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La tavola di Mendeleev, versione coatta

Illustrazioni tratte dal libro Chimica coatta, Momo Edizioni, 2022.

Tempo di lettura: 5 mins

Nonostante l’ampia letteratura che riguarda la Tavola Periodica di Mendeleev, non l’avevamo mai sentita raccontare in romanesco, versione ‘coatta’, per dimostrare ai giovani che gli elementi sono gli ingredienti che 

costituiscono qualsiasi fregnaccia che hai attorno, dal supplì che te magni in pizzeria, alle stelle e i pianeti che indichi come un idrante impazzito quando vai in gita ai Castelli

A cominciare dal titolo, un po’ strampalato ma adatto al contenuto, come non essere incuriositi da Chimica Coatta (Momo Edizioni, 2021) anche se gli “anta” sono passati da un pezzo? Perciò, superata la diffidenza iniziale, anch’io ho letto questo libro e vi confesso, sottovoce, che mi sono divertito parecchio, ritrovandomi a ridere di gusto in più occasioni. Non ho potuto seguire appieno il consiglio di Roberta Fulci, redattrice e conduttrice di Radio3Scienza che ne ha scritto l’introduzione, ossia di leggerlo poco alla volta e a voce alta, magari in compagnia, per immaginare il personaggio capitolino che racconta la storia. Mi è bastato tuttavia tornare con la mente alle scene e ai dialoghi di Un sacco bello, film cult del 1980, nonché all’impareggiabile interpretazione del Coatto Enzo, a opera di Carlo Verdone.

Però, badate bene, leggere un libro di tal fatta e recensirlo qui è tutt’altra cosa. Ero incerto: può capitare a chi scrive di libri, così come può capitare ai lettori di fronte alla scelta di acquistarli. Mi sono sentito in buona compagnia quando ho letto ciò che l’italianista Claudio Giunta ha scritto di recente su un libro dedicato all’antropologia delle Mixed Martial Arts (Sangue nell’ottagono. Antropologia delle arti marziali miste, di Alessandro Dal Lago):

Né il mio carattere poco bellicoso, né l’età abbastanza avanzata avrebbero dovuto giustificare l’interesse verso pratiche che mi sono sempre state (e restano) estranee

Pratiche che, peraltro, erano state oggetto di un corso richiesto dagli studenti di una scuola romana per “imparare a menarsi, ma come si deve”. Richiesta che ci appare singolare ma è il caso di chiederci se sappiamo veramente ciò che interessa ai ragazzi e se non dovremmo sforzarci un po’ di più per capirne le esigenze, diverse dalle nostre. Nel mio caso l’estraneità verso l’eloquio che attinge al lessico del “coatto”, lingua in cui è scritto il libro, insieme all’allergia verso la parlata sguaiata tipica dei borghesi che vogliono apparire disinibiti, avrebbe dovuto tenermi lontano da queste pagine e, invece, ci sono cascato.

Ora però è necessaria qualche precisazione perché, per qualcuno, il termine “coatto” si addice più alla cronaca giudiziaria (per esempio “domicilio coatto”) che alla chimica. Se diamo un’occhiata allo Zingarelli 2022, apprendiamo che, nel gergo corrente, derivato dal dialetto romanesco, coatto vuol dire anche «Giovane emarginato, spec. in una grande città | Persona rozza e volgare che imita passivamente gli aspetti peggiori della moda e del costume» (se volete saperne di più sulla sua origine potete leggere qui).

Il libro nasce dall’esperienza de La Scienza Coatta, un progetto di divulgazione scientifica dell’Associazione di Promozione Sociale (APS) Tavola Rotonda (Roma), nato su Facebook nel 2015. A un trio di menti ‘diaboliche’ (Barucca, Scacchi e Carlotti) si sono aggregati, via via, volontari e volontarie. Per Chimica Coatta, i rinforzi (Cinti, Tortorella) sono venuti dal Gruppo Interdivisionale di Diffusione della Cultura Chimica (SCI). C’è da dire che questo apporto si avverte sensibilmente, perché la pur giocosa trattazione della materia non esce quasi mai dai binari della correttezza, rivelando una solida e vasta preparazione chimica. Viene in mente una citazione famosa di Umberto Eco che diceva

Sia di monito per le generazioni a venire: scherzare, sì, ma seriamente

A proposito dello scherzare con la scienza osservo, in sintonia con gli autori, che il loro sforzo di dimostrare che gli scienziati «non fanno parte di quel mondo ovattato, serioso, accademico e impenetrabile che molti credono» è il benvenuto - ma attenzione a non esagerare.

Il libro è un’escursione nella tavola periodica, che interessa un totale di 53 elementi soffermandosi, per una pagina o poco più, su ciascuno di essi, informando sul gruppo di appartenenza, la sua storia, le proprietà chimico-fisiche e le applicazioni. Sono inclusi quelli appartenenti alle prime tre righe (1-39) e altri presi un po’ a caso. Alla fine del libro, per alcuni degli esclusi si giustifica l’assenza. Volete conoscerne una breve, eccola: 

Dell’indio nun se parla perché nun è In ma Out. (Ahah)

Non abbonderò di citazioni dal libro perché avrei dovuto ricorrere sovente all’uso di asterischi, come si fa in televisione per nascondere le parolacce, ma non posso esimermi dal segnalare alcune cadute di stile, come quando i coniugi Curie vengono tramandati ai “coatti” come «i Ferragnez da’a chimica». La pagina dedicata a ciascun elemento esordisce con un titolo divertente e ce n’è per tutti i gusti: Brillo cor Berillio, Statte Boro, Sul grande raccordo anulare…NaNaNaNa, Scandalioso, Arsenico ma non Lupin, W er tungsteno. Dopo il titolo segue un commento, ecco quello del mercurio: «E a te dove ti mettiamo, firmato Dmitrij Mendeleev co la febbre».

Per fortuna , in un riquadro c’è il simbolo chimico e il numero atomico…Venendo ai testi sono sicuro che per qualcuno risulteranno un po’ oscuri. Per esempio, a proposito della leggerezza dell’alluminio, lo sapevate

che se vòi la maghina che piotta, non te pòi fa n’Hummer. Ce pòi fa er coatto, però pesa ‘n botto e consuma pure ‘n botto

Per quanto riguarda il berillio, lo sapevate che i suoi sali sono dolci come «na sorchetta doppio schizzo alle 5 de matina»? Per chi ne avesse bisogno, ricordo che in rete si trovano dizionari romanesco-italiano che qui sarebbero necessari.

Un cenno alle vignette di The Sando che illustrano, per così dire, questa escursione tra gli elementi chimici. Posso dire che da un autore che si presenta come “innovatore” mi aspettavo qualcosa di meglio? “Daje”!

In conclusione, avvicinarsi alla chimica in questa maniera regala un po’ di buonumore, per di più a buon mercato. Non direi che il libro lo faccia sempre con “grazia”, come scrive la brava Fulci, ma piuttosto con la bonaria volgarità del “coatto” di periferia. Lasciatemi però esprimere un piccolo dubbio: c’era proprio bisogno di ricorrere al vocabolario dei “coatti” per diffondere l’interesse per la chimica? Non ne sono sicuro, anche perché sono d’accordo con chi sostiene che bisogna scrivere bene per pensare bene.

Questo articolo è parzialmente ripreso da La Chimica e l’Industria Newsletter, marzo 2022

 


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