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Il soffocamento delle università e l’impoverimento del Paese continuano

laboratorio tagliato in due

Le riduzioni nel Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) limitano gli investimenti essenziali per università e ricerca di base: è una situazione che rischia di spingere i giovani ricercatori a cercare opportunità all'estero, penalizzando ulteriormente il sistema accademico e la competitività scientifica del paese.

Tempo di lettura: 9 mins

In queste settimane, sul tema del finanziamento delle università e della ricerca, assistiamo a un rimpallo di numeri nei comunicati della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) e del MUR (Ministero della Università e della Ricerca). Vorremmo provare a fare chiarezza sui numeri e aggiungere alcune considerazioni sugli effetti che la riduzione potrà avere sui nostri atenei ma anche sul paese in generale.

Chiariamo innanzitutto l’argomento del contendere: il cosiddetto FFO, ovvero il Fondo di Finanziamento Ordinario, che è lo strumento principale attraverso il quale lo Stato italiano finanzia le università pubbliche. Questi finanziamenti vengono utilizzati per coprire le spese correnti e per sostenere le attività istituzionali di didattica, ricerca e terza missione.

L'FFO è distribuito MUR in base a vari criteri che tengono conto di:

  • dimensione dell'ateneo e numero di studenti iscritti;
  • qualità della ricerca e della didattica (valutata da enti come l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR);
  • risultati ottenuti in termini di efficienza gestionale e occupabilità dei laureati.

Negli ultimi anni, una parte crescente dell'FFO è stata legata a criteri di merito e performance, con l’obiettivo dichiarato di incentivare il miglioramento della qualità dell’offerta formativa e della ricerca accademica. Le principali componenti dell’FFO sono:

  1. Quota Base: la parte principale del fondo, assegnata in base ai costi standard per studente, che tengono conto della tipologia dei corsi di studio e del numero di iscritti. Questa include una componente storica, cioè una percentuale calcolata sulla base dei finanziamenti precedenti.
  2. Quota Premiale: la parte del fondo destinata a incentivare la qualità e il merito. La distribuzione di questa quota dipende dai risultati delle università in base a: a) Valutazione della qualità della ricerca (VQR): punteggi assegnati dall'ANVUR sulla base della produttività e qualità della ricerca; b) Performance didattica: basata su indicatori come la percentuale di laureati nei tempi previsti e la loro occupabilità post-laurea; c) Risultati della Terza missione: attività di trasferimento tecnologico, collaborazione con il territorio e iniziative di impatto culturale e sociale.
  3. Quota perequativa: è pensata a compensare le disuguaglianze territoriali e a garantire un equilibrio nella distribuzione dei fondi tra università situate in aree con diversi livelli di sviluppo economico e sociale. Fino al 2023 era previsto che per nessuna università il taglio poteva essere superiore al 2%, da quest’anno non può essere superiore al 4%.
  4. Quota di sostegno per specifiche finalità: destinata a progetti o iniziative specifiche, come il sostegno agli atenei con difficoltà economiche, il potenziamento di strutture di ricerca o la promozione di programmi di internazionalizzazione e mobilità.
  5. Quota per edilizia e infrastrutture: destinata a interventi di manutenzione e sviluppo delle strutture universitarie, inclusi edifici, laboratori e infrastrutture tecnologiche.
  6. Quota per il diritto allo studio: include fondi destinati a borse di studio, servizi agli studenti e altre iniziative volte a garantire l'accesso e il completamento degli studi universitari anche agli studenti in condizioni economiche svantaggiate.
  7. Quota per la ricerca: destinata a progetti di ricerca specifici o a sostenere i dottorati di ricerca, con una particolare attenzione ai settori strategici e innovativi.

La tabella 4 che trovate in fondo all’articolo riporta tutte le articolazioni specificate sopra nell’arco degli ultimi dieci anni. Qui sotto nella tabella 1 riportiamo soltanto le cifre complessive per studiarne l’andamento (si noti che sono tutte cifre ai prezzi correnti che non tengono conto dell’inflazione). Alle cifre della tabella 4 in fondo all’articolo abbiamo aggiunto quelle relative allo specifico fondo per l’edilizia che è stato attivato dal 2021 e che si speri continui nel 2025.

Anno FFO in euro Edilizia e Infrastrutture FFO + Edilizia
2014 6.954.380.532   6.954.380.532
2015 6.868.088.595   6.868.088.595
2016 6.849.767.619   6.849.767.619
2017 6.942.890.720   6.942.890.720
2018 7.285.939.147   7.285.939.147
2019 7.406.520.950   7.406.520.950
2020 7.845.121.950   7.845.121.950
2021 8.353.195.950 48.000.000 8.401.195.950
2022 8.625.016.950 48.000.000 8.673.016.950
2023 9.174.538.794 122.000.000 9.296.538.794
2024 8.999.274.606 96.000.000 9.095.274.606


Tabella 1. FFO ed Edilizia e Infrastrutture (in euro)

I due grafici seguenti mostrano l’andamento dei finanziamenti negli ultimi dieci anni.

 


Grafico 1. Andamento FFO + Edilizia e Infrastrutture 2014-2024

 


Grafico 2. Andamento FFO + Edilizia e Infrastrutture 2014-2024

Se insieme a questa tabella consideriamo quella relativa al Prodotto Interno Lordo (PIL) a prezzi correnti riportata qua sotto (tabella 2), e consideriamo il rapporto FFO/PIL per il periodo 2014-2023 (non essendo il 2024 disponibile) vediamo chiaramente il dissanguamento delle università dopo un piccolo picco del 2020.

Anno PIL in Milioni di euro
2014 1.635.870,7
2015 1.663.277,7
2016 1.704.856,7
2017 1.744.493,0
2018 1.777.744,4
2019 1.804.066,8
2020 1.670.011,9
2021 1.842.507,4
2022 1.997.054,9
2023 2.128.001,4


Tabella 2. PIL in Milioni di euro (2014-2023)

Dai dati (grafico 3) emerge chiaramente l’esiguità dei finanziamenti in formazione avanzata e ricerca, le riduzioni significative dopo il 2020 in relazione alla capacità produttiva del paese, ed addirittura la loro diminuzione in termini assoluti nel 2024.

 


Grafico 3. Andamento del rapporto FFO/PIL 2014-2023

Inoltre, riteniamo preoccupante che tanti dei fondi dell’FFO 2024 vengano da piani straordinari (tabella 3) che in quanto tali non sono destinati a diventare ordinari e che ora vengono utilizzati per rendere meno visibili i tagli effettuati. Ma anche se diventassero ordinari, sarebbe chiaro che servono altri fondi per supportare lo sviluppo in settori chiave quali i quantum computer, la sostenibilità, l’intelligenza artificiale, lo sviluppo di chip sui quali altri paesi, anche europei, stanno facendo grandi investimenti.

Anno Piani straordinari e incentivi alle chiamate dirette
2014 175.248.716
2015 186.748.716
2016 239.748.716
2017 251.248.716
2018 258.248.716
2019 325.748.716
2020 413.878.716
2021 481.630.000
2022 556.630.000
2023 773.630.000
2024 1.151.630.000


Tabella 3. Piani straordinari e incentivi alle chiamate dirette (euro)

Se le spese correnti delle università vengono quindi penalizzate a favore di piani straordinari per loro natura non costanti, si deve anche osservare che lo strangolamento appare particolarmente drammatico riguardo alla ricerca di base. Infatti, tali piani non considerano proprio il rifinanziamento dei PRIN, l’unica piccola e aleatoria misura di finanziamento della ricerca curiosity driven.

Come osserva il Tavolo tecnico per la Strategia italiana in tema di ricerca fondamentale:

A fronte di una certa regolarità nel finanziamento negli anni 2007-2011, quando il bando ha avuto cadenza annuale (487 milioni in cinque anni, pari a 97,4 milioni/anno), dal 2012 in poi si è assistito a un andamento irregolare nell’apertura dei bandi e a una drastica riduzione della quantità e della continuità dei finanziamenti, che nel quinquennio 2012-2016 sono ammontati in tutto a 131 milioni (26,2 milioni/anno). Uno stanziamento importante nel 2017, pari a 391 milioni, è stato però seguito da due anni in cui non sono stati emessi bandi. Nel quinquennio 2017-2021 sono stati quindi erogati in totale 570 milioni, pari a 114 milioni/anno, non molto diverso da quanto erogato nel periodo 2007-2011 tenuto conto dei processi inflazionistici. Una vera svolta è rappresentata dal bando PRIN 2022 con uno stanziamento di 749 milioni.

Questo punto ci sta particolarmente a cuore e rischia di passare inosservato: i tagli ai fondi di ricerca in generale penalizzano soprattutto la ricerca di base. C’è una tendenza decennale nell’approccio alla ricerca che mette l’enfasi sulle relazioni con l’industria. La filosofia di base è “…se hai bisogno di soldi trovateli sul mercato. Se quello che fai è utile allora troverai qualcuno che i soldi te li dà…”. Questo non solo non porta ai Nobel ma nemmeno ai grandi avanzamenti tecnologici: in fondo c’è il rischio di trasformare l’università in un istituto professionale al servizio delle imprese. Ma questo distrugge la fonte che per almeno un paio di secoli ha prodotto "uova d'oro" per le moderne economie industriali.

Tutte i moderni avanzamenti tecnologici hanno avuto origine dalla cosiddetta ricerca curiosity driven, non immediatamente applicabile, da Faraday sull’elettricità; Hertz e Maxwell sull’elettromagnetismo; Watson e Crick sulla doppia elica del DNA; e Shockley sull’effetto transistor nei semiconduttori, Eulero per la crittografia a doppia chiave e la firma digitale, fino alla meccanica quantistica e il quantum computing. E la storia dell’impatto delle teorie fisiche e matematiche è molto simile: l’ingegneria moderna non esisterebbe senza il calcolo differenziale di Newton e Leibnitz, ma anche i GPS hanno bisogno della teoria della relatività, lo spettrografo di massa si basa sulla teoria matematica dei gruppi, e l’elenco potrebbe continuare.

Il Ministero ha ricordato che ci sono anche i fondi del PNRR, ma questi non possono essere cumulati all’FFO. Sono fondi per definizione straordinari. Non c’entrano nulla con quelli che finanziano stabilmente gli atenei. Con questi fondi si è puntato troppo sull’assunzione di figure a tempo determinato senza pensare a garantire un certo numero di posizioni permanenti che offrissero uno sbocco permanente nemmeno su discipline corrispondenti ai temi dei progetti PNRR.

Recentemente 120 società scientifiche hanno lanciato l’allarme sul definanziamento degli atenei pubblici. Il taglio all’FFO, ma anche altre sforbiciate nascoste, renderanno difficoltoso per le università pagare sia gli stipendi dei docenti di ruolo, e ancora di più il personale a tempo determinato. A soffrirne di più saranno i ricercatori che non saranno mai assunti. Questi tagli renderanno più comatosi soprattutto gli atenei del Sud. I tagli delle risorse e il preesistente sottodimensionamento dei docenti e del personale amministrativo, l’assenza di borse di studio per gli studenti bisognosi e meritevoli faranno sì che il grado complessivo di scolarizzazione della società italiana diminuirà. Una buona percentuale dei migliori andrà a lavorare all’estero.

Solo per i partenariati estesi (progetti congiunti tra università, centri di ricerca e imprese, che mirano a rafforzare il trasferimento tecnologico e a creare un impatto significativo su scala nazionale in settori chiave per lo sviluppo economico e sociale) sono stati impiegati più di 1.500 ricercatori a tempo determinato, ed è stato richiesto che le università garantissero almeno il 40% di posizioni stabili senza però offrire alcun finanziamento aggiuntivo. Con i tagli previsti queste posizioni non ci saranno e regaleremo i nostri investimenti dei soldi prestati dall’Europa ad altri paesi che da sempre apprezzano la qualità dei nostri studenti e ricercatori. Prima andavano all’estero i nostri dottori di ricerca, ora ci andranno i ricercatori sui quali abbiamo investito ma che non riusciremo a trattenere. Sussidieremo così la formazione dei migliori ricercatori di altri paesi. Ai danni del nostro.

FFO Base Quota premiale Quota perequativa Piani straordinari Quota studenti Specifiche finalità PRO3-Dip. Eccellenza TOTALE
2024 4.137.092.007 2.400.000.000 136.000.000 1.151.630.000 584.000.000 13.036.599 577.516.000 8.999.274.606
2023 4.321.518.994 2.500.000.000 150.000.000 773.630.000 586.000.000 26.903.800 816.486.000 9.174.538.794
2022 4.210.252.154 2.336.000.000 150.000.000 556.630.000 531.000.000 27.304.796 813.830.000 8.625.016.950
2021 4.186.322.163 2.223.000.000 175.000.000 481.630.000 637.200.000 20.754.787 629.289.000 8.353.195.950
2020 4.212.853.106 1.944.000.000 175.000.000 413.878.716 528.000.000 24.475.128 546.915.000 7.845.121.950
2019 4.300.967.761 1.784.580.447 175.000.000 325.748.716 347.500.000 34.310.026 438.414.000 7.406.520.950
2018 4.427.752.286 1.693.485.395 145.000.000 258.248.716 336.629.114 38.703.714 386.119.922 7.285.939.147
2017 4.592.750.480 1.535.600.000 145.000.000 251.248.716 266.629.114 53.405.762 98.256.648 6.942.890.720
2016 4.695.922.155 1.410.000.000 195.000.000 239.748.716 257.635.762 41.110.986 10.350.000 6.849.767.619
2015 4.910.393.516 1.385.000.000 105.000.000 186.748.716 244.744.342 26.702.021 9.500.000 6.868.088.595
2014 5.085.720.674 1.215.000.000 105.000.000 175.248.716 265.796.174 88.014.968 19.600.000 6.954.380.532


Tabella 4. Principali componenti dell’FFO

 


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