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Editing epigenetico: modificare l'espressione genica senza alterare il DNA

Un articolo pubblicato su Nature e firmato dai ricercatori del San Raffaele TIGET descrive una nuova forma di editing del genoma, che non agisce sulla sequenza di DNA ma sfrutta i meccanismi epigenetici per silenziare i geni d'interesse. La tecnica, testata su modelli animali, ha il vantaggio di non modificare in modo permanente il genoma, e apre la strada a nuove prospettive di ricerca e, in futuro, applicazioni cliniche.

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Silenziare un gene. Perché? E come farlo in pratica? Il perché è abbastanza semplice: se si trova il modo di spegnere un gene, se ne può esplorare la funzione. E poi, almeno in teoria, un gene difettoso che finirebbe per codificare per una proteina anomala può farci ammalare; e allora, togliamolo di mezzo. Tutto risolto dunque. Un po’, ma solo un po’. Per adesso le due tecniche impiegate per silenziare stabilmente un gene (l’interferenza a RNA e l’uso di nucleasi artificiali) funzionano bene, ma hanno grandi limiti. Non solo possono essere scarsamente specifiche e poco tollerabili, ma possono anche dare possibili fenomeni di interferenza con le sequenze di RNA endogene oppure causare morte cellulare, proprio a causa delle rotture del DNA che inducono. Bisognerebbe trovare un'altra strada. Esattamente quello che è successo.

Il lavoro, pubblicato su Nature, viene dai ricercatori del San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy (TIGET), che sono partiti da una considerazione: nelle cellule eucariotiche, uno dei modi per reprimere l’espressione genica è affidato all’epigenetica. Succede particolarmente durante lo sviluppo nelle cellule staminali embrionali e serve in natura per reprimere sequenze di retrovirus endogeni, ospiti indesiderati del nostro genoma. E tutto questo senza alterare la sequenza del DNA. Questo compito così prezioso è affidato a due famiglie di proteine, le proteine a dita di zinco, contenenti il dominio Krüppel-associated box (KRAB-ZFPs), e le DNA metiltransferasi (DNMTs), che si legano a specifiche sequenze retrovirali e favoriscono la metilazione delle lisine degli istoni che circondano il DNA. La metilazione del DNA passa poi di cellula in cellula durante la mitosi e la differenziazione cellulare, senza che il processo di metilazione debba essere ripetuto.

Con questi presupposti, i ricercatori del TIGET si sono chiesti se si potesse ottenere una repressione stabile di un determinato gene senza intaccarne la sequenza, con il vantaggio di non dover intervenire sul DNA e rischiare che il genoma finisca per essere tagliato in uno o più punti che non sono quelli dove si desidera intervenire (il cosiddetto off-target effect). E poi vanno considerati possibili fenomeni di mutagenesi, oltre a bassa efficienza e risposte immunitarie cellulo-mediate. Proprio quello che succede con la tecnologia CRISPR-Cas9, che è valsa nel 2020 il premio Nobel per la chimica a Jennifer Doudna ed Emmanuele Charpentier e ha dato il via a una nuova era dell’ingegneria genetica. CRISPR è un sistema di manipolazione del DNA versatile e programmabile, al punto da essere già alla base di due nuove terapie per l’anemia falciforme e la beta talassemia, approvate da FDA ed EMA.

Fare editing epigenetico - hit and run, come è stata ribattezzata questa nuova tecnica - ha il vantaggio di non essere permanente, perché la metilazione che spegne le sequenze di interesse può essere eliminata con interventi farmacologici. Un vantaggio non indifferente se si pensa, invece, che tutto quanto si fa o si riuscirà a fare con CRISPR-Cas9 implica una modificazione permanente del DNA che sarà trasmessa di generazione in generazione.

Che la repressione epigenetica fosse limitata solo al sito che si voleva effettivamente silenziare è stato dimostrato in un lavoro precedente di Cell degli stessi autori, utilizzando linfociti T. Il silenziamento epigenetico era effettivamente limitato al gene di interesse, tanto da renderlo resistente a più di uno stimolo esterno utilizzato per attivarne la trascrizione. Inoltre, inserendo nella piattaforma di silenziamento specifici domini di legame al DNA costruiti su misura - in base al gene da riconoscere e silenziare -, gli autori hanno dimostrato la grande versatilità di questo approccio, tanto che la piattaforma si può legare virtualmente a qualsiasi gene. Anche se all’inizio nel lavoro di Cell era stato dimostrato per un gruppo di geni piuttosto limitato. Era chiaro che riuscire a silenziare stabilmente un gene senza doversi basare, come per le altre tecniche, sulla mutagenesi e l’inserimento genomico causale, rendeva questa strategia estremamente attraente per possibili sviluppi di applicazioni in campo medico. Il limite a portare una tecnologia così efficace in vitro a un impiego in vivo era rappresentato dalla necessità di impiegare vettori di derivazione virale (lentivirus) per veicolare il complesso e consentirne una stabile espressione.

Il lavoro appena pubblicato su Nature, oltre a fornire la prova che questa tecnica può essere impiegata in vivo nell’animale, supera anche questo limite. Come è stato possibile? Utilizzando nanoparticelle lipidiche capaci di veicolare il complesso sotto forma di mRNA, la stessa tecnica usata nei vaccini per portare l’mRNA all’interno delle cellule.

La conferma sperimentale che questo approccio - EVOETR, questo il nome della piattaforma - fosse effettivamente efficace in vivo viene da una serie di esperimenti che avevano come target PCSK9, un gene espresso negli epatociti e coinvolto nella regolazione dei livelli di colesterolo nel sangue. Alcune varianti mutate di questo gene sono causa dell’ipercolesterolemia familiare, una condizione genetica rara caratterizzata dal rischio elevato di gravi problematiche cardio e cerebro-vascolari. Una singola somministrazione (one-shot) di nanoparticelle lipidiche cariche dell’mRNA di EVOETR ha permesso di silenziare il gene in una percentuale molto alta di cellule epatiche, con conseguente abbassamento dei livelli di colesterolo negli animali per un periodo di osservazione di quasi un anno.

Tutto questo è straordinario se si pensa che viene fatto senza che si debba modificare una singola base di DNA. Vuol dire che sarà possibile un giorno porre rimedio all’ipercolesterolemia familiare in modo definitivo e relativamente semplice (almeno in teoria): sarà quasi come vaccinarsi.

Quali altre prospettive di ricerca e applicazione clinica apre lo studio di Nature? Ci sono due grandi aree: la prima è quella di silenziare altri geni espressi dal fegato, che sottendono ad altri tipi di malattie. In questo campo, un caso particolare che potrebbe avvantaggiarsi in modo specifico di questa tecnica è quello dell’epatite B (HBV). La ragione è che HBV è presente nel genoma delle cellule epatiche in copie multiple, cosa che rende l’editing genomico poco sicuro. Agire invece sull’epigenoma per reprimere l’espressione del virus potrebbe essere più semplice e più efficace.

L’altra area è l’immunoterapia, che trova già impiego nella cura dei tumori con le CAR-T. EVOETR potrebbe essere utilizzata, in contemporanea o in sostituzione con le altre tecniche di editing già in uso, per garantire che le CAR-T che saranno re-infuse nel paziente non siano soltanto capaci di curare la malattia, ma siano anche sicure. È per questa intuizione che il gruppo di Lombardo ha ottenuto un award di grande importanza da parte della Società Americana di Terapia Genica e Cellulare (Excellence in Research) a dimostrazione del favore con cui queste ricerche sono state accolte dagli esperti del field. Sempre nel campo dei tumori questa tecnica consentirà un giorno, almeno in teoria, di intervenire su pathway mutati o difettosi delle cellule tumorali per provare a spegnerli.

Siamo però ancora agli inizi. Nel campo dei tumori questo approccio non è ancora abbastanza maturo per essere impiegato in clinica, ma è un settore in grande fermento e gli studi preclinici sono sempre più numerosi. Tante sono le aziende (Epic Bio, Tune Therapeutics, Navega Therapeutics e altre ancora) che stanno adottando questa tecnologia per testarla su indicazioni ancora inesplorate. Per consentire a questa piattaforma di fare un passo avanti verso la clinica, Angelo Lombardo e Luigi Naldini avevano fondato una startup, EpsilenBio, dedicata allo sviluppo di una piattaforma di silenziamento epigenetico per il trattamento di varie malattie, acquisita due anni dopo dall’americana Chroma Medicine di Boston. Chi arriverà prima? Staremo a vedere.

 


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