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La circolazione oceanica nel Nord Atlantico (AMOC) sta per spegnersi?

Atlantic Meridional overturning Circulation (AMOC)

Negli ultimi anni, varie testate hanno riportato la diminuzione dell'Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) nel Nord Atlantico, cruciale per il clima dell'emisfero Nord, avvertendo del rischio che si stia spegnendo. È quanto, in effetti,  suggeriscono alcuni studi recenti, ma c'è disaccordo tra gli esperti: la complessità e l'incertezza dei modelli climatici rendono difficile prevedere con certezza il futuro di AMOC.

Schema delle correnti di AMOC. Crediti: modificato da R. Curry, Woods Hole Oceanographic Institution/Science/USGCRP, Wikimedia Commons. Licenza: CC BY 3.0 DEED

Tempo di lettura: 5 mins

A più riprese negli ultimi anni, testate importanti hanno pubblicato articoli che raccontano come, secondo alcune ricerche, l’intensità della circolazione termoalina nel Nord Atlantico, nota come Atlantic Meridional overturning Circulation (AMOC) sia non solo in diminuzione, ma sia proprio sull’orlo di uno spegnimento totale.

AMOC è il risultato della convezione profonda che avviene nel Nord Atlantico e nell'Artico: qui acque superficiali molto dense (perché molto saline) provenienti dai tropici, fra le quali predomina la Corrente del Golfo, sprofondano e ritornano verso l’emisfero Sud, dando vita a una circolazione che prende il nome di “circolazione termoalina”. AMOC esiste solo nel Nord Atlantico: non c’è una circolazione analoga nel Pacifico, e la sua esistenza è fondamentale nel determinare il clima nell’emisfero Nord, attorno al quale la nostra civiltà si è sviluppata. Per esempio, grazie a AMOC il clima a Napoli è molto più mite rispetto a quello di New York, pur essendo alla stessa latitudine. Per cui ci chiediamo: è vero che AMOC sta per spegnersi? E quali sarebbero le conseguenze di un totale blocco di questo nastro trasportatore oceanico?

Figura: schema delle correnti di AMOC (fonte: Wikipedia)

Tra i più citati dalla stampa, troviamo articoli scientifici tra cui Van Westen (2024), Ditlevsen & Ditlevsen (2023), e il più recente articolo riassuntivo di Rahmstorf (2024). Tutti questi articoli propongono uno spegnimento di AMOC come ipotesi più plausibile nel prossimo futuro. In realtà, la risposta di AMOC al cambiamento climatico è un argomento di ricerca in pieno sviluppo che vede esperti di stampo teorico, osservativo e modellistico contribuire con prospettive tra loro talvolta contrastanti all’ipotesi di un possibile spegnimento di AMOC nel ventunesimo secolo.

Nel passato del Pianeta, AMOC si è già spenta, contribuendo alle glaciazioni

Molto prima dell’avvento di sistemi osservativi in grado di caratterizzare con maggiore continuità e precisione AMOC, misure oceanografiche hanno riscontrato la presenza di una circolazione oceanica a scala globale. La ricostruzione di questa circolazione ha dimostrato inoltre che, in tempi in cui il clima terrestre si stava scaldando, la diminuzione di AMOC e la sua interruzione hanno riportato la Terra in una clima freddo, contribuendo all’alternanza delle ere glaciali e interglaciali. In particolare, ricostruzioni paleoclimatiche delle oscillazioni Dansgaard-Oeschger e degli Heinrich events suggeriscono che uno spegnimento di AMOC ha contribuito a una glaciazione più o meno totale dell’emisfero Nord. Negli anni ‘60 l’oceanografo Stommel ha proposto un modello teorico di AMOC molto semplice che prevede il passaggio da AMOC accesa ad AMOC spenta passando per una soglia critica di densità dell’acqua che innesca il passaggio da uno stato all’altro. Questo modello ha introdotto il concetto di “bistabilità” di AMOC, confermato dalle ricostruzioni paleoclimatiche.

In questo contesto, alcuni lavori recenti, tra cui Caesar e collaboratori e Ditlevsen & Ditlevsen, basandosi su “impronte” di AMOC su altre variabili osservabili (per esempio, temperatura o salinità), riscontrano che il cambiamento recente di questi indici potrebbe voler indicare che ci stiamo avvicinando allo spegnimento di AMOC nel prossimo futuro. Tuttavia, mentre AMOC si accende e si spegne molto facilmente in un modello teorico, nelle proiezioni climatiche per il ventunesimo secolo eseguite con modelli climatici globali altamente complessi, su cui tra l’altro si basano in gran parte i rapporti dell'Intergovermental Panel on Climate Change (IPCC), non si riscontra uno spegnimento drastico di AMOC. Gli scienziati attribuiscono il mancato spegnimento di AMOC all'esistenza di meccanismi di compensazione (“feedback” climatici stabilizzanti) che tendono a riportare il clima in uno stato di equilibrio. Questi meccanismi sono assenti nei modelli più semplici.

Tuttavia, ci sono alcune eccezioni. Il lavoro di Van Westen (2024) si distingue poiché, per la prima volta, dimostra che anche in un modello complesso (tra quelli usati per l’IPCC), AMOC presenta due stati stabili. Il passaggio da uno stato all’altro avviene solo quando il modello viene forzato con una quantità molto alta di acqua dolce come quella che proverrebbe dalla fusione dei ghiacciai, e su una scala temporale molto lunga, dell'ordine delle migliaia di anni. Simulazioni numeriche centennali forzate da un aumento di gas serra di origine antropica eseguite con un modello di complessità analoga dal gruppo della NASA-GISS (Romanou et al. 2023) mostrano lo spegnimento di AMOC, ma questo avviene in alcune integrazioni e in altre no, al variare (anche minimo) delle condizioni iniziali atmosferiche da cui queste simulazioni prendono l'avvio. Le simulazioni di Romanou e colleghi mettono in evidenza un aspetto totalmente casuale, ovvero un possibile effetto farfalla che si propaga su scale molto lunghe. Al momento, i modelli climatici complessi che mostrano l'esistenza di due stati di AMOC sono molto pochi (due), e comunque nei pochi modelli in cui questo avviene, le scale temporali sono molto lunghe.

Osservazioni e modelli dicono cose diverse

Alla ricerca di tipo teorico e modellistico, si affianca una ricerca di stampo più osservativo, condotta sia da ricercatori impegnati nel capire la variabilità di AMOC attraverso ricostruzioni paleoclimatiche, sia da ricercatori dediti a campagne di osservazioni attuali attraverso l’uso di strumenti di misura in oceano (per es.: OSNAP e RAPID-MOCHA). Gli oceanografi osservazionali hanno dimostrato da un lato che i modelli teorici sono troppo semplificati, ma dall’altro anche che i modelli climatici attuali hanno grosse difficoltà a riprodurre in maniera accurata le caratteristiche di AMOC. Inoltre i modelli climatici non sono in grado di riprodurre spontaneamente lo spegnimento di AMOC associato ad ere glaciali.

Bisogna notare inoltre che le osservazioni dirette di AMOC coprono un periodo temporale molto breve, essendo iniziate solo nel 2004; mentre le ricostruzioni paleoclimatiche sono affette da grosse incertezze. In ultimo è necessario sottolineare che per quanto le osservazioni provenienti dai dati strumentali forniscano la migliore rappresentazione della realtà a cui possiamo accedere, esse sono limitate e non omogenee nello spazio e nel tempo. Per questi motivi, le osservazioni sono caratterizzate da molta variabilità interna e imprecisione. Per sopperire alla mancanza di osservazioni lunghe e accurate, ma anche per capire i processi dinamici fondamentali per la bistabilità di AMOC, è quindi sempre necessario costruire dei modelli sia semplificati che complessi che inquadrino le osservazioni. Questi modelli potranno aiutarci a capire i possibili cambiamenti di AMOC nel prossimo futuro.

Le maggiori testate giornalistiche si sono principalmente concentrate sui risultati più sensazionali che ipotizzano un possibile spegnimento di AMOC nel prossimo futuro, ma di certo non è l’unico filone attivo su questo fronte di ricerca: si tratta di un argomento molto dibattuto tra i ricercatori stessi. Trattare solo di questo risultato su riviste importanti, senza metterlo nel contesto molto più sfaccettato della ricerca attuale sulla risposta di AMOC al cambiamento climatico, è certamente fuorviante. Capire come cambierà AMOC in futuro continuerà ad essere una sfida nei prossimi anni se non decenni, e richiederà di capire e affrontare il problema da diverse angolazioni.

 


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