Il 24 maggio il Consiglio di amministrazione di AIFA ha rinviato la decisione sulla gratuità dei contraccettivi orali e chiesto maggiori approfondimenti. Ma i dati c’erano già tutti e il rinvio si sovrappone al disegno di riforma dell’agenzia. Si rischia così di non arrivare mai alla gratuità, a dispetto della legge 405 e, soprattutto, di quella libera scelta di diventare genitori che, sola, può aiutare la natalità.
Una cattiveria. Una cattiveria contro le donne, non c’è dubbio, e il loro diritto di scelta. Ma a ben vedere anche contro i loro compagni, le famiglie e la società nel suo complesso. Il rinvio della decisione sulla completa rimborsabilità dei contraccettivi orali da parte del Consiglio di amministrazione di AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco, sotto sotto ha il sapore della sconfitta, a dispetto dell’essere stato salutato come una vittoria da parte di alcune forze di governo. La possibilità di scegliere in maniera libera, gioiosa e consapevole se e quando avviare una gravidanza è un bene per tutti, anche per chi non intende avvalersi degli strumenti oggi disponibili per pianificare una nascita, perché si tratta di un percorso che costruisce una famiglia in cui bambine e bambini vengono amati e accolti e che guarda al futuro. Al contrario, ridurre i gradi di libertà e aumentare il rischio di una gravidanza indesiderata non può che essere negativo, soprattutto per un Paese che vive una preoccupante tendenza alla denatalità.
Cronaca di un rinvio annunciato
La cronaca delle ultime settimane è presto fatta: lo scorso 21 aprile il Comitato prezzi e rimborsi dell’AIFA aveva deliberato che era giunto finalmente il momento di inserire in fascia A (quella interamente rimborsabile a carico del Servizio sanitario nazionale) una serie di contraccettivi orali. Delibera supportata non solo dalla valutazione dei costi e delle risorse disponibili, ma anche da un’accurata e appropriata valutazione del rapporto efficacia/sicurezza dei farmaci contraccettivi in commercio in Italia da parte della Commissione tecnico scientifica di AIFA (l’altra commissione tecnica dell’agenzia). In virtù di questa decisione, qualunque donna avrebbe potuto recarsi in farmacia, armata della ricetta del proprio medico di famiglia, e ritirare gratuitamente la fatidica pillola. Qualsiasi donna, a prescindere dall’età e dalla fascia di reddito, indicava il Comitato AIFA, perché dal 1975 la legge 405 sancisce che i contraccettivi sono uno strumento indispensabile per una genitorialità responsabile e consapevole e che spetta allo Stato garantire non solo «la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere o, al contrario, a prevenire la gravidanza consigliando i metodi e i farmaci adatti a ciascun caso» ma che gli compete anche «la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica degli utenti».
Bisogna dire che l’indicazione del Comitato prezzi era arrivata un po’ a sorpresa perché già a fine gennaio un analogo tentativo dell’uscente direttore generale Nicola Magrini si era risolto con un nulla di fatto anche per l’opposizione di alcuni membri della Commissione e del Comitato, in particolare due (donne) indicati dalle Regioni Veneto e Lombardia (due delle Regioni in cui la legge 405 è ancora ampiamente disattesa). A dispetto di quanto previsto dalla lettera e dallo spirito della legge.
Il 24 maggio, come prevede la procedura, l’indicazione del Comitato prezzi e rimborsi è andata infine al vaglio del Consiglio di amministrazione di AIFA, e (questa volta non a sorpresa) la decisione non è passata. Non una bocciatura, ma un rinvio alla disponibilità di maggiori dati e precisazioni. Queste le parole raccolte nel comunicato stampa rilasciato dall’Agenzia: «il Consiglio di amministrazione di AIFA ha preso atto che le Commissioni consultive dell’Agenzia non hanno ancora elaborato precise indicazioni sulle fasce di età a cui concedere gratuitamente la pillola anticoncezionale, sulle modalità di distribuzione e sui costi per il Sistema sanitario nazionale nei vari scenari di adozione della rimborsabilità. Per esempio, per tutte le donne in età fertile, per le donne che versano in condizioni economicamente disagiate o per le giovani fino a 19/26 anni come avviene in alcuni Paesi europei e nelle sei regioni italiane che offrono gratuitamente la pillola anticoncezionale. Il CdA ha rilevato, dunque, che non sussistono gli elementi essenziali per deliberare».
Così è se vi pare
Diciamo che se nelle settimane trascorse tra i due atti non fosse stata ampiamente discussa e condannata da diversi esponenti della destra la proposta di pillola gratuita per tutte le donne, la carenza di indicazioni rilevata dal Cda come causa del rinvio suonerebbe più credibile. Tanto più che gli “elementi essenziali” del provvedimento vanno oltre e minimizzano le incertezze rilevate dal CdA. Ugualmente, i dubbi sulla disponibilità della cifra prevista per rendere gratuiti i contraccettivi orali, 140 milioni di euro, sono stati più volte avanzati da esponenti di governo nell’ultimo mese prima che il CdA si riunisse.
Insomma, i termini della deliberazione dei comitati tecnici di AIFA erano già ben noti. Sull’indicazione riguardante la pillola, infatti, non ha lavorato e si è espresso solo il Comitato prezzi, prima di loro la partita è stata in mano alla CTS, la Commissione tecnico scientifica, presieduta dalla farmacologa Patrizia Popoli, che ha ritenuto di rilasciare qualche precisazione, raccolta da Quotidiano Sanità: «Abbiamo discusso su questo argomento per mesi, esaminato le evidenze scientifiche e le raccomandazioni prodotte da organismi internazionali come l’OMS, consultato esperti di salute materno-infantile. E con il supporto degli uffici di AIFA abbiamo predisposto un’istruttoria molto approfondita, in cui abbiamo affermato che tutti gli anticoncezionali già in commercio e utilizzati da tante donne sono estremamente efficaci e che risulta opportuno rimborsarli per tutte le donne per le quali il medico lo ritenga appropriato. Ammettendo alla rimborsabilità molecole appartenenti a tutte le diverse classi attualmente in commercio, inoltre, si consente al medico di scegliere l’opzione migliore per ogni singola donna». Inoltre, aggiunge Popoli: «non vorrei che passasse il messaggio che la nostra istruttoria fosse lacunosa o inadeguata, perché così non è».
A sua volta la presidente del Comitato prezzi e rimborsi, Giovanna Scroccaro, ha precisato che il Comitato aveva approvato la decisione di rendere gratuita la contraccezione orale per tutte le donne di tutte le fasce d’età e che la stima di costo per lo Stato era stata fissata a 140 milioni di euro annui, una spesa giudicata sostenibile dalla valutazione, ottenuta anche con diverse simulazioni, e inserita nel documento inviato al CdA. (Considerando, inoltre, che del fondo stanziato dal governo per la spesa farmaceutica del 2022 sono rimasti oltre 700 milioni di euro non utilizzati).
Forse per questo, dribblando il problema di dover ottenere di nuovo indicazioni già disponibili, il Cda di AIFA ha aggiunto un ultimo punto, altrettanto irrituale, e cioè l’impegno ad avviare un tavolo di concertazione con i ministeri vigilanti e le Regioni. Qualcosa che non solo mette in discussione il ruolo di agenzia indipendente che dovrebbe avere AIFA, ma certamente sposta di là da venire la necessità di decidere qualcosa in merito ai contraccettivi orali e alla loro disponibilità gratuita.
La pillola (anche) per una genitorialità consapevole
Diventare genitori dovrebbe essere una scelta, possibilmente consapevole e determinata, le iniziative di un servizio pubblico dovrebbero quindi essere volte a educare e accompagnare a una genitorialità efficace e ricca di soddisfazioni per i genitori e i figli (come dice la legge 405). Disporre di una contraccezione efficace, sicura e gratuita è essenziale per garantire i diritti per una gravidanza consapevole e non subita, per prevenire il ricorso all’aborto o all’affido del nato (e anche di questo tanto si è parlato sui media nelle ultime settimane). Sono diritti non solo, anche se principalmente, delle donne.
Secondo i più recenti dati delle Nazioni Unite (rapporto World Contraceptive Use 2022) nel mondo oggi utilizza la pillola in media l’8,8% delle donne (14-49 anni), in Europa il 19,1%. Fra i Paesi del G7 Canada 43,7% e Germania (42,3%) sono i maggiori utilizzatori, seguiti da Francia (36,6%) e Giappone 30,8%, mentre in Italia (20,3%), UK (16,9%) e Stati Uniti (10,3%) l’uso rimane limitato. In Europa è in Portogallo (48,3%) dove si usa di più la pillola, mentre in Cina solo l’1,2% delle donne vi ricorre.
Il diritto alla contraccezione gratuita è causa di disuguaglianza tra le Regioni, anche in considerazione dei criteri adottati dove il tema è stato affrontato. Una rapida occhiata ci restituisce un arlecchino di situazioni: in Puglia contraccettivi orali, cerotto transdermico e anello vaginale e dispositivi intrauterini sono disponibili gratuitamente nei consultori per tutte le donne di età inferiore a 24 anni e per le donne immigrate senza permesso di soggiorno. In Toscana situazione simile, compresi i profilattici, a tutti i giovani tra i 14 e i 25 anni. Nel Lazio i contraccettivi orali sono erogati gratuitamente nei consultori alle donne di età compresa tra 14 e 21 anni. In Emilia Romagna per donne e uomini con meno di 26 anni e donne disoccupate tra i 26 e i 45 anni. In altre Regioni come la Lombardia è prevista, ma mai attivata, la distribuzione a uomini e donne con meno di 24 anni. In Piemonte sulla carta è attiva l’offerta gratuita per le donne fino a 26 anni e fino a 45 anni se disoccupate. Nelle Marche alle donne con meno di 26 anni, se disoccupate fino a 45 anni. Nelle rimanenti 13 Regioni la gratuità non è prevista in nessuna forma o condizione.
Che c’entra la pillola con la denatalità?
«La pillola anticoncezionale gratuita a tutte le donne per una sterilizzazione di massa negli anni di massima fertilità è un puro delirio ideologico di alcuni membri dell’AIFA, nel tempo in cui tutti sanno che la denatalità è la prima emergenza del Paese e farà saltare il welfare», ha twittato Mario Adinolfi un paio di giorni dopo il rinvio della decisione da parte del Cda AIFA. Attribuendo, quindi, un legame diretto e immediato tra la disponibilità di anticoncezionali facilmente accessibili e gratuiti e la scelta di qualsiasi donna di non fare figli.
Una visione semplificatrice e falsa che peraltro ignora completamente il ruolo dell’altro genitore. Nel fine settimana dal 12 al 14 maggio si sono svolti a Roma i cosiddetti Stati generali della natalità, da cui sono emersi come principali indicazioni interventi sulle tasse e le disponibilità economiche delle giovani famiglie. Insomma, soldi per fare figli. Un approccio che, da solo, viene smentito da un gran numero di studi sulle strategie di contrasto alla denatalità, e che per di più sembra ignorare il problema di dove reperire le risorse necessarie (tagliando sulla pillola gratuita, ha detto qualcuno).
Così come non è la disponibilità di un efficace metodo anticoncezionale a spingere verso la scelta di non avere figli (vedi il grafico sotto), non sembra sufficiente offrire soldi per promuovere la scelta opposta. Nei giorni del Forum il network Alleanza per l’infanzia (che riunisce società scientifiche, associazioni e istituzioni) ha diffuso una presa di posizione per richiamare l’attenzione sugli aspetti che dovrebbero essere al centro di qualsiasi misura di promozione di una genitorialità responsabile e consapevole. «Per poter sostenere in modo efficace la natalità è necessario chiarire quale ruolo debbano avere le politiche familiari, del lavoro, educative e della casa nel favorire meccanismi virtuosi che rafforzino le scelte positive di fecondità e consentano di realizzare il desiderio di avere un figlio, soprattutto un figlio in più», si legge.
Se già quasi cinquant’anni fa, con la legge 405, si erano definiti i termini di una scelta importante come quella di avere figli (e si erano stabiliti gli strumenti e gli approcci che avrebbero dovuto supportare e sostenere le scelte delle persone in termini di genitorialità), oggi più che mai occorre rendersi conto che avere figli non è una scelta indipendente dalle altre, ma si inserisce in un processo di realizzazione individuale e di ricerca di benessere molto più articolato di un tempo.
«Autonomia dalla famiglia di origine e realizzazione di una propria sono strettamente dipendenti dalle politiche abitative e dalle opportunità di lavoro, adeguatamente remunerato e ragionevolmente sicuro, per i giovani. Una ragionevole sicurezza di un reddito adeguato nel medio-lungo periodo, così come l’accesso a una casa a condizioni economiche non penalizzanti (sotto forma di mutuo o di affitto), sono indispensabili per poter assumere una responsabilità irreversibile, quale è quella di mettere al mondo uno o più figli», ribadisce Alleanza per l’infanzia. Di questo tipo di politiche in Italia si vede ben poco, purtroppo, e da tempo, se dopo cinquant’anni ancora non si è riusciti a dare piena realizzazione alla legge 405.
Ecco perché Adinolfi si sbaglia. Ed ecco perché la scelta di rinviare fino a chissà quando l’accesso gratuito alla pillola contraccettiva, è una cattiveria. Contro tutti noi.
L’Italia non è un Paese per le madri perché determinanti culturali e strutturali pesano sulle spalle delle donne. Le donne sono ancora troppo spesso senza diritti e cariche di doveri, e l’incredibile e triste storia della pillola anticoncezionale ne è uno degli esempi.
Inoltre, essendo l’AIFA un’agenzia pubblica che deve garantire l’accesso alle terapie farmacologiche sicure, efficaci e appropriate per tutte le persone presenti sul territorio nazionale, l’accidentato percorso verso la gratuità dei contraccettivi e più in generale l’attuazione della legge 405, indica una minaccia all’indipendenza e al riconoscimento tecnico e scientifico dell’operato dell’agenzia da parte dei decisori politici. Anche questa è una cattiveria. Contro tutti noi.