Pubblichiamo in italiano, per gentile concessione dell'autrice, l'articolo originale "Health inequalities in a time of pandemic: do we really care?", pubblicato su Notes from the research frontier, del 16 maggio 2020 (traduzione di Jacopo Mengarelli).
Occuparsi delle disuguaglianze sociali è diventato un mantra in molti paesi. Agenzie internazionali come l'Organizzazione Mondiale della Sanità hanno unità ed esperti che si occupano dei determinanti sociali della salute e dell'equità. Eppure, nel considerare la pandemia di Covid-19 i fattori sociali e strutturali che influiscono sulla salute sono rimasti in secondo piano. Gli esperti su questi temi non figurano nelle unità di crisi e le disuguaglianze di salute sono poco o per nulla menzionate nei documenti strategici (es.: WHO: A coordinated global research roadmap).
Vogliamo sentire i virologi in un momento come questo, non i sociologi!
Alla fine, chi è riuscito a mettere in evidenza le enormi disuguaglianze sanitarie nei tassi di letalità e di mortalità del Covid-19? Non sono stati quelli che tra noi hanno lavorato per anni su questi temi, gridando invano. Sono stati i media.
I media hanno messo in evidenza i tassi di mortalità tra i neri americani e tra le minoranze etniche nel Regno Unito. Sembrava ci fosse la stessa situazione anche in Francia, dove i dati sulle etnie non esistono e quindi si deducono dalle differenze geografiche dei tassi di mortalità. Gradualmente, in alcuni Paesi i dati stanno diventando disponibili, come le analisi prodotte dall'Office of National Statistics del Regno Unito o dagli Stati Uniti, come questo working paper di J.T. Chen & N. Kreiger. Queste analisi mostrano che i membri socialmente svantaggiati della nostra popolazione muoiono in numero sproporzionatamente elevato a causa di Covid-19.
Molti di noi, in circostanze difficili, hanno dovuto cercare di raccogliere dati per conto proprio e trovare un modo per collegare le varie serie di dati. Per fare ciò occorre convincere periodicamente i finanziatori e le autorità che i dati sull'occupazione, l'abitazione, l'etnia, l'istruzione e il reddito sono importanti per comprendere correttamente una malattia come Covid-19. Se prima le nostre autorità sembravano preoccuparsi delle disuguaglianze sanitarie, ora se ne sono dimenticate.
Dobbiamo continuare a ripetere che, quando si definiscono misure e interventi di salute pubblica durante una crisi, devono essere considerati anche i fattori sociali e strutturali. Questi sono infatti fondamentali se vogliamo capire e prevenire le conseguenze a lungo termine di questa crisi. In parole povere, se non teniamo conto dei fattori strutturali e sociali quando studiamo Covid-19 non stiamo producendo una "buona scienza" e, di conseguenza, non saremo in grado di gestire adeguatamente la salute pubblica.
Ci siamo affidati alla nostra personale conoscenza delle disuguaglianze sanitarie per cercare di spiegare i rischi di esposizione e di infezione per coloro che svolgono determinate professioni o che vivono in alloggi più affollati. Abbiamo dovuto ricordare alle nostre autorità sanitarie e ai nostri colleghi che praticamente tutti i fattori di rischio per le forme gravi di Covid-19 (fumo, obesità, malattie cardiovascolari, diabete, ecc.) sono modellati dalla società. È all'intersezione dei "domini strutturali del potere" (domains of power) - tra genere, classe ed etnia - dove le disuguaglianze sono più evidenti.
Questo non è il momento di tacere per chi di noi lavora sulle disuguaglianze sanitarie. Ciò che sta accadendo oggi a diversi livelli della politica di governo ci riguarderà per generazioni. Dobbiamo guardare a questo aspetto con un approccio a lungo termine. Dobbiamo insistere sul fatto che le disuguaglianze sanitarie siano considerate in tutte le politiche.
Prevenire le disuguaglianze sanitarie al tempo della pandemia: un’unica salute in tutte le politiche
Ho formulato un quadro di riferimento per integrare le disuguaglianze sanitarie attraverso logiche di prevenzione (vedi Tabella). Ho utilizzato la classica sequenza di prevenzione: primordiale, primaria, secondaria e terziaria. I fattori "primordiali" sono quelli essenziali e devono essere monitorati attentamente, date le imminenti recessioni economiche. Se non ci assicuriamo che tali fattori siano impostati, finanziati e mantenuti, non abbiamo alcuna possibilità di mitigare gli effetti di future pressioni esterne, soprattutto gli effetti della crisi climatica. Si tratta semplicemente di una questione di diritti umani e di giustizia sociale. Il diritto di accedere ai bisogni primari (acqua, servizi igienici, istruzione, cibo, alloggio, informazione, ecc.) deve rimanere la priorità numero uno.
Faccio un elenco senza un particolare ordine. Dobbiamo sostenere l'assistenza sanitaria e sociale universale. Accesso a screening, trattamenti e assistenza a lungo termine per gli anziani. Abbiamo visto in questa crisi che i diritti dei lavoratori sono una questione chiave; deve infatti essere garantito un congedo per malattia retribuito, così come un congedo parentale (di maternità e/o paternità) e le giuste tutele dai rischi relativi alla professione che si svolge. Anche coloro che lavorano in nero devono essere tutelati attraverso la previdenza sociale o un reddito di base universale. Un alloggio pulito ed economico con spazi adeguati deve diventare una priorità politica, dal momento che è un diritto umano fondamentale. L'istruzione deve essere accessibile a tutti senza eccezioni. Quando sono a scuola, i bambini e gli adolescenti devono poter ricevere un pasto decente e il materiale scolastico senza ulteriori oneri. L'assistenza all'infanzia deve essere resa accessibile a tutte le famiglie che ne hanno bisogno per assicurarsi che non insorgano disuguaglianze di genere in ambito lavorativo.
Occorrre ripeterlo ancora una volta: se abbiamo a cuore qualcosa, dobbiamo essere in grado di misurarla. Per questo motivo, i dati sulle variabili sociali e socioeconomiche devono sistematicamente essere raccolti e collegati alle variabili sanitarie. Ciò deve avvenire attraverso una governance trasparente dei dati e, se necessario, sotto la supervisione di un mediatore. I dati, infine, devono essere resi accessibili a politici e scienziati.
La gestione di una pandemia complessa come quella attuale reclama un modello sociale equo e un'economia sostenibile anche dal punto di vista ambientale: le persone vengono prima del profitto, e gli operatori di sanità pubblica devono impegnarsi per questa prospettiva.