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Il pianeta fantasma

In un articolo pubblicato a ottobre su Nature Astronomy, gli astronomi annunciano la scoperta di un possibile nuovo pianeta. Si tratta di una scoperta importante, ma accompagnata da qualche lecita perplessità: per esempio, come scrive l'astrofisico e divulgatore Ethan Siegel, oltre alla mancanza della seconda rilevazione del transito (indispensabile per confermare la presenza di un oggetto planetario scoperto con il metodo dei transiti) bisogna considerare l’estrema variabilità del segnale X della sorgente; vi sono inoltre alcune considerazioni di natura metodologica.

Nell'immagine: la Galassia Vortice ottenuta componendo le riprese nel dominio X del telescopio spaziale Chandra e quelle in luce visibile del telescopio spaziale Hubble. Il riquadro indica la posizione del possibile pianeta individuato da Rosanne Di Stefano e collaboratori. Crediti per le riprese X: NASA / CXC / SAO / R. Di Stefano et al. – Per le riprese in luce visibile: NASA / ESA / STScI / Grendler

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Benché le scoperte di pianeti intorno ad altre stelle non facciano quasi più notizia, l’annuncio di un nuovo possibile pianeta pubblicato a fine ottobre deve a pieno titolo essere evidenziato. Non tanto per la tecnica impiegata per la sua scoperta, quanto perché il candidato pianeta si trova in una galassia a 28 milioni di anni luce di distanza dalla Terra. Importante scoperta, ma accompagnata da qualche lecita perplessità.

Binarie X nella Galassia Vortice

Quando Charles Messier - nell’ottobre del 1773 - scoprì questa galassia nella costellazione dei Canes Venatici, non esitò a inserirla al 51° posto di quel Catalogo di oggetti celesti che avrebbe pubblicato l’anno successivo, un aiuto concreto perché i cacciatori di comete non prendessero lucciole per lanterne. La Galassia Vortice, nota anche come M51, è una delle galassie più gettonate tra gli appassionati del cielo. Dista da noi 28 milioni di anni luce e la sua splendida struttura a spirale ci suggerisce concretamente come potrebbe apparire la nostra Galassia vista dall’esterno. Nel 1781 Pierre Méchain scoprì l’esistenza, proprio accanto a M51, di una galassia più piccola e meno definita: oggi sappiamo che le due galassie stanno interagendo gravitazionalmente tra loro.

La relativa vicinanza ha permesso agli astronomi di studiare in dettaglio questa galassia individuando numerose sorgenti di intensa emissione di radiazione X. Noti con il nome di stelle binarie a raggi X, si tratta di sistemi composti da un oggetto molto compatto, cioè un buco nero o una stella di neutroni, e da una stella che gli orbita intorno. Grazie alla sua attrazione gravitazionale, l’oggetto compatto strappa continuamente materia alla stella compagna e la trascina su di sé a velocità sempre più elevata. Questo processo riscalda il materiale a temperature di milioni di gradi e lo porta a emettere radiazione X.

Un gruppo di astronomi, coordinati da Rosanne Di Stefano (Center for Astrophysics - Massachusetts), ha studiato i dati relativi a sistemi binari X della Galassia Vortice e di altre due galassie per rilevare la possibile presenza in quei sistemi di oggetti planetari. Più del 70% degli oltre 4800 pianeti extrasolari scoperti finora sono stati individuati ricorrendo alla tecnica dei transiti, cioè rilevando il debolissimo calo di luminosità di una stella causato dal passaggio attraverso la nostra linea di vista di un oggetto planetario. Invece di esaminare, come solitamente viene fatto, le normali curve di luce stellare, però, i ricercatori hanno utilizzato le dettagliate osservazioni X raccolte dal telescopio spaziale Chandra della NASA e dal telescopio spaziale XMM-Newton dell’ESA. Il risultato dell’indagine è stato pubblicato lo scorso 25 ottobre su Nature Astronomy.

Il sistema binario M51-ULS-1

La ricerca di anomalie nella curva di emissione X potenzialmente attribuibili a un transito planetario ha riguardato complessivamente 238 sistemi binari: 55 appartenenti alla Galassia Vortice, 64 alla Galassia Pinwheel e 119 alla Galassia Sombrero. Dall’indagine è emerso che in una binaria della Galassia Vortice, codificata come M51-ULS-1, l’emissione X mostrava la drastica riduzione di intensità e il successivo ritorno al valore nominale tipicamente associabile alla momentanea eclissi della sorgente. Interpretando il dato come un transito planetario, Di Stefano e collaboratori hanno stimato che il pianeta responsabile potrebbe avere più o meno le dimensioni di Saturno e orbitare a una ventina di UA dal centro di massa del sistema (circa il doppio della distanza dal Sole alla quale orbita Saturno). Importante sottolineare che, prima di chiamare in causa il candidato pianeta, gli astronomi hanno effettuato accurate valutazioni per escludere che quel calo di emissione potesse dipendere dal transito di una nube di polveri e gas o da quello di un oggetto con dimensioni maggiori delle tipiche misure planetarie (per esempio una nana bruna o la stessa stella compagna).

Allo stato attuale, purtroppo, non si ha la possibilità di avere nessuna conferma che possa togliere l’oggetto della Galassia Vortice dal suo limbo di “candidato pianeta” promuovendolo a tutti gli effetti al rango di pianeta. Un elemento fondamentale e irrinunciabile nell’individuazione dei pianeti extrasolari utilizzando il metodo dei transiti è infatti quello di poter osservare la ripetizione del fenomeno. Peccato che le caratteristiche orbitali di questo candidato pianeta ci dicano che potremo osservare il suo prossimo transito solamente tra una settantina d’anni.

Nell’illustrazione viere raffigurata la possibile configurazione del sistema binario M51-ULS-1. Dal nostro punto di osservazione, il candidato pianeta avrebbe bloccato per circa tre ore la radiazione proveniente dalla regione attiva della binaria X. Si stima che tale regione abbia un diametro di circa 50 mila chilometri. Crediti: NASA / CXC / M. Weiss

Fin d’ora è comunque evidente che se il sistema M51-ULS-1 dovesse comprendere anche un pianeta, quel corpo celeste non solo avrebbe alle spalle una storia piuttosto violenta, ma altrettanto violento potrebbe essere anche il suo futuro. La presenza dell’oggetto compatto nel cuore del sistema (buco nero o stella di neutroni) indica infatti che quel pianeta sarebbe sopravvissuto all’esplosione di supernova che ha lasciato dietro di sé quel relitto, ma anche la stella che attualmente viene depredata di materia potrebbe un giorno finire allo stesso modo.

Lecite perplessità

Tra le perplessità che vengono avanzate sull’effettiva esistenza di questo pianeta è opportuno segnalare quelle suggerite da Ethan Siegel, astrofisico e divulgatore, nelle pagine del suo blog Starts-with-a-bang. Oltre alla mancanza della seconda rilevazione del transito, indispensabile per confermare la presenza di un oggetto planetario scoperto con il metodo dei transiti, Siegel mette in evidenza l’estrema variabilità del segnale X della sorgente.

«Se si osserva l’emissione prima e dopo il segnale del possibile transito - scrive l’astrofisico - si può notare che varia notevolmente, con altri intervalli inferiori all’ora in cui il flusso risulta altrettanto ridotto. Benché possa sembrare piuttosto anomalo, quando siamo in presenza di sorgenti X intorno a buchi neri e stelle di neutroni è del tutto normale. Infatti, quando la materia viene convogliata su un disco di accrescimento e accelerata, non forma un flusso costante e uniforme, bensì un mix di componenti con alta densità, bassa densità e persino densità nulla. Guardando l’emissione solo poche ore prima possiamo notare come la presenza di un flusso nullo non sia un’evenienza così atipica per una sorgente come questa».

Il motivo più importante che, secondo Siegel, può alimentare il sospetto che l’interpretazione dei dati come traccia di un transito planetario non sia affidabile è però di natura metodologica. «Gli autori hanno trovato questo segnale perché stavano esplicitamente cercando un segnale che corrispondesse alle loro aspettative per un pianeta in transito. Le stelle binarie a raggi X sono così profondamente variabili che, se una di esse mostrasse una variazione naturale simile al comportamento atteso per un transito, non avremmo modo di discriminare tra le due possibili origini». Siegel, insomma, non mette assolutamente in discussione il fatto che anche intorno a stelle di altre galassie possano orbitare sistemi planetari, ma evidenzia un rischio reale che aleggia su simili indagini. Il rischio che, quando si cerca qualcosa, si possa finire col leggere tutto ciò che sembra coerente con le aspettative come il segnale che si sta cercando.

Nonostante queste lecite perplessità, l’ipotesi di un candidato pianeta nel sistema di M51-ULS-1 resta comunque valida. Resa particolarmente intrigante dal fatto che si sta parlando di un oggetto posto a 28 milioni di anni luce dalla Terra. Come per gli altri 2600 candidati pianeti degli attuali cataloghi, però, finché - magari tra settant’anni - non si avrà la conferma definitiva della sua esistenza, il suo status resterà irrimediabilmente sospeso.

 

 


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