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Dalla ricerca alle sue applicazioni: l'incontro Future Trends in Translational Medicine

Per vari motivi, nonostante l'elevata produttività in ambito biomedico, il mondo scientifico italiano è ancora limitato nel trasferimento dei propri risultati dai laboratori al mercato e alla società. Le iniziative di trasferimento tecnologico attualmente in corso sono molte: tra quelle dedicate alle discipline biomediche vi è l'incontro Future Trends in Translational Medicine, organizzato da Human Technopole e Nature Italy.

Crediti immagine: National Cancer Institute/Unsplash

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È uno dei tanti “paradossi italiani”: pur risultando ai primissimi posti nel mondo per l’alta produttività nei settori biomedici, gli scienziati italiani risultano essere cronicamente refrattari alla valorizzazione dei risultati del proprio lavoro.

Moltissimi gli studi che in vari modi lo certificano. L’ultimo, in ordine di tempo, è il rapporto Il ruolo dell’Ecosistema dell’Innovazione nelle Scienze della Vita per la crescita e la competitività dell’Italia, presentato a settembre di quest’anno dalla Life Science Community di The European House/Ambrosetti. Qui l’Italia si piazza al secondo posto dopo la Germania per numero di pubblicazioni in ambito biomedico; addirittura potrebbe essere il primo paese europeo in base a un altro criterio di classificazione, ossia il numero di citazioni dei paper scientifici. Un dato straordinario, soprattutto se si considera l’esiguità del capitale umano dedicato alla ricerca nelle scienze della vita (l’indicatore aggregato di Ambrosetti colloca l’Italia al 12° posto in Europa) e la scarsità delle risorse a disposizione dei ricercatori (secondo un altro indicatore aggregato saremmo al 9° posto in Europa). Possiamo essere soddisfatti. Siamo infatti in presenza di una efficacia altissima dei ricercatori italiani, eccellenti anche secondo altri indicatori, come il numero di grant ottenuti dallo European Research Council (ERC): 136, secondi solo dopo la Germania.

Il quadro cambia completamente quando si guarda al numero di brevetti europei (circa il 25% di quelli ottenuti in Germania) o al numero di imprese create. Qui ci collochiamo in una mesta media classifica europea, molti distanti dai brillanti piazzamenti della ricerca. In sostanza: in quest’ambito non siamo capaci di trasferire adeguatamente i risultati della ricerca scientifica dai laboratori al mercato e alla società.

I motivi sono molti, di natura culturale e organizzativa, e il dibattito è incessante, così come i tentativi di porre rimedio a questo gap. Negli ultimi anni il “trasferimento tecnologico” è diventato di moda; giustamente, università, enti e ospedali di ricerca si sono dotati di strutture dedicate; le iniziative messe in campo sono veramente numerose e ingenti le risorse assegnate, per esempio dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy attraverso ENEA Tech e Biomed o dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ha messo a disposizione 5,9 miliardi di euro allocati in 5 centri nazionali, 11 ecosistemi dell’innovazione, 49 tra infrastrutture di ricerca e infrastrutture tecnologiche, 14 partenariati estesi. Cassa Depositi e Prestiti ha dato vita anche a un Fondo Nazionale Innovazione, che sta intervenendo a fianco dei venture capital privati nel finanziamento di start up. La strategia complessiva sembra essere ancora confusa, anche per la quantità di attori in campo, ma non si può dire che non ci si stia provando.

Tra i soggetti incaricati di favorire il trasferimento tecnologico nelle scienze della vita c’è anche Human Technopole (HT), la fondazione di ricerca creata dal Governo italiano nel 2018 con sede a Milano nell’area Mind (ex EXPO). Oggi Human Technopole occupa quasi 400 persone, ha attivato centri di ricerca in genomica strutturale, genomica di popolazione, neurogenomica, biologia strutturale, biologia computazionale e health data science. Nelle prossime settimane prenderanno avvio le piattaforme nazionali che mettono a disposizione della comunità scientifica italiana infrastrutture e apparecchiature tecniche avanzatissime nelle aree genomica, editing genomico, biologia strutturale, microscopia ottica, gestione e analisi dei dati.

Per quanto riguarda il trasferimento di tecnologie biomediche, già in passato HT aveva promosso iniziative di formazione e sensibilizzazione dei giovani scienziati, ma per il prossimo fine ottobre Human Technopole ha dato vita, insieme alla rivista Nature, a un incontro molto particolare, dedicato sempre ai neoricercatori, dal titolo Future Trends in Translational Medicine. Si tratta di un esercizio collettivo di “forecasting tecnologico” riferito alla medicina traslazionale, ossia di analisi dei settori di ricerca biologica e medica che in un futuro più o meno prossimo potrebbero luogo ad applicazioni pratiche e cliniche. L’obiettivo dichiarato è di spingere chi sta muovendo i primi passi in laboratorio a guardare con interesse non solo la ricerca di base ma anche quella applicata. Per farlo sono stati scelti quattro temi che verranno approfonditi con comunicazioni da parte di top scientist internazionali: terapia genica (dove la ricerca italiana eccelle e dove sono state anche avviate imprese dedicate) e utilizzi terapeutici dell’RNA, genomica e big data, uso dell’intelligenza artificiale nella ricerca biomedica, creazione di organoidi per la messa a punto di farmaci e la medicina personalizzata.

Sono aree di ricerca in piena ebollizione, dense di potenziali applicazioni, scelte come esempio dei fruttuosi e virtuosi incroci che si possono realizzare tra scienza pura e ricadute sociali e di mercato. L’incontro vorrebbe rappresentare anche una occasione di dialogo e coordinamento tra i diversi attori che si stanno occupando di trasferimento tecnologico per le scienze della vita in Italia, con l’obiettivo di provare a mettere a sistema risorse e competenze per superare le barriere che ancora impediscono alla ricerca italiana di vedere realizzate i suoi considerevoli risultati.

 


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