fbpx Paradigmi a confronto. L’educazione universitaria tra Italia e Paesi Bassi | Scienza in rete

Paradigmi a confronto. L’educazione universitaria tra Italia e Paesi Bassi

Due mondi diametralmente opposti. Antico e moderno in netto contrasto. Ma ciascuno con i suoi pregi e i suoi difetti. La mia impressione del confronto tra Italia e Paesi Bassi è proprio questa. Scrivo questa riflessione da studentessa italiana attualmente iscritta in un ateneo olandese per mostrare i diversi approcci al mondo dell’educazione nei due paesi. Fotografia scattata presso l’edificio Nieuw Universiteitsgebouw della Vrije Universiteit Amsterdam.

Tempo di lettura: 6 mins

Non sono poche le differenze che si possono riscontrare nei sistemi d’istruzione e universitari tra i vari paesi europei. Differenze che dipendono, sicuramente, dallo stato socioeconomico di ogni singolo paese, così come dalla storia e dal valore che viene dato alla cultura. L’Italia a questo riguardo non si è aggiudicata una reputazione particolarmente positiva negli ultimi decenni. Il sistema universitario italiano viene spesso definito come obsoleto, fratturato, poco orientato all’innovazione e alla trasparenza e caratterizzato da diverse debolezze strutturali. Una situazione diversa, invece, si può riscontrare nei Paesi Bassi, dove il sistema universitario sembra essere più solido e con una spiccata inclinazione innovativa. 

Questa differenza tra Italia e Paesi Bassi si riflette anche nelle valutazioni internazionali dei sistemi universitari. Secondo l’Academic Ranking of World Universities (ARWU) di Shanghai, uno dei principali istituti di ranking e valutazione internazionali, tra le tredici università presenti nei Paesi Bassi, nove sono state classificate entro le prime 200 a livello mondiale nel 2021. Dati differenti si riscontrano invece per le università del nostro paese, dove solamente quattro dei 67 atenei complessivi possono essere riscontrati tra i primi 200 nomi elencati dall’ARWU. 

Ciò che salta immediatamente all’occhio da questi dati è il forte equilibrio che caratterizza il sistema universitario olandese. L’attenzione del governo a non creare squilibri qualitativi tra i vari atenei presenti nei Paesi Bassi è infatti uno dei punti di forza di tale sistema. Quest’attenzione si contrappone a una delle debolezze più sentite nel sistema universitario italiano, nonché l’evidente dualismo territoriale tra Nord e Sud del nostro paese, già presente da tempo e ulteriormente amplificato in seguito all’approvazione della legge di riforma 240 del dicembre 2010, anche nota come riforma Gelmini. Come ha evidenziato Domenico Carbone nella sua analisi sulle trasformazioni del sistema universitario italiano, la riforma ha infatti portato a uno spiccato calo nelle immatricolazioni in atenei del meridione, seguito da una lenta ripresa che, a ogni modo, non ha portato al raggiungimento dei valori antecedenti al 2010.

Chiaramente, questa e altre differenze tra i due paesi vedono l’economia e le risorse finanziarie volte all’istruzione tra i principali fattori influenzanti. Secondo i dati Eurostat, mentre nel 2018 in Italia la spesa per l’istruzione pubblica in rapporto al PIL ammontava al 3,9%, nello stesso anno i Paesi Bassi hanno speso il 5,1% del proprio prodotto interno lordo. L’economia olandese, fortemente basata sulla cosiddetta kenniseconomie (economia della conoscenza), attribuisce infatti un peso importante all’istruzione superiore e alla formazione, che sono tra i suoi principali fattori di successo. Particolare importanza in questa kenniseconomie viene data all’alleanza tra mondo accademico, industria e governo, quella che viene definita “tripla elica” e che rappresenta un importante impulso all'innovazione e allo sviluppo, temi fondamentali per il settore dell’istruzione olandese. 

La combinazione tra lo sviluppo di conoscenze scientifiche e ingegneristiche e il mondo dell’industria ha permesso quindi all’economia olandese di riorientarsi negli ultimi anni, allontanandosi gradualmente dall'attività economica basata sui settori manifatturiero, industriale e agricolo per puntare invece su servizi professionali, scientifici e di supporto. Questo riorientamento è stato possibile anche grazie all’instaurazione dei cosiddetti parchi scientifici, luoghi in cui la conoscenza può essere condivisa e commercializzata, sia all’interno del paese che oltre i suoi confini. L’internazionalizzazione del mercato, così come del mondo della ricerca, è infatti sempre più rilevante e rappresenta un tema particolarmente importante sia per l’economia che per l’istruzione olandese. 

Altro punto di forza del sistema universitario olandese è dato quindi dalla spiccata connotazione internazionale. La percentuale di studenti internazionali iscritta a università olandesi è in continua crescita e nell’anno accademico 2020/2021 costituiva circa il 21% della popolazione studentesca totale. Questo andamento positivo è reso possibile dall’ampia offerta di corsi in lingua inglese e rappresenta una caratteristica importante del sistema universitario, che contribuisce fortemente all’alta qualità dell’istruzione del paese, così come all’apertura mentale degli studenti stessi, che hanno infatti l’opportunità di mettersi a confronto con culture e tradizioni differenti. Opportunità che invece è concessa in misure nettamente minori negli atenei italiani, dove la popolazione studentesca internazionale copre numeri decisamente più bassi. In particolare, secondo quanto riportato nel portale dei dati dell’istruzione superiore, solamente il 5% circa della popolazione studentesca immatricolata in università italiane rappresentava gli studenti internazionali nell’anno accademico 2020/2021. 

Le differenze tra i due paesi sono quindi particolarmente evidenti sul fronte economico e internazionale. Allo stesso tempo, altre differenze si possono riscontrare a livello educativo e gestionale. Prima fra tutte: l’organizzazione dell’anno accademico. Il sistema universitario olandese prevede infatti sì la suddivisione in semestri, ma anche un’ulteriore suddivisione in periodi. L’anno accademico nei Paesi Bassi, il cui inizio e fine cadono rispettivamente a settembre e giugno, è suddiviso appunto in cinque periodi della durata di uno o due mesi. Durante ciascun periodo, gli studenti seguono generalmente uno o due corsi, a seconda della durata del periodo, che si concludono con le esaminazioni alla fine di ciascuno di essi. Non esistono quindi vere e proprie sessioni d’esami della durata di un mese, come invece previsto dal sistema universitario italiano, ma disparate settimane nel corso dell’anno accademico durante le quali, solitamente, si ha un massimo di due esami. Questa differenza gestionale rappresenta dunque uno dei primi confronti a cui si viene sottoposti se abituati al sistema universitario italiano e necessita un adattamento totale ai ritmi di studio. 

Altro adattamento è necessario anche per quanto riguarda il metodo di studio e d’insegnamento. Il sistema educativo olandese è infatti basato su un approccio definito problem based learning (apprendimento basato su problemi), che invita gli studenti ad analizzare e risolvere varie problematiche sia individualmente che tramite lavori di gruppo, frequentemente riscontrabili in tutti i corsi offerti. Particolare importanza viene data quindi all’interattività, alla pratica e alla ricerca, a scapito, in alcuni casi, della teoria e dei principi sottostanti. Mentre in Italia, in genere, sono più le ore di lezioni teoriche e studio individuale piuttosto che la messa in pratica dei principi analizzati, l’approccio olandese prevede un ribaltamento totale di prospettiva, con poche ore di lezioni e molti workshop, seminari, e sessioni di lavoro di gruppo. 

Se da un lato questa tipologia di approccio permette agli studenti di imparare a rispettare le numerose scadenze e avvicinarsi a una mentalità lavorativa - che si riflette anche nello scrupoloso ritmo di lavoro nine-to-five (dalle nove alle cinque) – dall’altro lato il consolidamento delle conoscenze tramite l’approfondimento di nozioni teoriche di base viene a meno. Proprio questo consolidamento di conoscenze, al contrario, è il fiore all’occhiello del sistema universitario italiano, certamente carente sotto diversi aspetti strutturali, ma altrettanto robusto in termini di preparazione accademica. Nonostante le scarse risorse e la poca internazionalizzazione, infatti, il nostro paese continua a rimanere un’ottima sorgente di formazione, che si spera un giorno possa superare le debolezze citate e aprirsi all’innovazione necessaria per un futuro che ponga la cultura e il continuo sviluppo di conoscenza in cima alle proprie priorità.

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Is 1.5 degrees still a realistic goal?

Photo: Simon Stiell, Executive Secretary di UNFCCC (Source: UNclimatechange, CC BY-NC-SA 2.0 DEED)

Keep 1.5 within reach, "keep the 1.5 degrees within reach." This was the slogan with which COP28 opened, the United Nations conference on climate change that just concluded in Dubai. The feasibility of this goal, however, now seems more uncertain than ever, even though many considered this aim too ambitious from the outset.