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Biodinamico: se la politica perde i riferimenti della realtà

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Il DDL 988, approvato dal Senato il 20 maggio scorso e ora in attesa di essere discusso alla Camera, ha suscitato le critiche della comunità scientifica riguardo alla proposta di equiparare le pratiche dell'agricoltura biodinamica a quelle biologiche. Anche l'Accademia dei Lincei si è schierata contro, con un comunicato molto duro in cui chiede alla Camera di evitare che "pratiche basate su insensate credenze esoterico/astrologiche che sembrano uscite da un trattato di stregoneria" vengano finanziate dai cittadini di un paese che fa parte del G8 e ora presiede il G20. Ma, denuncia Rino Falcone, il sostegno dell'agricoltura biodinamica denuncia l'affermazione di un pensiero post-scientifico che si materializza nelle parole di Carlo Petrini, fondatore del movimento Slow Food, in un recente commento "è il lavoro contadino che sfama il mondo, e non la scienza, che deve quindi essere supporto e non egemonia". 

Immagine di Pixabay.

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Pochi giorni fa, il 13 giugno 2021, la Commissione Ricerca dell’Accademia dei Lincei, con un atto assai irrituale rispetto alle cautele che sempre ne hanno caratterizzato la propria azione, si è pronunciata con un comunicato durissimo nei riguardi del DDL 988 approvato dal Senato della Repubblica il 20 maggio e che norma l’agricoltura biologica inserendo però nella Legge anche una equiparazione con la cosiddetta “agricoltura biodinamica”. Il comunicato merita di essere completamente riportato:

Il Diavolo è nei dettagli. E i Senatori della Repubblica Italiana non prestano attenzione ai dettagli. Solo così si può spiegare come la Camera Alta di un Paese che fa parte del G8 e attualmente presiede il G20 possa, nelle pieghe di un DDL inteso per la tutela e sviluppo dell’agricoltura biologica, aver votato quasi all’unanimità a favore delle pratiche dell’agricoltura biodinamica. Attribuendo all’agricoltura biodinamica la stessa dignità dell’agricoltura biologica. Anzi, assimilandola a questa. Il dettaglio è proprio qui: biologico e biodinamico possono sembrare termini simili - e in generale tutto ciò che ha il prefisso “bio” è oggi percepito come “naturale” e quindi sano e salutare. Ma l’agricoltura biodinamica è qualcosa di assai diverso. Talmente diverso che il nostro Senato dovrebbe riconoscere come grave errore l’avere attribuito alla biodinamica uno status tale da poter essere addirittura sostenuta e incentivata a spese dei contribuenti. L’agricoltura biodinamica prevede infatti pratiche basate su insensate credenze esoterico/astrologiche che sembrano uscite da un trattato di stregoneria. Pratiche che non solo non hanno alcuna base scientifica o empiricamente dimostrabile, ma risultano addirittura grottesche e in molti casi ripugnanti. Pratiche che, se verranno adottate, getteranno discredito sul marchio di qualità del nostro Paese, che il DDL intende invece valorizzare e tutelare. Non solo: va infatti sottolineato che in Italia “biodinamica®” è marchio registrato dell’associazione privata Demeter, a cui quindi dovrebbero essere pagati diritti da chiunque di questo marchio volesse fregiarsi. Questa associazione privata, se il DDL venisse definitivamente approvato nella forma licenziata dal Senato, avrebbe di fatto parola nella distribuzione di fondi pubblici. Non desideriamo entrare nel merito degli interessi che possono aver indotto a inserire l’agricoltura biodinamica in questo DDL. Per alcuni aspetti la vicenda ricorda quella del metodo Stamina: si deve però imparare dagli errori del passato, e soprattutto evitare di ripeterli. Auspichiamo quindi con convinzione e forza che, come a suo tempo nel caso Stamina, la Camera dei Deputati emendi la legge. Il biologico è ormai una realtà importante del nostro sistema agroalimentare - così come l’attenzione verso la salubrità degli alimenti - e questo DDL è non solo opportuno ma tempestivo e necessario. Il biodinamico però non può e non deve assolutamente rientrare in questo DDL. È necessario e sufficiente che questo termine venga eliminato dal testo.

È bene sottolineare come l’Accademia dei Lincei sia la più prestigiosa istituzione scientifica del paese e possa vantarsi di una riconosciuta valenza istituzionale (tra le altre cose conferisce premi autorevoli come quello del “Presidente della Repubblica”, istituito da Luigi Einaudi e assegnato regolarmente a studiosi di assoluto valore). Non si tratta quindi di una presa di posizione minoritaria o marginale ma di una vera e propria denuncia che la comunità scientifica, rappresentata ai suoi più alti livelli, si è sentita costretta a formulare.

D’altra parte, già nella comunità scientifica più diffusa si erano immediatamente sollevate voci di protesta non appena si era concretizzata l’approvazione in Senato (con la sola Senatrice Elena Cattaneo, scienziata di valore internazionale, votante contro questa norma a fronte di 195 voti favorevoli e un astenuto tra i 197 presenti). Nel suo efficace intervento in aula, Cattaneo aveva anche raccolto applausi e consensi, inspiegabilmente svaniti al momento del voto. Un appello è stato prontamente preparato e diffuso dagli scienziati e ha raccolto al momento oltre 34 000 firme.

Come ben denunciato nel comunicato dei Lincei, il nodo problematico di questa Legge è non solo quello di fare riferimento a una pratica (la cosiddetta agricoltura biodinamica) che nulla a che vedere con protocolli agricoli scientificamente riconosciuti, sdoganando e ufficializzando di fatto messaggi ingannevoli circa salubrità e qualità. Ma addirittura di decidere di equipararla alla agricoltura biologica, determinando per pratiche magico-esoteriche esplicitamente evidenti, uno status che permetterà anche di avvantaggiarsi in ordine a finanziamenti pubblici (precisamente contenuti nella Legge: articoli 9 e 11).

I portatori di interesse del biodinamico sostengono che questa legge equipari biodinamico e biologico perché "sarebbe già così nei regolamenti europei". Ma ciò è falso per due motivi.

Innanzitutto, se l'equiparazione fosse già sancita in un Regolamento europeo, allora non ci sarebbe alcun bisogno di ripeterla in una legge dello stato italiano. Infatti: “I regolamenti hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili. Essi devono essere pienamente rispettati dai destinatari (privati, stati membri, istituzioni dell'Unione). I regolamenti sono direttamente applicabili in tutti gli stati membri a partire dalla loro entrata in vigore (alla data specificata o, in assenza di indicazione, venti giorni dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea), senza necessità di recepimento nel diritto nazionale.”

In secondo luogo, nel Regolamento europeo 848 del 2018 sull'agricoltura biologica (che abroga il precedente del 2007 e tutti quelli ancora precedenti) si cita tre volte la parola "biodinamica". Le prime due volte essa viene usata semplicemente per sostenere che i "preparati biodinamici" sono "miscele tradizionalmente usate in agricoltura biodinamica"; nella terza occorrenza, si precisa che in agricoltura biologica "è consentito l'uso di preparati biodinamici". Elementi normativi che non impongono, né prevedono, né richiedono una equiparazione dei disciplinari biodinamici a quelli dell'agricoltura biologica. Né alcun finanziamento e peggio ancora che possano costituire materia di insegnamento.

Insomma, è del tutto evidente che siamo di fronte a un tentativo di sfondamento da parte di una visione pittoresca e antiscientifica della agricoltura. Visione che approfitta del nuovo panorama culturale di adeguata riconversione del nostro modello di sviluppo in chiave di sostenibilità e di tutela ambientale e verde, per far passare protocolli e mode, completamente fuori dalla logica del pensiero razionale, come la nuova frontiera dello sviluppo green.

Sembra però emergere, in alcuni esponenti molto accreditati come Carlo Petrini, una questione persino più profonda e dirompente. Nel suo intervento su La Stampa dello scorso 14 giugno si propone come fervido sostenitore della agricoltura biodinamica senza portare un solo argomento a favore dei protocolli magico-esoterici che la contraddistinguono. È vero, si fa mediatore della conoscenza di molti produttori che adottano questo metodo, ma senza fornire un argomento (uno!) sulla validità delle fantasiose pratiche agricole. Si concentra invece sulla inadeguatezza degli scienziati che criticano il biodinamico sollevando un “polverone mediatico” con la “certezza di essere in possesso della verità assoluta”.

Ma non ci sarebbe stato nessun polverone se Petrini e i seguaci del biodinamico fossero in grado di spiegare come possono funzionare disciplinari che prevedono preparati di base costituiti con “letame infilato nel cavo di un corno di una vacca che abbia partorito almeno una volta”, oppure con “una vescica di cervo maschio riempita di fiori di achillea, lasciata essiccare al sole per tutta l’estate, sotterrata a 30 centimetri di profondità in autunno e dissotterrata nel periodo di Pasqua.”

Non bisogna possedere “verità assolute” perché la scienza, guidata dal metodo scientifico che del dubbio fa uno dei capisaldi per l’accrescimento della conoscenza, denunci la non dimostrabilità di tanta illogica fantasia (e, non a caso, lo stesso Petrini non spende una sola parola per convincere). Ma Petrini ovviamente ne ha per tutti, inclusa l’agricoltura tradizionale che è vero “è stato un rimedio valido al problema della fame” ma che ormai ha fatto il suo tempo e può, a suo dire, solo inquinare. A questo hanno risposto con abbondanza di argomenti, tanto riguardanti la esponenziale riduzione nel tempo di agrofarmaci nelle colture, quanto la necessità di continuare in una produzione di massa che permetta di sfamare i sette miliardi di umani presenti attualmente sul pianeta, altri più esperti di me (si veda per esempio, Roberto Defez su La Stampa il 16 giugno 2021: “Tra mistificazione e truffa, la beffa dell’agricoltura biodinamica”).

La cosa più eclatante è la visione post-scientifica che Petrini sposa. Mentre afferma di essere “tutto fuorché un oppositore del metodo scientifico”, intanto delinea per questo metodo una applicabilità di maniera, ossia va usato “con buon senso” (?!), e sapendo che non può “funzionare sempre e in ogni ambito” (non è chiaro a Petrini che le condizioni al contorno fanno parte della, e definiscono la, validità delle conoscenze acquisite attraverso il metodo scientifico). Ecco quindi che il metodo scientifico va superato con la “modernità agricola” che è “nelle mani di coloro che, lavorando la terra, coniugano i vantaggi offerti dalle innovazioni tecnologiche con i saperi e le pratiche ancestrali”.

Sarebbe troppo pretendere che nel suo ampio ragionamento Petrini tenesse conto e distinguesse “tecnologia” da “scienza”. Le innovazioni tecnologiche derivano dallo sviluppo di nuova conoscenza. Ma la conoscenza e la sua validità, approvata attraverso il metodo scientifico, riguarda qualunque parte della realtà. In particolare, di quella fisica. E non è chiaro come “le pratiche ancestrali” possano sottrarsi alla verifica del sapere che la scienza deve certificare, almeno rispetto alla produttività, qualità e salubrità dei terreni agricoli. È su questo ambito (modificazione dei prodotti agricoli) che la scienza viene interrogata, non su come le pratiche ancestrali determinano la cultura contadina, che pure rappresenta una interessante e collegata dimensione. Relativa però ad aspetti socio-culturali, a uno specifico spirituale e proto-filosofico che può essere oggetto di studi antropologici di valore ma non di norme sull’agricoltura. In qualche misura si arriva a contraffare questa dimensione come una qualità che si aggiunge e trasforma il derivato agricolo, in pratica utilizzando una operazione di marketing classica.

Petrini chiude il suo commento su La Stampa con una affermazione esplicita del superamento della conoscenza come prodotto della scienza: “è il lavoro contadino che sfama il mondo, e non la scienza, che deve quindi essere supporto e non egemonia”. Anzitutto, senza la scienza e le tecnologie che ne sono derivate il mondo sarebbe sfamato per una frazione infinitesima e lo stesso lavoro degli agricoltori sarebbe rimasto alle fatiche e alle problematiche immani che i campi hanno riservato a chi li ha curati nei secoli: appare paradossale che Petrini non colga questo punto. Ma peggio ancora è la riduzione della scienza alla stregua di ancella minore nel pensiero e nella funzione umana. La scienza è per gli umani, ancor prima che strumento (per vivere meglio ed evolvere, anche nel produrre la propria alimentazione), un fine in sé. È la scoperta e il bisogno del sapere come alimento essenziale della nostra mente e delle nostre primarie esigenze di sviluppo.

Per queste ragioni crediamo che l’appello degli scienziati italiani sarà raccolto dalla Camera dei Deputati e non ci troveremo, unico paese al mondo, con una legge in cui si dà veste ufficiale a un metodo del tutto incompatibile con le pratiche agricole scientificamente validate.


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