostituzione di un aminoacido nella proteina codificata. Questa mutazione determina la sostituzione con una glicina (G) al posto dell’acido aspartico (D) nella proteina Spike, quella che forma gli "spunzoni" sulla superficie esterna del virus, come fossero le punte di una corona (da cui il nome Coronavirus). La proteina Spike è un elemento essenziale per la riproduzione virale, perché provvede al riconoscimento e al legame del virus al suo recettore (ACE2, enzima di conversione dell’angiotensina 2) e alla fusione della membrana virale con quella delle cellule dell'ospite. Con la fusione, il genoma virale e le proteine necessarie per la sua replicazione sono riversate all’interno delle cellule. La mutazione appare in posizione 614, ossia tra la porzione della proteina Spike che si lega alle cellule dell’ospite e quella che dà il via al processo di fusione virus-cellula ospite: si tratta di una posizione privilegiata per influenzare ambedue queste fasi preliminari del processo di infezione.
Il virus portatore di questa mutazione, denominata D614G e apparsa nel corso della pandemia, ha preso il sopravvento sul virus originario in tutto il mondo, fuorché in Cina.
La mutazione D614G è stata osservata per la prima volta a gennaio 2020, in Cina in tre genomi e in Germania in un genoma di origine cinese. Probabilmente quindi la mutazione è originata in Cina, dove però è rimasta largamente minoritaria rispetto al tipo originario (wild), D614. La diffusione della variante D614G è associata alla diffusione del virus in Europa, dove già alla fine di febbraio era preponderante, e nelle Americhe. Alla fine di marzo, la mutazione era presente nel 70% dei genomi in Europa e nel 60% di quelli della costa atlantica degli USA, esposta all’importazione di virus dall’Europa. Nella costa pacifica degli USA, per esempio nello stato di Washington, a una prima fase di assoluta prevalenza del tipo wild D614, compatibilmente con l’origine cinese, ha fatto seguito una seconda fase di prevalenza del tipo mutato D614G, di origine europea (si vediano Korber et al. e Bhattacharyya et al.).
Questa evoluzione dell’epidemiologia del virus può essere spiegata da varie ipotesi. La prevalenza del tipo mutato potrebbe essere puramente casuale ed essere dovuta, per esempio, al fatto che la diffusione del virus in Europa deriva da un numero limitato di soggetti infettati dal tipo mutato (effetto fondatore), oppure da una deriva genetica (genetic drift). Ambedue queste possibilità sono state però escluse sulla base del fatto che la diffusione del virus non concorda con la previsione di modelli teorici basati su queste due ipotesi.
Rimane quindi l’ipotesi più suggestiva e cioè che la mutazione comporti un guadagno in termini di capacità del virus di diffondersi e riprodursi nell’ospite umano; la sua diffusione e prevalenza sul tipo wild sarebbe quindi il risultato di una selezione positiva. Allo scopo di testare questa ipotesi, si è studiata la relazione tra i due tipi di virus e la carica virale dei pazienti dai quali i virus erano stati isolati, e in effetti si è osservato che il tipo wild era associato a cariche virali nei tamponi orofaringei più basse rispetto a quelle dei soggetti portatori del tipo mutato. Invece, non si osservano differenze nella prevalenza di ricoveri in ospedale o in terapia intensiva associati ai due tipi di virus. Su questa base si è ipotizzato che il tipo mutato sia più trasmissibile, ma non più patogeno del tipo wild, una conclusione che però contrasta con l’osservazione di una maggiore letalità nei soggetti infettati dal virus mutato in 614 (case fatality ratio, si vedano Bai et al. e Daniloski et al.).
Purtroppo, i dati di letalità sono notoriamente poco affidabili, perché la modalità con cui sono generati può variare significativamente tra i vari paesi. Una svolta nella conoscenza della relazione tra proprietà patogenetiche del virus e mutazione D614G è avvenuta a opera di quattro recenti lavori pubblicati preliminarmente su bioRxiv e non ancora sottoposti a revisione (Daniloski et al., Hu et al., Ozono et al. e Zhang et al.). Questi studi hanno testato la capacità delle proteine Spike del tipo wild e mutato, espresse da pseudo virus di natura diversa dal coronavirus (lentivirus), di infettare cellule coltivate in vitro che esprimono il recettore virale, l’ACE2. Sono in accordo nel concludere che la mutazione della Spike aumenta la concentrazione del virus all’interno delle cellule e quindi la sua infettività. L’aumento di infettività del virus non è dovuto a un aumento dell'affinità di legame per il recettore ACE2 delle cellule dell’ospite ma piuttosto a una più efficiente fusione tra il virus e la cellula ospite.
Come abbiamo visto, mentre in Europa e negli USA è prevalente il tipo mutato, in Cina il tipo wild originario rimane il più diffuso. Questa osservazione suggerisce l’esistenza di differenze genetiche tra i soggetti di origine europea e quelli di origine cinese che condizionano l’influenza della mutazione sull’infettività del virus. Bhattacharyya et al. e Russo et al., in maniera indipendente, hanno osservato che nella popolazione di origine europea è molto frequente una mutazione, questa volta a carico del genoma umano che, in presenza del virus mutato, attiva una cascata biochimica il cui risultato è un’aumentata fusione tra virus e cellule dell’ospite e una aumentata trasduzione del virus in queste cellule. Nei cinesi, la mutazione del virus non è altrettanto efficace nel favorire l’infettività virale perché in quella popolazione la mutazione è molto rara. Da queste osservazioni appare che il fattore che ha favorito la selezione e la diffusione della mutazione D614G sia appunto la sua maggiore infettività.
Un altro aspetto che può costituire un ulteriore fattore di selezione positiva del virus mutato in 614 è il suo comportamento nei confronti degli anticorpi elaborati dall’ospite. Si è infatti osservato che la posizione 614 fa parte di una delle epitopi, cioè delle porzioni della proteina Spike contro cui si formano e a cui si legano gli anticorpi anti-Spike (Koyama et al., 2020).
Recentemente è stato riportato, ancora una volta in forma non revisionata, che gli anticorpi prodotti da pazienti infetti nei confronti di virus con la mutazione sono meno efficaci nel neutralizzare il virus rispetto a quelli prodotti nei confronti del tipo wild, D614. Questa osservazione suggerisce che la mutazione D614G si sia diffusa anche come effetto della pressione selettiva esercitata dagli anticorpi dell’ospite, nei confronti dei quali la mutazione fornisce al virus una difesa rispetto al tipo wild. La mutazione D614G è quindi, per il momento, l’unica mutazione acquisita dal virus per effetto di una selezione positiva che, nei Coronavirus e in particolare nel SARS-CoV-2, è estremamente rara, al contrario della selezione negativa o selezione purificatrice che, assieme alla ricombinazione, è alla base dell’evoluzione (forse millenaria) dei coronavirus nel pipistrello e, più recentemente, al loro salto nell’uomo.
Da questa rassegna necessariamente sintetica si possono trarre una serie di considerazioni sull'evoluzione intrapandemica del virus, sul suo significato biologico e sulle possibili ricadute di natura sanitaria. L’ipotesi esplicativa più parsimoniosa della prevalente diffusione della mutazione D614G in Europa e USA è che la mutazione aumenti l’infettività del virus nei soggetti di origine europea. Il fatto che in Cina sia ancora prevalente il tipo wild è spiegabile con la mancanza di un guadagno selettivo della mutazione in questa popolazione.
Per quanto riguarda il significato biologico generale, la prevalenza della mutazione D614G appare secondaria a un guadagno adattativo. Come dimostrato dagli effetti patogenetici di questa mutazione, tuttavia, il guadagno in termini di adattamento non si associa a una diminuzione ma a un aumento di infettività. Quindi, se la mutazione si è affermata nella popolazione di origine europea non è perché il virus si è indebolito. Quanto alla patogenicità, questo aspetto è difficilmente distinguibile dall'infettività del virus e si può argomentare che alla patogenicità contribuiscono necessariamente aspetti direttamente legati all’infettività.
Da un punto di vista di sanità pubblica, dato che attualmente il tipo di virus circolante in Italia è in maniera prevalente il tipo mutato, è evidente che nulla è cambiato, per quando riguarda le proprietà del virus, rispetto a metà marzo 2020, quando l’epidemia in Italia era all’apice. Peraltro, che il virus abbia mantenuto un’elevata infettività è ben dimostrato dal numero e dalla rapidità con cui continuano a sorgere focolai di infezione anche in aree con una storia di bassa prevalenza di soggetti positivi al virus.
Bibliografia
Andersen KG et al, The proxymal origin of SARS-CoV-2. Nature Medicine (2020)
Bai Y et al., Comprehensive evoluztion and molecular characteristics of a large number of SARS-CoV-2 genomes revealed its epidemic trend and possible origins. (2020) bioRxiv
Bestle D et al, TMPRSS2 and furin are both essential for proteolytic activation and spread of SARS-CoV-2 in human airway epithelial cells and provide promising drug targets. (2020) bioRxiv
Bhattacharyya C et al, Global spread of SARS-CoV-2 subtype with Spike protein mutation D614G is shaped by human genomic variations that regulate expression of TMPRSS2 and MXI genes. (2020) bioRxiv
Daniloski Z. et al., The D614G mutation in SARS-CoV-2 Spike increases transduction of multiple human cell types. (2020) bioRxiv
Hu J et al, The D614G mutation of SARS-CoV-2 spike protein enhances viral infectivity and decreases neutralization sensitivity to individual convelescent sera. (2020) bioRxiv
Korber B et al, Spike mutation pipeline reveals the emergence of a more transmissible form of SARS-CoV-2. (2020) bioRxiv
Koyama T et al, Emergence of drift variants that may affect COVID-19 vaccine development and antibody treatment. (2020) Pathogens
Ozono S et al, Naturally mutated spike protein of SARS-CoV-2 variants show differential levels of cell entry. (2020) bioRxiv
Russo et al., Genetic analysis of the novel SARS-CoV-2 host receptor TMPRSS2 in different populations. (2020) bioRxiv
Zhang L et al, The D614G mutation in the SARS-CoV-2 spike protein reduces S1 shedding and increases infectivity. (2020) bioRxiv