fbpx Mettiamo davvero la biodiversità nell’agenda di governo | Scienza in rete

Mettiamo davvero la biodiversità nell’agenda di governo

Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare diventa Ministero della Transizione ecologica. Mario Draghi nel suo discorso al Senato nomina esplicitamente la biodiversità. Sarà necessario un impegno concreto, nel sostegno alle attività di tutela, monitoraggio e ricerca, che nel nostro Paese soffrono di una cronica mancanza di fondi adeguati.

Tempo di lettura: 5 mins

Nel suo discorso al Senato , tra le priorità e le linee di azione del nuovo Governo, il neo presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi ha a più riprese nominato l’intenzione di dare una attenzione alle politiche ambientali. E ha fatto un esplicito riferimento alla biodiversità, affermando: «proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, richiede un approccio nuovo: digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori , biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane».

Ci si auspica che la parola biodiversità non sia stata collocata nel discorso a puro titolo decorativo, ma con una reale intenzione di promuovere azioni politiche a tutela di quello che è un patrimonio importantissimo della nostra penisola, e che in tutti questi anni è sempre stata relegata a cenerentola dei finanziamenti. L’Italia è tra i Paesi europei che vantano il patrimonio di biodiversità più ricco e diversificato, grazie alla grande varietà geologica, topografica e climatica che la caratterizzano, nonché alla posizione centrale che occupa nel Mediterraneo, uno dei bacini più importanti per la biodiversità, e al contempo uno di quelli più a rischio a causa del suo intenso utilizzo umano. L’Italia ospita non solo un’altissima varietà di specie animali e vegetali, ma anche di endemismi, ovvero specie che vivono solo all’interno dei confini italiani. Secondo l'annuario dei dati ambientali elaborato da ISPRA , in Italia sono presenti 60 mila entità animali (di cui il 98% invertebrati), e più di 12 mila floristiche. Il 16% delle specie floristiche e il 20% di quelle faunistiche sono endemismi.

Eppure, tutta questa ricchezza è sottoposta a molte minacce. Sono minacciati o a rischio di estinzione , ad esempio, il 23% dei mammiferi, il 27% degli uccelli nidificanti, il 36% degli anfibi e quasi la metà dei pesci di acqua dolce, oltre al 42% di piante che sono tutelate da leggi internazionali come la Convenzione di Berna e la Direttiva habitat 92/43/CE. Per obblighi comunitari, il nostro Paese deve assicurare il monitoraggio e la tutela per tutte quelle specie animali e vegetali, e gli habitat che sono contenuti nella direttiva habitat, che in Italia è stata recepita dal D.P.R. 357 del 1997. Ma, come succede già per la ricerca universitaria, per la quale lo stesso Draghi ha denunciato nel discorso al Senato la carenza di necessari investimenti, i fondi per monitoraggio, conservazione e ricerca applicata e finalizzata alla tutela, sono sempre molto scarsi e faticosi da reperire. Molte azioni di conservazione nel nostro Paese sono state portate avanti con successo solo grazie all’ottenimento di fondi europei, principalmente attraverso lo strumento finanziario del programma LIFE. La maggior parte di chi lavora nel settore della conservazione e gestione della natura, così come chi si occupa di ricerca in ambito ambientale e naturalistico, soffre una cronica precarietà contrattuale, nonché, molto spesso, di una inadeguata remunerazione, per svolgere compiti che invece sono essenziali per il benessere della natura e della sua biodiversità, che, come ha insegnato l’attuale pandemia e la minaccia del riscaldamento globale, è anche la nostra salute.

Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del Mare è sempre stato senza portafogli. In questo senso ci si auspica che la sua trasformazione in Ministero della Transizione Ecologica, che invece un portafoglio ce l’ha, possa portare a una concreta azione nelle materie ambientali. Eppure preoccupa, nel mondo di chi si occupa di biodiversità e natura, proprio questo cambiamento di nome del Ministero. Scompaiono le parole “ambiente” e “tutela”, e viene data enfasi alla “transizione”, che però richiama alla mente più che altro azioni per un sistema produttivo più sostenibile. Cosa che lo stesso neoministro Cingolani ha dichiarato nel suo saluto ai lettori della rubrica Green & Blue di Repubblica, che curava prima della nomina a Ministro. Le priorità che Cingolani nomina sono tutte orientate verso una sostenibilità dei sistemi energetici e infrastrutturali. E se è vero che l’European Green Deal, nel cui solco si muoverà il neo ministero della Transizione Ecologica, punta fortemente a rendere sostenibile l’economia dell’UE, è altrettanto vero che contiene al suo interno una strategia europea per la biodiversità che mira nel prossimo decennio a un incremento delle aree protette, a un ripristino degli ecosistemi (impegno che dovrebbe essere formalmente sottoscritto dagli Stati membri proprio nel 2021 ) e investimenti finanziari per la tutela e il miglioramento delle conoscenze sui temi della biodiversità.

Conservare la biodiversità e salvaguardare il patrimonio naturale unico italiano ed europeo non ha solo una valenza etica e ecologica. Ma è imprescindibile per la salute dei territori e quella umana: come ci spiega il sempre più necessario approccio di One Health, una sola salute, tutelare la salute degli ecosistemi significa tutelare la nostra salute. E non solo: la biodiversità ha delle importantissime ricadute economiche, in termini dei servizi ecosistemici che garantisce. Si pensi solo al ruolo che hanno gli insetti impollinatori per l’agricoltura, o a quello del controllo degli insetti nocivi all’agricoltura che svolgono i chirotteri, solo per citare due esempi conosciuti. Ma pensiamo anche all’importanza dei micro e macrorganismi del suolo, che rendono la terra fertile e produttiva, o al ricavo economico che si può avere da un mare in salute e con stock ittici ricchi e rinnovabili, o al fondamentale ruolo delle foreste nel rendere respirabile l’aria. La natura è un meccanismo complesso, tutte le numerosissime e diverse forme che ne fanno parte sono  ingranaggi che hanno bisogno di essere tutelati a tutti i livelli per poter funzionare al loro meglio. Se si inceppa anche il più piccolo e apparentemente insignificante ingranaggio, si generano effetti a catena imprevedibili. Ed estremamente più difficili e costosi da contrastare.

Ecco perché, caro Presidente del Consiglio e caro Ministro della Transizione ecologica, ci si auspica che la parola biodiversità sia più di un concetto inserito in un discorso di intenti, ma un impegno concreto, da mettere in cima alla lista di un neo Ministero che non deve assolutamente perdere di vista la valenza di tutela dell’ambiente e del territorio tutto. E se il neo fondato ministero ha finalmente soldi da investire direttamente per le sue azioni, metta nella sua agenda tra le azioni prioritarie e su cui investire la conservazione della natura, in termini di tutela, monitoraggio e ricerca.

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

COP28: It's Up to the Oil Tycoon to Say Goodbye to Fossils

Source: UNFCCC.

It had to be an oil tycoon to say goodbye to fossils, like the smoker extinguishing his last cigarette and the alcoholic giving up the Negroni. And so it was: for the first time at a United Nations climate change Conference of the Parties, we declare in black and white our desire to abandon coal, gas, and oil. COP28 was held in Dubai, one of the countries most dependent on fossil fuels, and was coordinated by the extremely capable Sultan al-Jaber, president of the largest oil company, ADNOC.