Il DDL 988, approvato dal Senato e ora in attesa di approvazione alla Camera, assegna ruoli e futuri finanziamenti all'agricoltura biodinamica, i cui benefici per la collettività non sono supportati da evidenze scientifiche. In una recente pubblicazione della European Court of Auditors si legge che sebbene oltre un quarto di tutta la spesa agricola dell'UE nel periodo 2014-2020 sia stata destinata a misure per contrastare il cambiamento climatico, le emissioni di gas a effetto serra prodotte dall'agricoltura non sono comunque diminuite dal 2010. Questo è accaduto perché sono state finanziate attività a basso potenziale di mitigazione del clima senza incentivare invece pratiche di provata efficacia scientifica, come i metodi dell’agricoltura di precisione. Il potenziale di questi metodi è elevato e si fonda su solide basi scientifiche. Su quali basi possiamo invece affermare che i metodi biodinamici siano più sostenibili di altri? Non dovremmo, forse, procedere con i dovuti approfondimenti scientifici per garantire obiettività, imparzialità e impersonalità, in modo che le decisioni non vengano influenzate dai sentimenti personali, dalla scala di valori e dalle credenze o peggio ancora da conflitti d’interesse? Gli studi sulla maggiore sostenibilità dell'agricoltura di precisione sono pubblici e i legislatori dovrebbero utilizzarli per costruire una legge sull’agricoltura che abbia a cuore l’ambiente, le aziende e i consumatori.
Nell'immagine il monitoraggio di piante di avocado. Credit: Wikimedia Commons. Licenza: Public Domain.
In queste ultime settimane ho seguito con attenzione e crescente preoccupazione gli esiti del DDL 998 sull’agricoltura biologica e biodinamica approvato dal Senato e ora all’esame della Camera, con tutto il dibattito che ne è seguito. A mio avviso, il messaggio pubblico che passa è che il biodinamico, pur rientrando nella grande famiglia del biologico e avendo potenzialmente gli stessi effetti del biologico, richiede in ogni caso una propria specificazione e dignità.
La dichiarazione del Relatore alla Camera del DDL, l’onorevole Pasquale Maglione, sembra andare in quella direzione: «La norma, dunque, è molto precisa e non vede assolutamente una equiparazione tal quale tra i due metodi: anzi, l'equiparazione sussiste solo e soltanto se l'agricoltura biodinamica rispetta i criteri di quella biologica». Quindi, se l’agricoltura biodinamica non rispetta i criteri dell’agricoltura biologica, non vale l’equazione tra biodinamico e biologico. Viene da chiedersi se sia necessaria una legge per affermare una cosa così ovvia. Sembra piuttosto che l’obiettivo sia quello di veicolare il messaggio che esiste un valore aggiunto dei prodotti biodinamici rispetto ai soli prodotti biologici, dando così maggior forza a dichiarazioni in etichetta del prodotto con la doppia dicitura biologico e biodinamico e rispettivi loghi.
Da cittadino, ritengo legittimo che i produttori si organizzino nelle forme che ritengono opportune per valorizzare al meglio i loro prodotti. Succede per moltissimi beni di largo consumo che pur svolgendo la stessa identica funzione possono avere prezzi diversi perché appartengono a un marchio piuttosto che a un altro o perché i produttori si impegnano su fronti ritenuti eticamente rilevanti dai consumatori.
Da ricercatore trovo invece preoccupante che una legge dello stato assegni ruoli e futuri finanziamenti a rappresentanti di pratiche i cui benefici per la collettività non sono supportati da evidenze scientifiche. In una recente pubblicazione della European Court of Auditors emerge il fatto, preoccupante, che sebbene oltre un quarto di tutta la spesa agricola dell'UE nel periodo 2014-2020 – si parla di oltre 100 miliardi di euro – sia stata destinata a misure per contrastare il cambiamento climatico, le emissioni di gas a effetto serra prodotte dall'agricoltura non sono comunque diminuite dal 2010. Secondo gli estensori del rapporto, questo è successo perché la maggior parte delle misure di politica agricola comune hanno finanziato attività a basso potenziale di mitigazione del clima senza incentivare invece pratiche di provata efficacia scientifica, come i metodi dell’agricoltura di precisione.
Il potenziale di questi metodi è elevato e si fonda su solide basi scientifiche. Per esempio, con le tecniche di precisione si possono limitare gli apporti di fertilizzanti alle quantità strettamente necessarie alla coltura o addirittura alla singola pianta, riducendo le perdite e nel caso dei fertilizzanti azotati le emissioni di protossido di azoto, che ha un impatto sui cambiamenti climatici ben superiore rispetto a quello di altri gas ad effetto serra. Nella stessa direzione vanno anche le soluzioni di precisione per la distribuzione di molecole ad azione difensiva. Queste molecole hanno un impatto ambientale e sono ancora oggi distribuite su ampie superfici, nonostante la ricerca abbia effettivamente contribuito a ridurne l’uso. Un domani, non molto lontano, queste sostanze potranno essere distribuite solo alle aree dell’azienda o della singola pianta, effettivamente colpite dai patogeni e dagli insetti. In questo campo, le tecnologie di identificazione basate su tecniche di visione nel visibile e nel non visibile, in abbinamento a sistemi d’intelligenza artificiale, stanno progredendo rapidamente per il riconoscimento automatico e precoce delle zone colpite in modo da intervenire localmente, rapidamente e con micro dosi di prodotto.
Una citazione a sé merita l’irrigazione, una pratica essenziale per produrre cibo, considerando che ben il 40% della produzione mondiale di alimenti origina dal 20% delle aree che sono irrigate. In un mondo dove la carenza d’acqua irrigua sarà la norma per effetto dei cambiamenti climatici, ogni goccia d’acqua dovrà essere distribuita con la massima cura. In questo settore, abbiamo le conoscenze e le tecnologie per far sì che questi sistemi possano diventare rapidamente una realtà diffusa contribuendo anche al riciclo delle acque reflue e dei nutrienti (azoto e fosforo) in esse contenuti in una logica di sostenibilità.
Su quali basi possiamo pertanto affermare che per rispondere ai temi della sostenibilità i metodi biodinamici siano superiori rispetto ad altri? Non dovremmo, forse, procedere con i dovuti approfondimenti scientifici per garantire obiettività, imparzialità e impersonalità, in modo che le decisioni non vengano influenzate dai sentimenti personali, dalla scala di valori e dalle credenze o peggio ancora dai conflitti d’interesse nei confronti di un metodo rispetto ad un altro?
Nelle scienze agrarie, seguendo un approccio sperimentale rigoroso, sono stati sperimentati e si stanno sperimentando metodi innovativi di precisione per conseguire l’uso efficiente di tutte le risorse (rinnovabili) per unità di prodotto raccolto, la migliore qualità (in senso lato) e salubrità dei prodotti, la salvaguardia dell’ambiente, un reddito per tutti gli attori della filiera agricola (imprenditori e lavoratori) e infine un prezzo equo per il consumatore.
Questi studi sono pubblici e consultabili e, a mio avviso, i legislatori dovrebbero utilizzarli per costruire una legge sull’agricoltura che abbia a cuore l’ambiente, le aziende e i consumatori.