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C’è veramente un problema di scienza in agricoltura?

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La recente approvazione del DDL 988 parifica agricoltura biologica e biodinamica. Ma l’assioma che la sostenibilità in agricoltura sia rappresentata esclusivamente dall’agricoltura biologica e anche biodinamica è sbagliato, oltre che offensivo per chi fa agricoltura in modo consapevole, limitando l'inquinamento dell’ambiente e garantendo accesso al cibo e sicurezza del consumatore.

Crediti immagine: Clay LeConey/Unsplash

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Le scienze agrarie sono complesse e ampiamente interdisciplinari e hanno l’obiettivo di garantire l’accesso al cibo sicuro nel rispetto dell’ambiente e del consumatore. Le conoscenze agronomiche sono alla base dello sviluppo delle pratiche di coltivazione che si sono evolute continuamente da quando l’uomo da cacciatore-raccoglitore è diventato agricoltore (neolitico) arrivando a sfamare una percentuale sempre più elevata della popolazione mondiale che all’inizio di questo secolo ha superato i sette miliardi di persone. La recente approvazione da parte del Senato del DDL 988 su agricoltura biologica e biodinamica ha ripreso un’accesa discussione sul ruolo di queste pratiche agricole, nel decreto parificate (Art. 1) e in generale incensate come fondamentali per la nostra agricoltura.

L’assioma che la sostenibilità in agricoltura sia rappresentata esclusivamente dall’agricoltura biologica e anche biodinamica (che si distingue per l’uso di prodotti generati da pratiche tradizionali con una forte base esoterica) è sbagliato. In più è offensivo per chi fa agricoltura in modo consapevole, limitando l'inquinamento dell’ambiente e garantendo accesso al cibo e sicurezza del consumatore, e questo senza essere sostenuto da continui lauti contributi statali e ambire a prezzi più elevati come accade con il biologico e ancor di più con il biodinamico. Nel caso del biodinamico, i profitti contribuiscono anche ad arricchire una multinazionale come Demeter, a cui devono essere associate tutte le aziende biodinamiche. La società, fondata nel 1927 a Berlino, non sembra avere un bilancio trasparente ma apparentemente il suo fatturato supererebbe quello della famigerata Monsanto, multinazionale antagonista per eccellenza.

Il problema della corretta definizione di sostenibilità in agricoltura è reale e attuale tenendo conto delle emergenze che dovremo continuare ad affrontare, tra cui: incremento demografico, cambiamento climatico, nuove pandemie fitosanitarie, riduzione di terreno agricolo. Tra queste, le emergenze fitosanitarie saranno sicuramente le più critiche. L'Organizzazione delle Nazioni Unite stima che i parassiti delle piante e gli agenti patogeni causino perdite annuali fino al 40% per colture alimentari globali, lasciando milioni di persone senza cibo a sufficienza.

Allo stesso tempo, vi è una forte pressione sociale e politica per diminuire l'uso di pesticidi e prodotti chimici per l'agricoltura, come si osserva anche all'interno del Green Deal europeo recentemente pubblicato, dove è prevista una diminuzione del 50% nell'uso di pesticidi prima del 2030, allo stesso tempo aumentando al 25% la superficie agricola gestita con metodo biologico, in Italia ora parificata a quella biodinamica dal DDL 988. Questa visione europea sta mobilitando tanti fondi comunitari a cui molti sono già pronti ad attingere, ma siamo sicuri che sia realizzabile? Chi ha fatto questi calcoli ha veramente tenuto conto della difficoltà di difendere le nostre colture senza pesticidi, o che veramente basti dire facciamo biologico e biodinamico per risolvere i problemi ambientali continuando a garantire la salute del consumatore? Queste posizioni sembrano piuttosto il frutto di valutazioni fatte da un ecologismo teorico che dimentica i dati sul calo delle produzioni riscontrate nell’agricoltura biologica e biodinamica (non lo possono negare visto che continuano a chiedere contributi per compensare il calo delle rese) o il rischio di aumentare di fatto l’uso di pesticidi chimici, visto che tra le sostanze accettate nei disciplinari del biologico (e del biodinamico) ci sono anche metalli pesanti, come rame e zolfo. Quest’ultimo fatto è poco noto all’opinione pubblica, che assume che questi tipi di agricoltura siano liberi da pesticidi.

Se a questo poi si aggiunge il pregiudizio acerrimo contro l’applicazione di ogni innovazione tecnologica (nuove biotecnologie e nuove molecole) utile a risolvere le emergenze da affrontare, significa portare l’agricoltura verso un futuro di difficile sussistenza con un forte impatto sulle realtà produttive.

Questo è il pensiero predominante nella nostra società e sembra difficile contraddirlo, tanto che i decisori politici lo assecondano e lo sostengono all’unanimità, così come è successo con il voto di 195 senatori a favore del DDL 988 e uno contrario. Perché si è arrivato a questo consenso e che valore ha l’unico voto di dissenso?

Il consenso politico è frutto dell’opinione pubblica ora orientata verso posizioni recepite anche dalla visione europea del Green Deal, basate sull’esigenza reale di garantire una maggiore sostenibilità alla nostra società, non solo ai nostri sistemi agricoli, ma definite secondo un percorso che non sembra essere stato informato appropriatamente da conoscenze tecniche e scientifiche.

Le istituzioni non possono dimenticare, in favore di biologico e biodinamico, la “agricoltura integrata”, un sistema di produzione agricola a basso impatto ambientale che prevede l'uso coordinato e razionale di tutti i fattori della produzione allo scopo di ridurre al minimo il ricorso a mezzi tecnici che dannosi per l'ambiente o la salute dei consumatori. Si tratta di un approccio che si basa su quasi 50 anni di ricerca e sperimentazione e 30 anni di produzione, con diverse regolamentazioni UE. L’agricoltura integrata rimane il principale modello di produzione di alimenti sani e certificati per il nostro paese e per i paesi dell’Unione Europea ed è importante continuare a comunicare questo messaggio e spiegare ai consumatori che si tratta di una tecnica consolidata, che porta allo sviluppo di un sistema di coltivazione sostenibile, basato sull’integrazione delle tecnologie più efficienti e appropriate a risolvere le criticità che possono interessare un ciclo produttivo.

È altresì importante sottolineare il termine “integrazione” inteso come possibilità di esplorare tutte le conoscenze disponibili per trovare le migliori combinazioni per garantire quel compromesso “sicurezza – beneficio” che deve interessare ogni nuova pratica agricola. Questo principio deve contrastare il concetto di “esclusione” su cui si basano biologico e biodinamico che, sostenendo con estrema arroganza possibili benefici delle pratiche proposte (anche esoteriche nel caso del biodinamico), ne esclude a priori altre che, invece, sono estremamente utili per raggiungere gli stessi obiettivi.

Il DDL 988 prevede di destinare fondi per la ricerca e la formazione nell’agricoltura biologica e biodinamica. La legge ora li parifica, ma i biologici sono contenti di condividere questi programmi con chi applica pratiche esoteriche definite dal teosofo Steiner all’inizio del secolo scorso? La comunità scientifica è abituata al dibattito e giunge alle conclusioni valutando la solidità del metodo scientifico adottato e la qualità del risultato, questo metodo come può essere garantito con le pratiche previste dal biodinamico? Chi farà sperimentazione e formazione su queste pratiche? Non possono essere i dipartimenti, corsi di laurea e di dottorato delle Scienze Agrarie. Su questo la comunità scientifica sarà chiamata a vigilare e a garantire la qualità scientifica adottata nella ricerca e nei diversi livelli di formazione. Questo deve valere anche per tutte le altre scienze che interagiscono con questo settore, non solo biologiche ma anche umanistiche. L’impegno deve esserci anche nel mantenere e consolidare il rapporto con la società, spiegando con piena trasparenza, senza manipolazione, e maggiore aderenza con la realtà, le possibili soluzioni che continueranno a garantire la sicurezza alimentare nel rispetto dell’ambiente. In questo modo probabilmente presto il rapporto 195 Senatori a 1 cambierà in quanto anche i nostri decisori politici saranno in grado di valutare e prendere decisioni basate su conoscenze approfondite e non su credenze o interessi di gruppi o di teorie di cui non è provata la reale validità. Anche questo vale per tutte le scienze, non solo per quelle agrarie.

Poi è chiaro che si può ancora credere sull’influenza delle fasi lunari sulle cose terrestri, così gli esseri umani si sono orientati per millenni, ma queste credenze non possono entrare nelle università e soprattutto nelle sedi dei decisori politici nazionali ed europei.

 

Bruno Mezzetti sostiene la petizione lanciata da David Horner, biologo molecolare all’Università degli Studi di Milano, e firmata da scienziati italiani di primo piano per esprimere al Governo il loro sgomento riguardo il DDL 988, che dovrà ora tornare alla Camera per l’approvazione finale

 


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