Quando ho visitato per la prima volta Miramare, era estate. Faceva molto caldo, il Sole era alto nel cielo e due bambini correvano intorno alla fontana davanti al palazzo. Il Castello di Miramare e il suo parco nascono per volontà dell’arciduca Massimiliano d’Asburgo. Sedotto dalla bellezza del promontorio di Grignano, uno sperone carsico sul mare a pochi chilometri da Trieste, l’arciduca ne acquista vari lotti di terreno nel 1855. L’anno successivo inizia la costruzione del Castello, dove si trasferisce nel 1860 con la consorte, Carlotta di Belgio.
L’8 settembre il castello di Miramare si è trasformato in una eccezionale scenografia per la prima dello spettacolo “LIBRA: una storia futura”, un progetto che mette insieme teatro, attualità, filosofia, astronomia e fantascienza. Insieme ad attori in carne e ossa, sul palco ci sono ologrammi, visual effects e intelligenza artificiale. Lo spettacolo va in scena a Miramare anche il 9 settembre e il 12 settembre alla Fortezza di Gradisca (Gorizia). Miramare e Gradisca si trasformano in scenografie immersive di videomapping che portano lo spettatore nel futuro. Per scoprire i retroscena dello spettacolo, è possibile assistere alla conferenza spettacolo su arte e scienza, “LIBRA – dietro le quinte”, che si tiene il 10 settembre a Sistiana (Trieste).
LIBRA è realizzato dalla Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati (SISSA) di Trieste nell’ambito della quinta edizione della SISSA Summer Festival. Lo spettacolo nasce dalla collaborazione dell’astrofisico Roberto Trotta con il regista Gigi Funcis e con la scenografa Giulia Corallo e vede la partecipazione di Carlo Rovelli, Piergiorgio Odifreddi e Ed Krupp. Il regista Gigi Funcis lo definisce uno spettacolo di “teatro multimediale con molti elementi di cinema” e aggiunge “non parlerei di teatro in senso stretto, direi più che raccontiamo una storia”.
Il protagonista dello spettacolo è il cielo, nuovo spazio di conquista colonizzato con imponenti flotte di satelliti. Il crescente numero di satelliti in orbita ha conseguenze tali per cui si parla già di inquinamento satellitare. “Siamo partiti da quello che sta accadendo adesso nel cielo e abbiamo immaginato come potrebbe essere il futuro” spiega Roberto Trotta “ci siamo chiesti come potrebbe essere una società in cui internet è continuamente alla portata di tutti e in cui il cielo è affollato di satelliti”. “Avevamo una tavolozza di colori enorme che poi abbiamo ridotto e trasformato per arrivare alla forma finale dello spettacolo” racconta Funcis.
LIBRA è ambientato nel 2042, in un futuro distopico dove il cielo è oscurato dai satelliti artificiali di una multinazionale che viaggiano in orbita bassa. I satelliti formano costellazioni artificiali e impediscono la vista del cielo stellato. La rete internet ultraveloce ha come prezzo la continua presenza di spot pubblicitari su ogni dispositivo. Per i clienti più agiati, i “baroni dello spazio” offrono anche servizi come illuminare aree a richiesta, creare piogge artificiali e scrivere messaggi a caratteri enormi. “La società che abbiamo immaginato è come la nostra, ma è messa molto peggio” spiega Funcis “ad esempio, è diffusa una pandemia di sindrome da shopping seriale, per la quale le persone sono costrette a comprare la stessa cosa molte volte.”
Il protagonista della storia è Virgil, un supervisore della multinazionale, che nelle pubblicità scopre misteriosi fotogrammi che risultano collegati alla sindrome collettiva. Per cercare di risolvere il problema si farà aiutare da una ragazza adolescente e da un’intelligenza artificiale. Uno dei personaggi principali è ED44, un ologramma che aiuta Virgil nelle sue mansioni quotidiane. “Sul palco c'è un grande schermo trasparente dove vive ED44,” spiega Funcis “per crearlo abbiamo raccolto una serie di foto di Ed Krupp, grazie alle quali abbiamo ricostruito un modello 3D del volto di Krupp, a cui poi è stata data la voce di uno speaker”.
Ed Krupp è un archeoastronomo dell’Osservatorio Griffith di Los Angeles. Nel 1994 è stato fra i protagonisti di un episodio che potremmo definire una riscoperta del cielo. Il 17 gennaio di quell’anno, Los Angeles è stata colpita da un violento terremoto che ha provocato diversi danni, fra cui l’interruzione della rete elettrica. Nell’improvvisa oscurità della notte, molti cittadini si sono trovati spaesati: cosa erano quelle gigantesche nuvole argentee nel cielo? Che fossero una conseguenza del terremoto? L’indomani hanno chiamato l’Osservatorio Griffith, dove si trovava Krupp, per chiedere spiegazioni. Krupp si è poi reso conto che le persone avevano semplicemente visto il cielo stellato senza riconoscerlo.
Come abbiamo visto, LIBRA va in scena al Castello di Miramare e alla Fortezza di Gradisca che si trasformano in scenografie per lo spettacolo. Letteralmente si trasformano: “grazie al mapping architetturale, il Castello e la Fortezza diventano la città del futuro di Virgil” spiega Funcis. Nella messa in scena viene usata molta tecnologia per creare un’esperienza immersiva, un vero e proprio viaggio in un futuro possibile. “Nello spettacolo c'è anche molta musica, creata appositamente per sembrare musica del futuro” aggiunge Funcis.
LIBRA è un progetto in cui si fondono teatro e scienza. Il tema affrontato è molto attuale ed è interessante che per affrontarlo si sia utilizzato una rappresentazione teatrale. Secondo il direttore della SISSA Stefano Ruffo “comunicare la scienza usando modalità innovative è il principale obiettivo di questo progetto interessante”. Il teatro e la scienza hanno seguito ciascuno la propria storia, ma nel corso dei secoli si sono incontrati più volte. Possiamo pensare alla scienza e al teatro come due modi per vedere il mondo, interpretarlo e raccontarlo. Progetti che coinvolgono questi due approcci possono nascere in molti modi diversi. Ad esempio, il teatro può essere influenzato da eventi e fatti scientifici. La scienza può diventare uno strumento per il teatro. Oppure, la scienza può usare la comunicazione teatrale per raccontarsi. È il 1971 quando il teatro viene stato usato per la prima volta come strumento per la comunicazione della scienza al Science Museum di San Paul in Minnesota.
LIBRA ci presenta un futuro possibile, raccontando una storia, che prende le mosse dal problema dell’inquinamento satellitare. “Negli ultimi due anni sono stati lanciati oltre 1800 satelliti in orbita bassa, a un’altezza compresa tra i trecento e i cinquecento chilometri” spiega Trotta “e il crescente numero di satelliti in orbita provoca già delle forme di inquinamento”. Questi satelliti fanno parte di reti satellitari di grandi aziende private che hanno l’obiettivo di fornire connessione internet. Una rete internet satellitare permette di superare i limiti delle infrastrutture terrestri e dunque potrebbe in futuro costituire un servizio, ma per Trotta è necessario “guardare al fenomeno con occhi più critici”.
I satelliti si trovano in orbita bassa per far sì che il segnale internet offerto abbia un tempo di risposta molto breve, ma le orbite disponibili sono sempre più affollate. “Il tempo di risposta è di pochi millisecondi, si parla di segnale a bassa latenza” spiega Trotta ”ad oggi questa tecnologia interessa principalmente a due categorie di persone. I gamers che giocano on-line e coloro che si occupano di high frequency financial trading, che giocano in borsa con sistemi di intelligenza artificiale automatizzati, vendendo e comprando nel giro di millisecondi”.
Una rete internet satellitare globale potrebbe essere utilizzata in ogni parte del mondo. Tuttavia, “si pensa che il costo sarà sui cento dollari al mese e secondo alcune analisi i paesi in cui c’è un’utenza che può spendere cento dollari al mese non hanno grossi problemi infrastrutturali e la connessione internet c’è già” spiega Trotta “mentre nei paesi con limiti infrastrutturali, dove ci sarebbe bisogno di una rete internet accessibile, non tutta la popolazione si può permettere di spendere questa cifra perché magari vive con un dollaro al giorno”.
Mentre ci interroghiamo sulle conseguenze, questi satelliti sono già in orbita sopra le nostre teste e si fanno vedere. I satelliti, infatti, riflettono la luce solare e sono visibili a occhio nudo come puntini luminosi nel cielo. Sono state sviluppate alcune soluzioni alternative per ovviare a questo problema, come satelliti scuri o dotati di particolari alette parasole, ma siamo ancora lontani da una risoluzione definitiva. “Questa forma di inquinamento visivo non è l’inquinamento luminoso di cui si parla normalmente, dovuto alla luce artificiale che altera l’oscurità della notte” spiega Trotta “a questo si può ovviare andando in luoghi scarsamente popolati, mentre l’inquinamento satellitare crea tutti questi puntini luminosi che in qualche modo vanno a coprire le stelle”.
I satelliti in orbita potrebbero compromettere la possibilità di vedere il cielo, “forse uno dei pochissimi spazi naturali poco contaminato dall’uomo” commenta Trotta. La volta celeste è protagonista di opere d’arte e opere letterarie; il cielo stellato fa parte del nostro patrimonio culturale. “Basta pensare alle popolazioni della Nuova Zelanda che aspettano il risorgere delle Pleiadi per dare inizio al loro anno. Questa cosa potrebbe perdersi completamente a causa dell’inquinamento satellitare” ci racconta Roberto Trotta.
Cultura e bellezza sono a rischio, ma anche la ricerca astronomica subisce i danni del crescente numero di satelliti. “Le immagini e i dati sul cosmo che riusciamo a prendere da Terra con i telescopi ottici e con i radiotelescopi sono compromesse dalla presenza dei satelliti” spiega Trotta “ci si aspetta che in futuro i satelliti rovineranno fino alla metà delle immagini del cosmo raccolte dai telescopi, rischiando di mettere in pericolo investimenti miliardari”. Il rischio è che le misure debbano essere ripetute più volte e che molti dati vadano persi comunque. “Ad esempio, potremmo non essere più in grado determinare con precisione le orbite di meteoriti del Sistema Solare che potrebbero essere pericolose per la Terra” aggiunge Trotta.
Un cielo sovraffollato di satelliti potrebbe compromettere future missioni spaziali. Nel caso di orbite molto affollate aumenta a probabilità di incidenti a causa di malfunzionamenti, di errori umani o errori di software. In seguito agli incidenti, i detriti potrebbero rimanere in orbita e causare altre collisioni con possibili effetti a catena, che potrebbero portare al cosiddetto Effetto Kessler. “Se ciò accadesse, lo spazio attorno alla Terra si riempirebbe di frammenti di spazzatura spaziale altamente pericolosi e attraversarlo diventerebbe molto più difficile sia per futuri satelliti scientifici che per le future missioni spaziali” spiega Trotta.
Era il 1957 quando veniva mandato in orbita il primo satellite artificiale. Dagli anni Cinquanta a oggi sono stati lanciati in orbita circa seimila satelliti, di cui 1740 solo da SpaceX per la rete Starlink a partire dal 2019. “Le proiezioni dicono che nel 2030 ci saranno centomila satelliti in orbita, un numero spaventoso” commenta Trotta “questi satelliti si muovono a ventisettemila chilometri orari: in un secondo percorrono circa otto chilometri” e aggiunge “anche un semplice bullone se si muove a questa velocità può provocare danni gravissimi”.
La corsa al lancio di satelliti è in atto e manca un apparato normativo adeguato. Ad esempio, in caso di rischio di collisione, quali sono le procedure da adottare? Chi deve spostarsi? Come evitare incidenti? Trotta ci racconta che “la Stazione Spaziale Internazionale già adesso nota un vertiginoso aumento del numero di manovre che deve fare per evitare pezzettini di spazzatura spaziale, che se colpissero un oblò potrebbero fare danni immensi.” La situazione è molto complessa e non sappiamo come si evolverà in futuro, chissà se il mondo sarà come quello raccontato da LIBRA.