Sono un rischio per la salute umana e per la sicurezza alimentare, oltre ad avere un impatto negativo sugli ecosistemi, e interferiscono col traffico aereo e navale: si tratta delle tempeste di sabbia e polvere che, secondo l'IPCC, rappresentano insieme alla desertificazione un importante ostacolo allo sviluppo sostenibile.
Nell'immagine: una tempesta di sabbia in Texas, nel 1935, durante la crisi detta Dust Bowl
In condizioni di cambiamento climatico e desertificazione, le tempeste di sabbia e polvere (Sand and Dust Storms, SDS) rappresentano una delle principali preoccupazioni per le aree desertiche e semiaride, enormi distese che coprono circa il 45-47% della superficie terrestre globale e ospitano una biodiversità unica. Oltre ad avere un notevole impatto sugli ecosistemi, queste tempeste influiscono sulla sicurezza alimentare, il benessere e la salute umana. Vediamo di cosa si tratta.
Le tempeste di sabbia e polvere sono eventi di erosione eolica di materiali superficiali, trasportati anche a grandi distanze e tipicamente associati alle regioni delle zone aride. Dominate prevalentemente da quarzo o silice, sabbia e polvere possono anche contenere quantità significative di ossido di alluminio e di ferro, cloro, zolfo e altri composti chimici.
Le aree più estese con un'elevata attività di tempeste di polvere si trovano nelle aree desertiche dell'emisfero settentrionale. Il Sahara è riconosciuto come la più grande regione produttrice di polvere del mondo. In questa danza eolica - che varia in frequenza e intensità - possono però fluttuare anche microrganismi patogeni tra cui batteri, funghi e virus ed elementi dannosi come inquinanti e allergeni.
La crisi della Dust Bowl
Emblematico è il caso della Dust Bowl, una delle più grandi crisi ambientali della storia degli Stati Uniti. Si verificò durante gli anni ’30 nelle Grandi Pianure, un’area che si estende dal Texas al Montana. Causata da una combinazione di fattori, tra cui la coltivazione intensiva delle terre, la siccità e le tempeste di vento, questo enorme concentrato di pulviscolo diede luogo alle cosiddette black blizzard, tempeste nere che si susseguirono con frequenza sempre maggiore. Molte persone furono costrette a migrare verso le città, perché la polvere distruggeva raccolti, case, piante e attrezzature agricole, provocando persino danni e lesioni ad animali ed esseri umani, penetrando negli occhi e nelle vie respiratorie.
Senza andare troppo indietro nel tempo, anche ultimamente enormi muri di sabbia si sono sollevati negli Stati Uniti: agli inizi di settembre del 2022, una tempesta larga 80,5 km e alta 1,8 km ha colpito l’Arizona. I venti di sabbia e polvere hanno raggiunto i 105 km/h, soffiando violentemente nell’aria e limitando seriamente la visibilità. Durante il passaggio di questa grande nuvola arancione, che per ore ha bloccato il traffico, sono state registrate più di 11.000 interruzioni di corrente.
Sebbene le zone aride - che possiedono una vegetazione limitata - siano più suscettibili alle SDS, le polveri prodotte dalle tempeste possono essere trasportate dai venti anche per centinaia di migliaia di chilometri. Pur non essendo un fenomeno paragonabile a quello di zone semiaride o desertiche, anche i cieli d’Italia, per esempio, possono venire inghiottiti dalla sabbia, proveniente perlopiù dal deserto del Sahara e sospinta da un intenso flusso di scirocco.
La sabbia fa male allo sviluppo sostenibile, ma anche alla salute
L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha evidenziato, nel Secondo rapporto del Sesto ciclo, dedicato a Impatti, vulnerabilità e adattamento, quanto desertificazione e SDS rappresentino un ostacolo allo sviluppo sostenibile dei paesi colpiti e al benessere della loro popolazione, con importanti ripercussioni socioeconomiche, sui sistemi di produzione alimentare, sulle infrastrutture, i trasporti e la salute. Tra gli impatti a lungo termine, invece, la perdita dei servizi ecosistemici, della biodiversità e dell’habitat, problemi di salute cronici, erosione e quindi ridotta qualità del suolo.
Ma quali sono le principali conseguenze delle SDS sulla salute umana? L’esposizione a grandi quantità di particelle di sabbia può provocare o peggiorare tosse, malattie dermatologiche, irritazione degli occhi e delle vie aree o peggiorare condizioni preesistenti di asma e bronchite e scatenare - nei casi più gravi - l’enfisema polmonare e la malattia polmonare ostruttiva cronica (BPCO).
L’inalazione della polvere invece - quindi delle sue proprietà biologiche, chimiche e fisiche - può causare malattie respiratorie come la silicosi e malattie cardiovascolari, nonché infezioni virali, batteriche e fungine. È la dimensione delle particelle il fattore che determina se la polvere andrà a depositarsi nei polmoni o in profondità nel tessuto polmonare. Chiaramente, più le polveri minerali sono piccole, maggiore è la facilità di inalarle. Se minuscole particelle riescono a penetrare nei polmoni, quelle ultrafini possono anche raggiungere il flusso sanguigno, arrivando perfino a influenzare la funzione cognitiva dei bambini in caso di esposizione prenatale.
Ancora, l’effetto che il particolato estremamente fine ha su arterie e circolazione sanguigna può contribuire all’accumulo di placche di colesterolo e alla formazione di coaguli di sangue. Ciò potrebbe quindi aumentare il rischio di malattie cardiovascolari come l’infarto e l’ictus.
Non tutta la popolazione è esposta a questi rischi allo stesso modo e non tutti questi sintomi possono comparire nello stesso momento, ma bambini, anziani e persone con problemi cardiopolmonari preesistenti corrono un rischio più elevato di vedere la propria condizione di partenza aggravarsi.
Una lotta globale alla desertificazione che vede impegnate le Nazioni Unite, come per il clima e la biodiversità
Oltre agli effetti negativi sulla salute umana e alle interferenze con i sistemi di trasporto aereo e terrestre, le SDS possono anche causare danni significativi all'ambiente, dai raccolti alla fauna selvatica, creando sfide per la biodiversità e l’ecosistema. La lotta contro questi fenomeni richiede un impegno globale, che in realtà data dallo storico summit di Rio de Janeiro del 1992 che ha avviato anche la lotta al cambiamento climatico e alla riduzione della biodiversità. Infatti la terza convenzione concepita in quell’occasione è la La Convenzione delle Nazioni Unite contro la desertificazione (UNCCD - United Nations Convention to Combat Desertification in Those Countries Experiencing Serious Drought and/or Desertification, particularly in Africa), adottata il 17 giugno 1994 a Parigi e firmata da 115 Paesi, fra cui l’Italia. E proprio come per Clima e Biodiversità, anche per la desertificazione si tengono periodiche Conferenze delle parti (COP). Nel 2022 si è tenuta ad Abidjan (Costa d’Avorio) la COP15, che ha riunito rappresentanti di tutto il mondo per affrontare questioni relative alla prevenzione e al controllo della desertificazione, la siccità, le tempeste di polvere e sabbia, e la promozione di pratiche di gestione del territorio sostenibile.
Si stima che condizioni di crescente aridità e siccità (frequenza, gravità e durata) determineranno un aumento delle tempeste estreme di sabbia e polvere e dei tempi della loro permanenza nell’atmosfera: in base alle condizioni meteorologiche e alle dimensioni delle particelle, la polvere potrà rimanere nell’atmosfera da poche ore fino a oltre dieci giorni. Inoltre, si prevede che la desertificazione, l’uso insostenibile del suolo e gli effetti del cambiamento climatico combinati con le attività dell’uomo, provocheranno un’accelerazione nel processo di erosione del suolo e la perdita di biomassa. Queste manifestazioni diventeranno più pronunciate nei prossimi decenni con conseguenze globali.
Soprattutto se si pensa che le SDS agiscono anche a lungo raggio, risulta fondamentale implementare strategie di mitigazione e adattamento. Tra queste: la promozione di pratiche agricole sostenibili, la prevenzione della degradazione del suolo, la conservazione della vegetazione, la sensibilizzazione della popolazione sulle pratiche di sicurezza da adottare e lo sviluppo di sistemi di allerta precoce che forniscano informazioni e migliorino le conoscenze sul fenomeno, noto a tutti col nome di derivazione araba haboob.