Sotto l’insegna della lince accademica vedeva la luce nel 1623 una delle opere galileiane più significative: Il Saggiatore, dedicato al Viceprincipe dei Lincei, Virginio Cesarini. L’opera segnava l’intervento diretto dello scienziato toscano nelle polemiche sull’interpretazione delle comete che avevano solcato i cieli d’Europa tra fine 1618 e inizio 1619. Concepita come risposta alla Libra astronomica (1619) del gesuita Orazio Grassi, il quale, seguendo Tycho Brahe, aveva interpretato i recenti fenomeni come conferma della struttura geocentrica dell’universo, l’opera galileiana contestava le conclusioni del matematico del Collegio Romano e rappresenta un capitolo fondamentale nella biografia intellettuale di Galilei. Un convegno presso l’Accademia dei Lincei ha recentemente ricordato i 400 anni dalla pubblicazione.
Crediti immagine: Dorothe da Pixabay
Sono trascorsi 400 anni da quando Galileo Galilei diede alle stampe Il Saggiatore, pubblicato a Roma nel 1623 da Giacomo Mascardi.
Per celebrarne la ricorrenza, l’Accademia dei Lincei e il Museo Galileo hanno dato vita a un convegno della durata di tre giorni, durante i quali si sono confrontati alcuni tra i più importanti studiosi galileiani del panorama nazionale e internazionale. Che l’evento sia stato ospitato dall’Accademia dei Lincei assume un doppio, se non triplice, significato. Al di là del prestigio dell’istituzione, che incarna una parte essenziale della storia culturale e scientifica del nostro Paese, è bene ricordare che un particolare rapporto lega l’Accademia non solo, più in generale, a Galilei, ma, nello specifico, proprio a Il Saggiatore. I Lincei nacquero nel 1601, per iniziativa del principe Federico Cesi: e se è vero che l'Accademia acquisì la sua forma attuale nel corso dell'Ottocento, dopo due secoli di silenzio, è pur vero che le sue radici affondano nell'Accademia del Cesi. Com’è risaputo, di questa Accademia Galilei divenne membro nel 1611, durante il viaggio che fece a Roma per promuovere le scoperte illustrate nel Sidereus Nuncius (1610).
Meno noto tra i non addetti ai lavori è il ruolo che l’Accademia giocò nella pubblicazione de Il Saggiatore: furono infatti i Lincei a spingere Galilei a dare alle stampe il testo e furono loro a decidere di dedicare il volume al neo-eletto Papa Urbano VIII. Dopo la condanna del copernicanesimo, datata 1616, la salita al soglio pontificio di Barberini, sulla carta vicino a Galileo, aveva infatti riacceso le speranze non solo dello stesso Galileo, ma dell’Accademia tutta. Speranze che saranno da lì a dieci anni smentite, con la condanna di Galileo all’abiura. Nel 1623 tuttavia le aspettative erano altissime: così, Galileo scrisse l’opera sotto forma di lettera e la indirizzò al Linceo (e cameriere segreto del Papa) Virginio Cesarini; Cesarini procurò un revisore (il frate Niccolò Riccardi, noto come Padre Mostro) che potesse evitare la censura e firmò poi egli stesso la dedica a Urbano VIII. Insomma, Il Saggiatore divenne un potente strumento di cui i Lincei si servirono per veder riconosciuti il prestigio e il peso del progetto dell’Accademia, anche in contrasto con i padri del Collegio Romano.
Qui Galileo spiegò che la lingua della natura è la matematica
Ma al di là della funzione politica che il testo finì per assumere, Il Saggiatore riveste un ruolo fondamentale all’interno della biografia intellettuale di Galilei. Non a caso, uno dei più celebri passaggi galileiani proviene proprio dal sesto capitolo di questo volume. È il brano in cui Galilei afferma che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico e che può esser letto solo maneggiandone debitamente i caratteri.
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intendere la lingua, e a conoscere i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi e altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.
L’opera rappresentò di fatto per Galilei l’occasione per stendere un vero e proprio manifesto della propria filosofia naturale. Nasceva tuttavia da una circostanza piuttosto fortuita, ossia da una disputa con il gesuita Orazio Grassi circa la natura delle comete: tale circostanza è stata ampiamente trattata durante la prima mattinata del convegno, durante la quale i relatori si sono soffermati sul contesto in cui Il Saggiatore si generò e sul dibattito cometario che animò gli anni immediatamente precedenti. Nel 1618, erano infatti state avvistate tre comete, che, oltre a essere particolarmente luminose, furono le prime a poter essere osservate col telescopio. Questo aspetto destò ovviamente grande interesse e attesa tra i filosofi naturali, i matematici e gli astronomi del tempo. È doppiamente interessante dunque ricordare, come ha fatto Franco Giudice (Università Cattolica di Milano) nella sua relazione, che parte della polemica col Grassi fu proprio circa l’attendibilità dell’osservazione delle comete al telescopio e la possibilità di determinarne correttamente la parallasse e, dunque, la distanza dalla Terra.
Breve ma necessaria digressione: Grassi, che di fatto rappresentava la posizione dei padri gesuiti del Collegio romano, sosteneva che le comete transitassero oltre la Luna, descrivendo il moto lungo un cerchio massimo. Galileo sosteneva invece fossero manifestazioni luminose di natura illusoria (sostanzialmente, fenomeni ottici creati dal riflesso della luce solare su quelle che erano esalazioni terrestri), che si muovevano perpendicolarmente alla Terra e che andavano, questo sì, collocate oltre la Luna. Paradossalmente, la posizione del Grassi, pur contraddicendo la dottrina aristotelica che voleva che le comete, in quanto materia corruttibile, transitassero nello spazio sublunare, era agli occhi di Galileo “insidiosa” (come sottolineato da Giorgio Strano, Museo Galileo). Grassi infatti, sostenendo che le comete seguissero delle traiettorie attorno al Sole, poteva usare questa teoria a sostegno del sistema ticonico. Obiettivo di Galileo era invece quello di dimostrare la validità del sistema Copernicano, in aperto contrasto non solo con il sistema tolemaico, ma anche con quello proposto da Tycho Brahe.
In ogni caso, le comete non sono l’unico argomento che Galilei affronta ne Il Saggiatore. Proprio per questa sua valenza di manifesto, il testo contiene anche ampie digressioni circa la fisica e le qualità dei corpi, come ben illustrato nel corso della seconda sessione. Nel suo intervento, Carla Rita Palmerino (Radboud University Nijmegen) ha tra le altre cose ricordato la centralità di un altro celeberrimo passo dell’opera, in cui Galilei, in aperta polemica con la fisica aristotelica, introduceva una distinzione tra le proprietà reali dei corpi (grandezza, forma, posizione e moto), misurabili matematicamente, e quelle soggettive (colori, odori, sapori, suoni, impressioni tattili), percepite dai nostri sensi.
Per tanto io dico che ben sento tirarmi dalla necessità, subito che concepisco una materia o sostanza corporea, a concepire insieme ch’ella è terminata e figurata di questa o di quella figura, ch’ella in relazione ad altre è grande o piccola, ch’ella è in questo o quel luogo, in questo o quel tempo, ch’ella si muove o sta ferma, ch’ella tocca o non tocca un altro corpo, ch’ella è una, poche o molte, né per veruna imaginazione posso separarla da queste condizioni; ma ch’ella debba essere bianca o rossa, amara o dolce, sonora o muta, di grato o ingrato odore, non sento farmi forza alla mente di doverla apprendere da cotali condizioni necessariamente accompagnata: anzi, se i sensi non ci fussero scorta, forse il discorso o l’immaginazione per se stessa non v’arriverebbe già mai.
Durante il secondo giorno, invece, gli interventi si sono concentrati sugli interlocutori di Galileo all’interno del dibattito: Ugo Baldini (Università di Padova) ha per esempio approfondito la biografia intellettuale di Orazio Grassi, su cui ad oggi si hanno tutto sommato ridotte informazioni, tornando anche sui motivi per i quali Galileo ne attaccò con tanta decisione le teorie sulle comete e sulla tesi che lo ha indicato come sostenitore del sistema ticonico. Nel pomeriggio, lo sguardo si è infine ulteriormente allargato alla Roma barberiniana.
L'eredità del Saggiatore che è arrivata fino a oggi
La tavola rotonda con cui si è chiuso il convegno, nella mattina della terza giornata, ha voluto offrire uno sguardo su ciò che Il Saggiatore rappresenta oggi. Vale qui la pena soffermarsi sull’intervento di Angelo Antonelli, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Roma. Antonelli ha delineato un rapido excursus su quelle che, nelle ricerche più d’avanguardia nel campo dell’astrofisica, possono essere considerate eredità galileiane. I telescopi, ovviamente: partiti dal cannocchiale galileiano, siamo ora spettatori della progettazione dell’Einstein Telescope, telescopio che intercetterà le onde gravitazionali. Il passaggio è fondamentale, poiché significa che oggi siamo in grado di raccogliere dati da messaggeri diversi dalle radiazioni elettromagnetiche. E poi le comete: siamo giunti a sapere qual è la composizione di questi corpi e addirittura siamo riusciti a inviare una sonda (la sonda Rosetta e il lander Philae; qui trovate uno degli articoli che Scienza in rete ha dedicato alla missione ) direttamente sulla superficie della cometa 67P/Churyumov Gerasimenko. Ma soprattutto, assieme agli asteroidi, le comete sono ritenute il mezzo con cui l’acqua, e dunque la vita, è arrivata sulla Terra (a molti sarà probabilmente venuto in mente il libro I Marziani siamo Noi, di Giovanni Bignami).
Alcune questioni sono sembrate mancare all’appello della tre giorni di convegno, tra le quali, per esempio, la circolazione e la ricezione del testo al di fuori dei circoli dotti, o aspetti di storia visuale e materiale che aggiungono solitamente prospettive inedite e intriganti.
Vale la pena segnalare, in conclusione, che la casa editrice Hoepli ha appena pubblicato il testo dell'opera in una nuova edizione, con apparato critico a cura di Franco Giudice e Michele Camerota (Università di Cagliari). Nell’introduzione lettori e lettrici troveranno un’accurata quanto scorrevole ricostruzione della genesi e dei contenuti dell’opera; i più esigenti potranno inoltre contare sulle numerosissime note al testo.