Una sola salute per gli umani, gli animali e l'ambiente: è questo il senso dell'approccio One Health, che ora più che mai è urgente adottare: la sfida è metterlo in pratica attraverso una vera governance per la protezione e promozione della salute non più confinate in modo miope solo sulla salute umana
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La pandemia da SARS-CoV-2 è il più grande shock a livello globale degli ultimi decenni. Uno tsunami che ha causato milioni di vittime e ha devastato l’economia. Ma c’è almeno una lezione che possiamo trarre da questo annus horribilis?
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), Tedros Ghebreyesus, ha affermato: «La pandemia ci ricorda il rapporto intimo e delicato tra gli esseri umani e il pianeta. Qualsiasi sforzo per rendere il nostro mondo più sicuro è destinato a fallire a meno che non si affronti l'interfaccia critica tra persone e agenti patogeni, e la minaccia esistenziale del cambiamento climatico, che sta rendendo la nostra Terra meno abitabile»1. La virologa Ilaria Capua, Direttrice del One Health Center of Excellence dell’Università della Florida, chiarisce ancora meglio il concetto: l’unica strada che abbiamo per non ricaderci mai più è la consapevolezza che viviamo all’interno di un sistema di cui fanno parte persone, animali, piante e in generale l’ambiente in cui tutti siamo immersi. Non ci sono quindi soltanto gli individui e le comunità, non c’è solo la specie umana da preservare: la salute del pianeta e di tutti i suoi abitanti deve avere pari dignità se vogliamo creare un ecosistema sostenibile, resiliente e durevole. Siamo tutti elementi di un solo sistema, in cui la salute di ogni elemento umano, animale o ambientale è strettamente interdipendente da quella degli altri2.
In pratica, è urgente che ci mettiamo nell’ottica che esiste un’unica salute, ovvero One Health. E, vista la relazione tra le varie componenti in cui nessuna predomina sulle altre, perché non descriverla come un sistema circolare e integrato? Per questo, alcuni preferiscono parlare di ‘salute circolare’. La visione olistica di One Health rappresenta un modello per proteggere e promuovere la salute delle popolazioni basato sull'integrazione di discipline diverse. Questa prospettiva ha radici solide sia scientifiche che storiche, ma troppo spesso poco conosciute o ignorate nella pratica. Quasi cinquant’anni fa un green paper canadese segnò una svolta rivoluzionaria (per l’epoca) nel modo di intendere la salute: il rapporto delineava infatti un quadro concettuale per una visione olistica della salute come risultato dell’integrazione tra biologia umana, ambiente, stile di vita e organizzazione sanitaria3.
Pertanto, One Health si può considerare alla radice di famosi (ma raramente implementati) documenti di strategia sanitaria proposti dall’OMS. Essi comprendono la dichiarazione di Alma Ata del 19784, la carta di Ottawa del 19865, Salute 2020 del 2012 e più recentemente la Dichiarazione di Shanghai 20166. Questi documenti sono stati riconosciuti ufficialmente dalla maggioranza dei ministeri della salute europei, dalla Commissione Europea e da varie organizzazioni internazionali. Sfortunatamente, o per volontà politica o per scarsa capacità di gestire un cambiamento nelle decisioni con impatto sullo sviluppo e la salute pubblica, queste raccomandazioni OMS sono state o disattese o solo parzialmente adottate. Infatti, si può affermare che a tutt’oggi e a tutti i livelli di governo, la governance per la salute e lo sviluppo sia debole, obsoleta e poco performante8,9.
La pandemia che tutti i paesi stanno affrontando sta dimostrando il prezzo enorme eticamente (ed economicamente) insostenibile e ingiustificabile come risultato di una governance debole. Per rafforzare la governance e le pratiche per la salute, lo sviluppo e la riduzione delle iniquità necessitiamo di due elementi fondamentali. Il primo riguarda una visione del futuro che possa influenzare il decision-making in tutte le politiche, non solo in quelle sanitarie. Qui la prospettiva One Health è sia scientificamente che strategicamente fondamentale. Chiaramente il secondo elemento è inerente alla volontà politica e a una partecipazione attiva della società civile per attuare tale visione nella pratica quotidiana.
I microrganismi, l’ambiente e l’uomo
Che un microrganismo ‘invisibile’ abbia minacciato la salute degli umani non è una cosa nuova: dall’epidemia di (verosimilmente) vaiolo nell’accampamento dei greci a Troia descritta da Omero nell’Iliade, alla peste nera del 1348 che spazzò via un terzo della popolazione europea, alla Spagnola del 1918 che fece almeno 50 milioni di morti in tutto il mondo2. La peste nera che ispirò il Decamerone di Boccaccio è un buon esempio della interrelazione tra animali, uomo e ambiente: il protagonista è un batterio, Yersinia pestis, che fa ammalare i ratti e da questi, tramite una pulce, si trasmette all’uomo provocando la peste e colpendo soprattutto i più fragili e i più poveri. Il tutto in ambienti sporchi o con scarse condizioni igieniche.
I microbi, come afferma Capua, diventano i nuovi anelli di congiunzione tra mondi apparentemente separati: la salute umana, la salute animale e la salute, o meglio la non salubrità, dell’ambiente. La fonte dell’infezione è quindi l’animale non umano ed è noto che circa il 75% delle malattie infettive emergenti che interessano gli esseri umani siano di origine animale. Le più note di queste zoonosi verificatesi negli ultimi quarant'anni sono l’HIV, l’Ebola, la SARS del 2003, l’Influenza aviaria, la Zika e, ultima in ordine di tempo, la SARS-CoV-2.
La FAO, l’OMS e l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE) hanno pubblicato una guida per supportare i vari paesi nella lotta contro queste malattie secondo l’approccio One Health10. Più recentemente, l’OMS ha redatto un Manifesto11 con sei prescrizioni per la ripresa ‘sana e verde’ post-Covid-19:
- salvaguardare la natura;
- garantire l’accesso all’acqua pulita;
- garantire una transizione energetica rapida e sana;
- promuovere sistemi alimentari sani e sostenibili;
- costruire città sane e vivibili;
- azzerare gli incentivi per i combustibili fossili
Queste raccomandazioni sono perfettamente in linea con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 203012 e con le fondamenta di One Health relativamente all’impatto dell’ambiente sulla salute umana.
La pandemia da Coronavirus rappresenta un esempio ancora più suggestivo delle connessioni tra salute umana, animale e salute dell’ecosistema e di come l’uomo stia invadendo habitat naturali che non gli appartengono. Il modello One Health ci aiuta a capire che questa pandemia in pratica ce la siamo cercata noi, creando le condizioni perché il virus passasse dall’animale all’uomo. Tutte le attività umane che causano una perdita di biodiversità – deforestazione, cambiamenti nell’uso del territorio, agricoltura e allevamenti intensivi, commercio e consumo di animali selvatici (per esempio nei famigerati mercati umidi dell’estremo oriente) aumentano il contatto tra la fauna selvatica e gli animali allevati e quindi tra potenziali agenti patogeni e le persone13.
La deforestazione sembra essere il più importante fattore di aumento delle zoonosi a livello globale. Un recente report del WWF Italia afferma che l'80% della deforestazione mondiale è dovuta all’espansione dei pascoli per la produzione di carne e al diffondersi delle monocolture di soia e di caffè (soprattutto in Sud America) e delle piantagioni di palme da olio (Indonesia e Malesia). Si tratta di materie prime che sono destinate in genere all'esportazione, in particolare verso Cina, Europa e Stati Uniti. Negli ultimi trent'anni sono stati deforestati ben 420 milioni di ettari di terreni, più o meno l’equivalente della superficie dell’intera Unione Europea, gran parte dei quali in aree tropicali. Ogni anno vanno persi circa 10 milioni di ettari a causa della conversione di foreste in terreni agricoli14. Oggigiorno, quindi, lo sviluppo di una pandemia potrebbe seguire una sequenza che si può sintetizzare così: 1) deforestazione, 2) perdita o sterminio dei predatori e crescita senza limiti delle specie-serbatoio, 3) prelievo e traffico illegale di questa specie, 4) mercati animali umidi, 5) salto di specie (Figura 1).
Figura 1. Fattori che favoriscono il passaggio di specie dall’animale all’uomo
I big data e l’intelligenza artificiale
Il modello della salute circolare è perfettamente in linea con il whole-of-society approach e il whole-of-goverment approach sostenuti dall’OMS nella strategia Salute 2020. Questo tipo di approccio considera di coinvolgere vari settori della società e di facilitare la loro attiva partecipazione in processi decisionali relativi a misure di salute pubblica. L’approccio One Health appare un buon metodo di risposta all’attuale pandemia, e forse l’unico praticabile per evitarne di future. Esso deve diventare la bussola da seguire per rilevare, rispondere e prevenire efficacemente future zoonosi o altri rischi per la salute pubblica. L’interdisciplinarietà, la sostenibilità e l’interdipendenza costituiscono le parole chiave dell’approccio One Health. Non solo quindi sinergia tra il mondo della medicina veterinaria, medicina umana e dell'ecologia, ma anche collaborazione con le scienze sociali e umanistiche, le scienze fisiche e le scienze della vita. E non dobbiamo dimenticare che viviamo ormai nell’era dei big data e dell’intelligenza artificiale (IA), cercando di sfruttare tutte le nuove opportunità che questo campo in grande espansione può offrirci.
Diamo alcuni esempi. Le analisi che possiamo fare con i big data ci permettono di monitorare costantemente parametri ambientali come temperatura e umidità, e sappiamo che malattie trasmesse da vettori quali la malaria e il dengue aumentano con l’aumentare di queste due variabili. Con le analisi sui big data possiamo per esempio misurare il livello delle polveri sottili, l’indice UV, la presenza di pollini, la forza degli uragani, il riscaldamento del mare e lo scioglimento dei ghiacciai. A questi si aggiungono i dati individuali e collettivi e quelli pubblici e privati. Una mole di dati che può essere esaminata mediante sofisticati sistemi di analisi statistica e con l’aiuto dei cosiddetti ‘supercomputer’, in grado di gestire simultaneamente centinaia di terabyte di dati.
Se usati eticamente e all’interno di una visione per il bene collettivo come One Health, le analisi sui big data potranno essere molto utili nel processo di decision-making. Uno di questi supercomputer si trova al CERN di Ginevra, che ospita l’acceleratore di particelle più grande del mondo. Il centro ha messo a disposizione, oltre al supercomputer dotato di una enorme capacità di calcolo, la piattaforma Zénodo. Questa serve per archiviare e analizzare i dati relativi a Covid-19 in maniera strutturata. La piattaforma è open access, cioè si possono caricare informazioni provenienti da ricercatori di tutto il mondo e in tutti i campi. Si è creata inoltre una collaborazione tra il Centro di Ginevra e il Centro One Health della Florida. All'istituzione americana affluiranno informazioni sull’inquinamento, utili a valutare la loro influenza sull’andamento e la gravità della malattia dovuta al Covid-19, e dati metereologici (temperatura, umidità, frequenza e quantità delle precipitazioni...). Serviranno a verificare se queste alterazioni climatiche abbiano un impatto sull’epidemia. Una collaborazione tra mondo della fisica delle particelle e mondo dei microrganismi che Ilaria Capua definisce ‘di intelligenza collettiva’15.
Accanto all’uso dei big data, si sta sempre più diffondendo l’utilizzo della intelligenza artificiale. Il progetto ‘Watson Health’ della IBM combina la capacità computazionale (milioni di articoli scientifici e dati clinici reali archiviati) con l’IA che, attraverso una griglia di sintomi e informazioni sul paziente, riesce a dare precise indicazioni diagnostiche al medico curante16. I ricercatori del MIT di Boston hanno messo a punto un sistema in grado di eseguire la diagnosi di Covid-19 grazie a un singolo colpo di tosse. L’IA, mediante un particolare algoritmo, analizza il tono della voce, lo stato emozionale e il ritmo della respirazione, e li confronta con migliaia di colpi di tosse di pazienti affetti da Covid-19 o di soggetti normali, riuscendo a individuare soggetti del tutto asintomatici ma positivi al virus con una accuratezza diagnostica riferita del 98,5-100%17. Attualmente si sta lavorando per sviluppare il modello in un’App, da utilizzare sul proprio smartphone o laptop, che se fosse adottata su larga scala potrebbe diventare uno strumento di pre-screening gratuito e ripetibile, salvando potenzialmente migliaia di vite.
L’intelligenza artificiale si sta proiettando sempre più verso una meglio definita Alternative Intelligence, un concetto operativo nuovo che evidenzia l’intelligenza collaborativa tra macchina e umano. Secondo una recente review, l’IA è stata finora applicata in almeno quattro campi del sistema sanitario nella lotta contro il Covid-19: diagnosi, terapia, procedimento decisionale in area clinica e salute pubblica. Potenzialmente potrebbe essere applicata in altre quattro aree: sorveglianza, combinazione con i big data, riorganizzazione degli interventi e dei servizi medico-chirurgici, e gestione dei pazienti con Covid-1918. Lo studio conclude che di fronte alla crescente pressione sulle limitate risorse sanitarie, l'uso di tecniche guidate dall'IA utilizzate nella prevenzione, diagnosi, monitoraggio, ricerca di terapie e vaccini e processi decisionali di salute pubblica, può aiutare a migliorare l'efficienza e l'efficacia degli sforzi per combattere questa (e future) pandemia. Sforzi che altrimenti potrebbero essere sopraffatti dall’elevato numero di pazienti.
L’urgenza di un nuovo modo di pensare e agire per la salute
Il modello One Health applicato alla ripresa post-Covid-19 supera la concezione puramente biomedica della salute (prevenzione, cura, riabilitazione, inclusi farmaci efficaci e vaccini protettivi), e pone l’accento sul fatto che la salute umana non può essere disgiunta dalla salute animale e da tutti i fattori che rendono possibile la vita nel nostro pianeta. Il nuovo paradigma della salute può essere quindi raffigurato come una sfera, in cui ogni componente si integra con le altre, in contrasto con la visione classica (verticale) della salute rappresentata dai vari strati del cilindro (Figura 2).
Figura 2. Dalla visione ‘classica’ della salute al nuovo paradigma della salute articolato secondo One Health
L’attuale pandemia ci ha insegnato che essendo la salute UNA – quella dell’uomo, degli animali e dell’ambiente, i fattori per ridurre il rischio di nuove pandemie sono gli stessi che occorrono per tutelare la biodiversità: stop alla deforestazione e all’uso del suolo per agricoltura e allevamenti intensivi, eliminazione dei mercati umidi e limite ai commerci della fauna selvatica. One Health richiede anche il coinvolgimento di ogni sfera sociale e quindi la cooperazione di molte intelligenze e competenze, l’attivazione di nuovi comportamenti in ambiti diversi della società stessa (comunità locali, cittadini, decisori politici), abbattimento dei confini disciplinari tra scienze fisiche e scienze della vita e tra le diverse scale di intervento (regioni, nazioni, continenti) visto che il virus non conosce frontiere.
One Health e la governance per la salute
Come detto in precedenza, a questo quadro concettuale si deve dar seguito con nuove pratiche innovative e con una coerenza e volontà politica che sono mancate in passato. One Health richiede un nuovo modo di pensare e di agire per la salute individuale, collettiva, globale; va intesa come una strategia rilevante e innovativa in tutti i settori che beneficiano della collaborazione tra diverse discipline - medici, veterinari, scienziati ambientali, economisti, e anche sociologi e psicologi. Ma per fare questo occorre, come primo step, abbattere i confini tra i vari settori della scienza e indurre esperti dei diversi settori disciplinari a lavorare insieme. Questo, a seconda del problema da affrontare, vuol dire migliorare i livelli di coordinamento, cooperazione e integrazione delle misure da intraprendere per promuovere lo sviluppo e proteggere e migliorare la salute collettiva. Quindi, accanto all’integrazione di discipline diverse, è necessario investire - e mettere “più salute” - in ogni sfera sociale: dall’agricoltura alla scienza, dalla formazione alla politica, dall’informazione alla economia.
Il secondo step riguarda lo svecchiamento dei percorsi educativi per permettere alle future generazioni di assimilare questo nuovo modello integrato. Il terzo si riferisce ai percorsi formativi in generale. La formazione in questo campo è essenziale per garantire che gli attuali decisori politici abbiano la piena consapevolezza che ogni loro scelta su salute umana, salute del mondo animale e vegetale, e salute dell’ambiente, si ripercuote sulle altre. Qui sta nascendo una nuova scienza ricca di “conseguenze” e di nuove opportunità per massimizzare l’impatto su sviluppo sostenibile e salute19.
Un approccio essenziale
In conclusione, la sfida è quella di mettere One Health in pratica attraverso una vera governance per la protezione e promozione della salute, non più confinata in modo miope solo sulla salute umana. In questo processo di cambiamento il coinvolgimento della società civile è indispensabile. One Health rappresenta un approccio essenziale per una gestione integrata nell’ambito della salute pubblica. Infatti, affronta i bisogni delle popolazioni più vulnerabili sulla base dell’intima relazione tra la loro salute, la salute degli animali e l’ambiente in cui vivono. In altre parole, One Health considera e comprende l’ampia gamma di determinanti socio-economici e ambientali. Questi determinanti caratterizzano le possibilità di proteggere e promuovere la salute e diminuire le iniquità che esistono in questo ambito.
A tal fine, dobbiamo creare una cultura per la salute coinvolgendo maggiormente la società nelle sue varie articolazioni (associazionismo, volontariato ma anche impresa e privato) per mettere al centro la persona e la comunità. In fondo, la salute è universale e rimane un bene comune. Già 2.400 anni fa il filosofo Aristotele affermava: “il medico cura, la natura guarisce”! One Health dovrebbe diventare l’approccio mainstream in ambito di salute pubblica supportato da ricerca interdisciplinare, politiche intersettoriali e una governance per la salute e lo sviluppo efficace a tutti i livelli di decision-making. Alla luce delle lezioni che stiamo apprendendo dalla pandemia da Covid-19, adottare una prospettiva One Health è una necessità e un’opportunità non più rinviabili.
Note
1. WHO Director-General Dr Tedros Adhanom Ghebreyesus. Address to the 73rd World Health Assembly. May 18th 2020
2. Capua I. (2020). Salute circolare. Una rivoluzione necessaria. Egea Ed, Italy.
3. Lalonde M. (1974) A new perspective on the health of Canadians. Ottawa, ON: Minister of Supply and Services Canada. Retrieved from Public Health Agency of Canada website: http://www.phac-aspc.gc.ca/ph-sp/pdf/perspect-eng.pdf
4. Declaration of Alma-Ata. International Conference on Primary Health Care, Alma-Ata, USSR, 6-12 September 1978
5. Ottawa Charter for Health Promotion (1986). WHO Europe
6. Health 2020. A European policy framework and strategy for the 21st century. (2012). Copenhagen: WHO Regional Office for Europe.
7. Shanghai Declaration on promoting health in the 2030 Agenda for Sustainable Development. 9th Global Conference on Health Promotion, Shanghai 21-24 November 2016.
8. Kickbusch I, Gleicher D. (2012) Governance for health in the 21st Century. Copenhagen: WHO Regional Office for Europe
9. Kickbusch I, Behrends T. (2013) Implementing a Health 2020 vision: governance for health in the 21st century. Making it happen. Copenhagen: WHO Regional Office for Europe
10. Taking a multisectoral, one health approach: a tripartite guide to addressing zoonotic diseases in countries. WHO Geneva, 3 June 2019.
11. WHO Manifesto for a healthy recovery from COVID-19. (2020) WHO Geneva.
12. Sustainable Development Goals
13. WWF Italia. (2020). Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi
14. WWF Italia. (2020). Quante foreste avete mangiato, usato o indossato oggi?
15. Belardelli, G. "Sconfiggeremo Covid-19 con le intelligenze collettive" Huffingtonpost Culture, 29 April 2020
16. https://www.ibm.com/it-it/watson-health/about/micromedex
17. Laguarta J, Hueto F, Subirana B. (2020). "COVID-19 Artificial Intelligence Diagnosis using only Cough Recordings," in IEEE Open Journal of Engineering in Medicine and Biology, doi: 10.1109/OJEMB.2020.3026928
18. Chen J, Choong See K. (2020). Artificial Intelligence for COVID-19: Rapid Review. J Med Internet Res. 27;22(10): e21476. doi: 10.2196/21476
19. Curbelo Perez D, Ziglio E. (2020). “Fortaleciendo la resiliencia en tiempos de la COVID-19: una prioridad para la salud y para el progreso hacia los ODS”. Revista Iberoamericana de Bioética, 14, pp. 2-14