fbpx Come si scelgono i nomi per comete, pianeti e pianetini | Scienza in rete

Come si scelgono i nomi per comete, pianeti e pianetini

La cometa di Halley fotografata dalla sonda Giotto nel 1986, NASA/ESA/Giotto Project.

Tempo di lettura: 8 mins

Il 21 novembre, il gruppo di lavoro dell’Unione Astronomica Internazionale responsabile di dare un nome ai corpi minori del Sistema solare, cioè minor planet e comete, ha pubblicato un nuovo bollettino che indica i nomi delle comete assegnati di recente e la numerazione delle comete periodiche. Niente paura, nessuna novità sulla “stella cometa” di Betlemme, che poi non è una stella e probabilmente non è neppure una cometa. La cometa di Halley, il cui nome ufficiale è 1P/Halley, fu visibile a occhio nudo nel 12 a.C., quindi un po’ troppo in anticipo rispetto alla data attribuita alla nascita di Gesù, avvenuta secondo la maggior parte degli storici fra il 7 e il 4 a.C. C’è chi ha ipotizzato che si trattasse di una supernova, cioè un’esplosione stellare molto luminosa ), ma l’ipotesi ritenuta a oggi più plausibile vuole che la brillante “stella” di Betlemme sia stata in realtà una congiunzione di Giove e Saturno avvenuta nella costellazione dei Pesci fra il 7 e il 6 a.C.

Numeri e lettere per denominare le comete

La modalità con cui assegnare un nome a una cometa è cambiata nel corso dei secoli. Oggi, dopo che viene confermata la scoperta di una nuova cometa, le viene dato un nome formato da numeri e lettere legati ad alcune sue caratteristiche e dall’anno della scoperta. La denominazione viene poi completata con il nome delle persone o del gruppo che ha scoperto la cometa. Nel caso di una cometa periodica, quando viene osservata una seconda volta, le viene assegnato anche un ulteriore numero.

Sono 23.608 i pianeti minori con un nome

Per ciascun minor planet, invece, nel bollettino dell’Unione Astronomica viene indicato il nome con alcuni dettagli sulla sua scoperta. Assegnare un nome a un pianeta minore può essere un processo molto lungo, anche di decenni. Dopo una nuova scoperta, viene data al corpo una designazione provvisoria dal Minor Planet Center, basata su una formula ben definita legata alla data della sua scoperta. Solo quando la sua orbita è ben determinata e si riesce a predire la sua posizione in modo abbastanza preciso, il minor planet riceve una designazione definitiva, che consiste in un numero di più cifre. Poi, viene chiesto a chi lo ha scoperto di suggerire un nome e darne una motivazione. La scelta deve soddisfare alcune regole e ci sono anche linee guida più specifiche per alcuni gruppi particolari di oggetti celesti, secondo cui, ad esempio, gli asteroidi troiani di Giove prendono il nome dagli eroi della guerra di Troia. Le varie proposte vengono valutate dal gruppo di lavoro e i nomi scelti diventano ufficiali quando vengono pubblicati sulle circolari del Minor Planet Center.

Attualmente, sono 23.608 i pianeti minori che hanno un nome e il gruppo dell’Unione Astronomica Internazionale che se ne occupa ritiene necessario limitare il numero di questi corpi celesti con un nome specifico. Infatti, richiede agli scopritori di proporre non più di due nomi ogni due mesi.

Tuttavia, in generale, stabilire nomi universalmente riconosciuti per i corpi celesti secondo le regole dettate dall’Unione Astronomica è utile, perché consente di migliorare la comunicazione della comunità scientifica «L’Universo è uno spazio enorme e complesso e le nostre osservazioni sono limitate, cioè ci permettono di vedere solo una parte di un qualcosa che in realtà è molto più ampio», spiega Lars Lindberg Christensen, astronomo e direttore della comunicazione dell'Unione Astronomica Internazionale. «In passato, capitava spesso che gli scienziati si confondessero con la denominazione dei corpi celesti, cosa che non ha aiutato il progresso scientifico. Inoltre, molte volte un corpo celeste è stato identificato in modo diverso e ha ricevuto più nomi, come per esempio è successo alla Galassia di Andromeda».

Quando si può parlare di “pianeta”?

Ogni tipologia di corpo celeste ha una procedura di nomenclatura specifica. L’Unione Astronomica Internazionale si occupa sia dei corpi celesti del Sistema solare sia di quelli esterni . Restando nel Sistema solare, ci sono procedure specifiche per assegnare i nomi ai pianeti nani, ai satelliti naturali, alle caratteristiche geologiche e geografiche dei corpi celesti, agli sciami meteorici e, come abbiamo visto, alle comete e ai minor planet.

E i pianeti? I nomi dei pianeti del Sistema Solare e della Luna erano già di uso comune prima della fondazione dell’Unione Astronomica Internazionale, avvenuta nel 1919, e l’organizzazione li ha ufficializzati. Quello che mancava era una definizione precisa di pianeta, nome che viene dal greco antico πλάνητες ἀστέρες, cioè “stelle vagabonde”. Tuttavia, a partire dagli anni novanta una serie di osservazioni spinsero la comunità astronomica a chiedersi quando un corpo celeste potesse essere considerato un pianeta. Così all’assemblea generale dell’Unione Astronomica Internazionale, che si tenne a Praga nel 2006, astronomi e astronome delinearono la prima definizione di pianeta. Secondo questa definizione, un pianeta è un corpo celeste che orbita attorno al Sole, ha una massa tale da rendere la sua forma quasi sferica all’equilibrio e ha ripulito le vicinanze della sua orbita da altri corpi.

Plutone declassato da pianeta a pianeta nano

Una delle conseguenze di questa definizione fu che Plutone, all’epoca nono pianeta del Sistema solare, venisse da quel momento in poi considerato un pianeta nano, la cui definizione venne approvata durante la stessa assemblea. Un pianeta nano è sì un corpo che orbita attorno al Sole e con una forma approssimativamente sferica, ma, diversamente da un pianeta, non ha ripulito lo spazio vicino alla sua orbita.

Questa faccenda provocò polemiche e dibattiti, che coinvolsero anche persone al di fuori della comunità scientifica. «Grazie a questi avvenimenti, come Unione Astronomica Internazionale, ci siamo resi conto che c’è un forte interesse pubblico nei confronti del Sistema solare», spiega Christensen, «e che poche persone erano consapevoli del fatto che i corpi celesti non sono facilmente classificabili». Plutone oggi è il capostipite dei pianeti nani e ha ispirato anche il nome dei pianeti nani che si muovono attorno al Sole oltre l’orbita di Nettuno, che si chiamano appunto plutoidi.

I pianeti nani oltre l’orbita di Nettuno hanno nomi di divinità

La procedura per dare un nome a un pianeta nano ha molti passaggi. Anche in questo caso si dà inizialmente un nome provvisorio e poi una designazione numerica permanente una volta che la sua orbita è ben determinata. Il gruppo che ha scoperto il pianeta nano, poi, propone un nome ai due gruppi di lavoro dell’Unione che insieme se ne occupano, cioè quello per la nomenclatura dei piccoli corpi e quello per la nomenclatura dei sistemi planetari. Per convenzione, i nomi dei corpi che si trovano oltre l’orbita di Nettuno, compresi i pianeti nani, solitamente hanno nomi di divinità legate alla creazione. Per esempio, il pianeta nano Haumea, che si trova nella fascia di Kuiper, prende il nome dall’omonima divinità hawaiana della fertilità e del parto.

Il nome di Plutone, invece, è stato suggerito da Venetia Burney, quando aveva undici anni. Il 14 marzo 1930, Venetia stava facendo colazione con la madre e con il nonno, che raccontò della scoperta di un nuovo pianeta. Venetia disse che si sarebbe dovuto chiamare Plutone, così il nonno riportò la proposta all’Osservatorio di Lowell, che alla fine scelse proprio questo nome.

Nomi di mitologie per i satelliti naturali

I pianeti e i pianeti nani possono essere circondati da satelliti naturali e le moderne tecnologie hanno reso possibile la scoperta di satelliti che addirittura hanno le dimensioni di un chilometro o anche minori. Inizialmente, i nomi dei satelliti venivano dalla mitologia greca e romana. Tuttavia, il crescente numero di scoperte ha fatto sì che i nomi greci e romani non fossero più sufficienti e, anche per internazionalizzare questa nomenclatura, il gruppo di lavoro addetto ha iniziato a prendere in considerazione anche i nomi di altre mitologie, come ad esempio quella Inuit. Un nuovo satellite ha inizialmente una denominazione provvisoria e poi il gruppo dell’Unione addetto ne stabilisce il nome definitivo, sulla base delle proposte fatte da chi lo ha scoperto. Anche le principali caratteristiche della superficie di pianeti e satelliti vengono identificate in modo univoco per essere facilmente localizzate, descritte e studiate. La storia di questa nomenclatura è stata segnata dalla prima era spaziale, quando divenne necessario determinare con precisione il luogo in cui far atterrare gli astronauti del programma Apollo sulla Luna.

Tutto parte con le osservazioni e non appena si hanno a disposizione buone immagini di una superficie planetaria vengono scelti gli argomenti a cui ispirarsi per dare un nome alle caratteristiche più rilevanti. Le proposte vengono valutate dal gruppo di lavoro per la nomenclatura dei sistemi planetari, che le mette ai voti. I nomi scelti vengono immediatamente pubblicati sulla gazzetta di nomenclatura planetaria, e possono essere usati nelle mappe e nelle pubblicazioni. Se poi si hanno a disposizione immagini con una risoluzione migliore, può sorgere la necessità di individuare un nome anche per altre formazioni. Eventuali obiezioni ai nomi scelti possono essere comunicate al Segretario generale dell’Unione entro tre mesi dalla pubblicazione online del nome. «In generale, ci sono sempre opinioni divergenti», spiega Christensen, «soprattutto quando un corpo celeste prende il nome di persona».

Anche sciami e meteore ricevono un nome

Di recente aggiornamento è la procedura per dare un nome agli sciami meteorici. Nel luglio 2022 è stata approvata un nuovo procedimento in due passaggi. La prima fase si applica ai nuovi sciami subito dopo la loro scoperta. La seconda fase, invece, si applica a uno sciame che è stato osservato ripetutamente. Gli sciami meteorici si verificano quando la Terra incontra il flusso lasciato dal passaggio di una cometa o di un asteroide. Quando i grani di polvere e i piccoli frammenti di roccia del flusso entrano nell’atmosfera in grande quantità, a una velocità di circa 15 chilometri al secondo, bruciano e prendono il nome di meteore, o più comunemente “stelle cadenti”, sebbene non si tratti di stelle. Accanto ai nomi ufficiali, infatti, ve ne sono talvolta anche altri di uso comune.

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Pollution and Covid. Two vague clues don't make an evidence

In these days, newspapers and television programs (and the web, of course) are giving space to a statement by the Italian Society of Environmental Medicine (SIMA) announcing important discoveries on the link between airborne particulate matter and Coronavirus, even describing them as important for the decisions to be taken in the coming weeks.