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Il tracciamento manuale può essere più efficace di quello digitale

Il tracciamento manuale dei contatti è più efficace di quello digitale assumendo che la probabilità di ricordare i propri contatti sia pari al quadrato della percentuale di adozione dell'app. Questo è il risultato di un lavoro pubblicato di recente su Nature Communications da un gruppo di fisici statistici coordinato dalla professoressa Raffaella Burioni dell'Università di Parma. Il risultato è probabilmente dovuto all'importanza degli eventi di superdiffusione nell'epidemia di Covid-19. Se un superdiffusore non ha l'app di tracciamento, i suoi numerosi contatti a rischio non potranno essere allertati. È importante ricordare però che se il ritardo nell'identificazione e nell'isolamento dei contatti a rischio supera i tre giorni, il contributo del tracciamento manuale diminuisce drasticamente. Crediti immagine: Timon Studler / Wikimedia Commons.

Tempo di lettura: 6 mins

Isolare gli individui sintomatici, tracciare gli asintomatici: questi sono due punti fondamentali nelle strategie per contenere la diffusione di Covid-19. Lo saranno ancora di più nei prossimi mesi e anni quando i vaccini ci permetteranno una migliore convivenza con il SARS-CoV-2 ma comunque non impediranno l’accendersi di nuovi focolai.

Ma quali sono le migliori strategie per il contact tracing, il tracciamento dei contatti che permette di trovare gli infetti asintomatici e isolarli perché non infettino più?

Da una parte c’è il tracciamento manuale: personale sanitario dedicato che intervista la persona infettata e cerca di ricostruire le catene di contagio attraverso i suoi ricordi, contattando personalmente i potenziali contagiatori e contagiati. Dall’altra un’alternativa interessante e moderna, il tracciamento digitale. Sfrutta app di tracciamento scaricate dagli utenti sui propri smartphone e, attraverso delle procedure che preservano la privacy, ricorda e ricostruisce (quasi) in automatico le catene dei contatti, li rintraccia e li avvisa direttamente via smartphone. Un nostro recente lavoro pubblicato sulla rivista Nature Communications ha confrontato questi due approcci per capire quale sia il più efficace considerate le caratteristiche dell’epidemia di Covid-19.

 

Il ruolo dei superdiffusori

Sulla carta, la procedura digitale sembra molto più efficiente: elimina il ritardo con cui il personale sanitario rintraccia i potenziali contagiati, non ha problemi a ricordare tutti i contatti potenzialmente pericolosi, è più economica e flessibile, almeno se si riesce a convincere buona parte della popolazione a installare l’app. Tutto qui?

Il problema non è così semplice perché le due procedure agiscono in maniera diversa sulla popolazione. Infatti, nel cercare i potenziali infetti/infettatori, il tracing manuale e digitale campionano statisticamente in maniera diversa la popolazione.

La differenza nel modo in cui gli infetti asintomatici vengono “trovati” dalle due strategie di tracciamento è sottile ma chiara: nel caso manuale, gli asintomatici vengono cercati in modo casuale tra i contatti dell’infetto sintomatico, in particolare tra quelli che riesce a ricordare; nel caso digitale invece, sia l’infetto sintomatico che i suoi contatti devono aver adottato l’app, mentre gli altri individui vengono totalmente esclusi dal tracciamento.

Per la nostra ricerca siamo partiti proprio da questa differenza. Volevamo capire se le due procedure esplorano la popolazione in maniera ugualmente efficiente, in particolare per quanto riguarda alcuni attori molto importanti nella trasmissione dell’epidemia, i cosiddetti superspreaders, o superdiffusori. Questi sono individui che hanno un grande numero di contatti, per abitudini o per il lavoro che svolgono. Quindi, se si infettano e sono asintomatici, inconsapevolmente continuano la loro attività e possono così contagiare moltissime persone, agendo da amplificatori e praticamente tenendo viva un’epidemia anche quando si sta spegnendo. La presenza di questi hub è molto nota nei sistemi sociali e ha spesso effetti importanti. Per l’epidemia di Covid-19 numerosi studi hanno evidenziato che il ruolo dei superdiffusori è particolarmente rilevante.

L’effetto dei superdiffusori nel contact tracing è ancora più evidente: con la procedura manuale è molto probabile che qualcuno dei loro tanti contatti, se contagiato, si ricordi dell'incontro e permetta così di risalire alla sua identità fino a riconoscerlo come fonte del contagio; con il contact tracing digitale, se il superdiffusore non utilizza l'app non è possibile in alcun modo risalire a lui. È praticamente invisibile. Il fatto che il contact tracing manuale sfrutti proprio la caratteristica principale di pericolosità dei superdiffusori, cioè i loro tantissimi contatti, spinge a pensare che possa essere molto efficace.

Il modello

Per capire se questo diverso campionamento sia davvero importante e se possa fare la differenza a livello quantitativo, abbiamo costruito un modello per la rete di contatti su cui si trasmette l’epidemia. Infatti non basta riconoscere un fenomeno, dobbiamo misurare il suo effetto sul processo che stiamo considerando.

Per farlo abbiamo simulato la diffusione dell’epidemia su una rete di contatti che riproduce una caratteristica importante dei sistemi sociali, cioè l’attività di ogni persona, definita come il numero di azioni di contatto compiute in media in un giorno da ognuno di noi. La distribuzione dell’attività si può misurare accuratamente da dati sperimentali e, non è sorprendente, anch’essa è caratterizzata da una grande variabilità. Molte persone hanno pochi contatti al giorno, un po’ di meno ne hanno abbastanza, ma ci sono comunque individui che hanno tantissimi contatti al giorno. La distribuzione delle attività segue una “legge a potenza”, una funzione ben nota che può causare effetti importanti.

Su questa rete di contatti generata dalle attività sociali degli individui si propaga il virus attraverso un “modello a compartimenti”: ogni compartimento descrive una parte specifica di popolazione. I suscettibili (cioè quelli che potenzialmente si possono infettare), gli infetti e i guariti. Dobbiamo però includere una caratteristica importante dell’epidemia di Covid-19: la presenza degli asintomatici, che rappresentano circa il 40% dei contagiati. Quindi, nel nostro modello gli infetti vengono divisi in due categorie. I sintomatici, dopo una breve fase pre-sintomatica in cui sono già contagiosi, cominciano a presentare sintomi e dunque possono essere identificati e rapidamente isolati. Gli asintomatici sono invece epidemiologicamente più pericolosi, perché non si possono riconoscere dalla presenza di sintomi e quindi possono essere rintracciati e isolati solo tramite tracciamento (manuale o digitale), quando vengono infettati da un sintomatico oppure quando infettano un individuo che poi sviluppa sintomi.

I risultati

Anche se il tracciamento digitale è molto innovativo ed economico, anche ipotizzando una diffusione molto elevata dell'app nella popolazione, il contributo della procedura manuale resta cruciale per trovare i superdiffusori. L’effetto di “rintracciamento da cerchia di contatti” è efficiente anche quando consideriamo gli inevitabili ritardi che ci sono nel tracciamento manuale e anche assumendo che molto probabilmente non tutti ricordano con precisione i propri contatti. Tuttavia se il ritardo nel tracciamento manuale supera i tre giorni, l’impatto in termini di contenimento del contagio diminuisce drasticamente. Questo risultato è in linea con quanto osservato dal gruppo del Big Data Institute di Oxford coordinato da Christophe Fraser in questo articolo pubblicato a maggio del 2020 su Science.

D’altra parte, l’app diventa rilevante solo quando viene adottata in percentuali elevatissime, superiori al 60%, come accaduto in pochissimi paesi. Se non si raggiungono quei livelli di adozione, non si può prescindere dal processo manuale, che contribuisce in modo più significativo di quello digitale al tracciamento.

Il nostro risultato è coerente con quello ottenuto in questo lavoro pubblicato recentemente su Nature Physics e coordinato da Yong-Yeol Ahn della Indiana University Bloomington. Ahn e coautori hanno mostrato che per l’epidemia di Covid-19 il tracciamento “all’indietro” (che cerca cioè di individuare la persona da cui ha avuto origine la catena di contagio) è più efficace di quello “in avanti” (che cerca invece di individuare chi è stato contagiato e isolarlo). Nel tracciamento retrospettivo se una persona viene individuata come contatto di più casi positivi, questo permette di ipotizzare che sia stato lui l'origine della catena del contagio e dunque di individuare e isolare tra i suoi tanti contatti quelli che sono stati esposti al rischio di infezione.

Probabilmente il nostro risultato e quello ottenuto da Ahn e colleghi sono motivati dallo stesso fenomeno: la grande importanza degli eventi di superdiffusione nell'epidemia di SARS-CoV-2.

Per quanto riguarda il tracciamento digitale, il nostro lavoro indica che anche se non si riesce a far adottare in massa le app esistono delle strategie utili per migliorarne l’efficacia, ad esempio incoraggiando l’adozione delle applicazioni di tracciamento proprio nella popolazione dei più pericolosi, ovvero gli individui molto attivi nei loro contatti e quindi potenziali superdiffusori.

È importante sottolineare che la conclusione della nostra ricerca non implica che il tracciamento digitale sia inutile ma solo che quello manuale ha delle potenzialità maggiori date le caratteristiche di questa epidemia e dunque merita un investimento di risorse importante. Il tracciamento digitale può comunque dare un contributo, come ad esempio è stato dimostrato per la app del National Health Service britannico, ed è dunque importante sfruttare anche questo strumento per contenere la diffusione del virus.

 


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