In occasione della Giornata europea degli antibiotici, il 18 novembre, l’AIFA ha reso pubblico un dossier che denuncia nuovamente il grave rischio dell’antibioticoresistenza, che ci lascia privi di armi per combattere infezioni pericolose. Tra le cause il consumo improprio ed eccessivo di antibiotici, che vede l’Italia messa tra i peggiori in UE: oggi consumiamo più antibiotici e abbiamo più decessi legati a infezioni da batteri resistenti di qualsiasi altro paese europeo. E nell’ultimo anno il consumo di antimicrobici è aumentato del 6,3%. Nell'immagine: campagna ECDC sull'uso corretto di antibiotici.
Iniziamo dai numeri, tratti dal dossier sull'antibioticoresistenza pubblicato da AIFA nella giornata mondiale degli antibiotici, che si celebra il 18 novembre di ogni anno (puoi leggere in calce all'articolo la versione completa del rapporto, mentre nel sito Epicentro dell'Istituto Superiore di Sanità trovi le iniziative relative alla giornata e settimana mondiale degli antibiotici).
- Il consumo di antibiotici in Italia è aumentato del 6,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente;
- in Europa si contano 670mila infezioni l’anno dovute a batteri resistenti alle cure, che causano 33mila decessi: di questi, ben un terzo avvengono in Italia;
- nel biennio 2022-23 in Italia 430mila ricoverati in ospedale hanno contratto un’infezione: sono l’8,2%, contro una media Ue che si ferma al 6,5%;
- gli antibiotici in Italia sono somministrati al 44,7% dei degenti in ospedale, contro una media europea del 33,7%;
- le infezioni si potrebbero ridurre del 30% facendo più prevenzione negli ospedali e riducendo i consumi di antimicrobici: tra le 135 e le 210mila infezioni ospedaliere sarebbero evitabili con maggiori accorgimenti igienici.
Si tratta di cifre che segnalano un problema grave che, se non si inverte la rotta, porterà a conseguenze drammatiche per la salute collettiva e dei singoli.
Antibioticoresistenza: una minaccia per i nostri tempi
In Italia, denuncia il rapporto AIFA, il consumo di antibiotici non frena, anzi: è aumentato del 6,3%. Questo favorisce il proliferare di batteri resistenti alle cure, tanto che, se non si invertirà il trend, nel 2050 l’antibiotico-resistenza (AMR) diverrà da noi la prima causa di morte, superando anche i tumori. Ci si ammala di più e si spende in misura sempre maggiore, perché i super batteri sono responsabili di un significativo assorbimento di risorse (sanitarie e non).
È un cane che si morde la coda: l’uso massiccio di antimicrobici fa nascere superbatteri resistenti agli stessi farmaci. Tra i microbi più diffusi troviamo Klebsiella, che infetta le vie urinarie con una mortalità che arriva alla metà dei casi; Pseudomonas, che provoca infezioni osteoarticolari con mortalità al 70%; Escherichia coli; Clostridium difficile, che prolifera nell’intestino con una mortalità a 30 giorni che si avvicina al 30%. L’impatto sul nostro SSN è enorme, con 2,7 milioni di posti letto occupati proprio a causa di queste infezioni, con un costo che arriva a 2,4 miliardi di euro l’anno.
In base al rapporto dell’ECDC europeo i morti causati nel nostro Paese da infezioni ospedaliere resistenti agli antimicrobici sarebbero circa 12mila, un terzo di tutti i decessi che si verificano in ospedale. Nel biennio 2022-23 sono infatti 430mila i ricoverati che hanno contratto una infezione durante la degenza.
Certo, i microbi in ospedale non è possibile azzerarli, perché parliamo di un ambiente chiuso dove vivono a stretto contatto pazienti che virus e batteri se li portano anche da fuori. Ma secondo la SIMIT, la Società italiana di malattie infettive e tropicali, «L’impatto di queste infezioni potrebbe essere ridotto di un buon 30% inaugurando un percorso virtuoso». Molto c’è ancora da fare, sottolinea il report, nella prevenzione delle infezioni in ambito ospedaliero, perché non pochi casi sono dovuti alle infezioni alle vie urinarie, magari perché la pulizia dei cateteri lascia a desiderare, così come la cura delle ferite chirurgiche. Ma a volte a veicolare i microbi sono i mal tenuti sistemi di areazione dei nostri nosocomi, che hanno oramai un’età media di settant’anni. A incidere è anche il modo con cui si sanificano gli ambienti ospedalieri. Secondo il report, circa un’infezione su tre si sarebbe potuta evitare con un po’ più di pulizia e di prevenzione: questo significa che tra le 135 e le 210mila infezioni sono frutto in qualche modo di mancati accorgimenti igienici, che possono avere a volte conseguenze letali, visto che mediamente l’1% di questi casi evitabili causa un decesso. Come dire che duemila pazienti ogni anno muoiono per infezioni evitabili.
Gli obiettivi sull’antibioticoresistenza dell’ECDC per l’Italia
Per correggere il tiro l’ European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) nel suo ultimo rapporto fissa degli obiettivi anche per l’Italia da conseguire da qui al 2030:
- riduzione del 18% del consumo di antibiotici a uso umano;
- portare almeno al 65% del consumo totale di antibiotici del gruppo “Access”, ossia le 25 confezioni a uso più comune che dovrebbero essere sempre disponibili e a un prezzo accessibile e che oggi in Italia sono ancora solo il 50,8% del totale;
- ridurre del 18% l’incidenza totale delle infezioni da stafilococco aureo resistente alla meticillina che nel 2023 l’Italia ha già ridotto del 24,1% rispetto al 2018;
- ridurre del 12% l’incidenza totale delle infezioni del flusso sanguigno da Escherichia coli resistenti alle cefalosporine di terza generazione, ridotta in Italia del 14,8% negli ultimi 4 anni;
- ridurre del 5% l’incidenza totale di infezioni sanguigne come quelle da Klebsiella resistenti alla classe di antibiotici dei Carbapenemi, che invece in Italia sono aumentate del 10,2% nel 2023 rispetto al 2019.
«Dopo le riduzioni temporanee dell’AMR totale nel 2020 e nel 2021, i primi anni della pandemia COVID-19 -si legge nel rapporto di sorveglianza dell’ECDC del 18 novembre 2024 - i tassi sono tornati leggermente al di sopra del livello di base del 2019. Non è stato possibile rilevare alcuna tendenza alla diminuzione tra il 2019 e il 2023, né a livello generale dell’UE né per ogni singolo Stato membro dell’UE. Gli scarsi progressi verso l’obiettivo dell’UE sull’AMR totale significano che la necessità iniziale […] di una riduzione media annua di 0,36 DDD (defined daily dose) per 1000 abitanti al giorno in 11 anni è ora aumentata a 0,59 in sette anni».
Il consumo di antibiotici è in aumento
Il rapporto AIFA sottolinea che c’è ancora da lavorare nell’ambito dell’appropriatezza prescrittiva. Perché, se la diffusione dei batteri resistenti agli antimicrobici è indicata dall’OMS come una delle grandi emergenze sanitarie che nel 2050 potrebbe provocare oltre 39 milioni di morti nel mondo, in Italia, già maglia nera in rapporto ai decessi, desta preoccupazione la ripresa, a partire dal 2022, del consumo di antibiotici nel nostro Paese, aumentato del 6,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente.
Tra i dati citati nel report, lo scorso anno quasi 4 persone su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotico, con livelli più elevati al Sud, dove il 44,8% della popolazione ne ha assunto almeno uno in corso d’anno, contro il 30,9% del Nord. Differenze che fanno riflettere anche sull’ appropriatezza delle prescrizioni e dei consumi. Complessivamente i consumi in Italia si mantengono superiori a quelli di molti Paesi europei. Inoltre, l’Italia si conferma uno dei Paesi europei con il maggior ricorso a molecole ad ampio spettro, a maggior impatto sulle resistenze antibiotiche e pertanto considerate di seconda linea, con un trend in peggioramento negli ultimi due anni. Il rapporto AIFA ricorda l’invito dell’ECDC agli Stati ad adottare programmi antimicrobici di “stewardship”, ossia mirati a un uso ottimale degli antibiotici per scelta del farmaco, dosaggio, via e tempi di somministrazione.
Altri fattori che impattano sull’antibioticoresistenza
Come ha osservato Nisticò, presidente AIFA, «L’epidemia silente delle infezioni batterico-resistenti dipende da una molteplicità di fattori, non ultimo le difficoltà per l’industria a investire ingenti risorse nella ricerca di nuovi antibiotici, nella prospettiva di un loro uso più limitato nel tempo. Per questo occorre individuare strategie push and pull, spingendo la ricerca di base ma puntando anche su incentivi in campo regolatorio che consentano da un lato di semplificare, dall’altro di velocizzare i tempi di approvazione di nuovi antimicrobici in grado di aggirare le resistenze batteriche. In questo senso un modello può essere quello della legge sulle orphan drug che ha stimolato la ricerca di farmaci per le malattie rare».
Inoltre, benché la causa principale di resistenza nei microrganismi che interessano l’uomo sia l’uso degli antimicrobici in medicina umana, in comunità, in ospedale nonché in altre strutture di assistenza sanitaria, parte del problema è anche da imputare all’uso degli antimicrobici negli animali destinati alla produzione alimentare. Negli animali sono impiegate le stesse classi di antibiotici usati in medicina umana, pertanto gli animali possono trasmettere batteri resistenti agli stessi antibiotici usati per trattare le infezioni umane. Il report AIFA ricorda le Linee guida per la promozione dell’uso prudente degli antimicrobici negli allevamenti zootecnici per la prevenzione dell’antimicrobico-resistenza e proposte alternative, elaborate dalla Sezione per la Farmacosorveglianza sui medicinali del Ministero per la Salute: forniscono indicazioni utili per prevenire l’uso inappropriato di antimicrobici che, in medicina veterinaria, rappresenta un rischio concreto per la salute animale, per gli allevatori ed è responsabile sia della riduzione delle produzioni che dell’inefficienza degli allevamenti. Il documento è una guida pratica per le autorità competenti, i medici veterinari liberi professionisti e gli operatori di settore e riporta indicazioni per la riduzione dell’uso inappropriato di medicinali antimicrobici, per un approccio prudente e conscio per la salute degli animali, degli allevamenti e quindi dei consumatori. La stretta osservanza dei principi contenuti nelle linee guida, inoltre, può massimizzare il numero di animali sani, riducendo al minimo la necessità di ricorrere all’impiego di antimicrobici. Tra i suggerimenti forniti: il non uso degli antibiotici per fini preventivi, il loro utilizzo solo al seguito di accurati accertamenti diagnostici, curare la salute degli animali, adottare programmi vaccinali aziendali per la prevenzione delle malattie.