Rompendo la tradizione che vuole che la scelta dell’Amministratore della NASA cada su un politico oppure su un astronauta di lungo corso, Trump ha nominato un miliardario di 41 anni che è stato nello spazio due volte come astronauta privato. Ecco la storia rocambolesca di questo outsider che probabilmente ci stupirà. Nell'immagine, l’equipaggio di Inspiration4 da sinistra Chris Sembroski, Sian Proctor, Jared Isaacman e Hayley Arceneaux, la prima astronauta con una protesi. (credito Inspiration4)
Tra le nomine annunciate della prossima amministrazione Trump ce n’è una assolutamente fuori dagli schemi che però sta ricevendo apprezzamenti da più parti. Rompendo la tradizione che vuole che la scelta dell’Amministratore della NASA cada su un politico oppure su un astronauta di lungo corso dell’agenzia, il presidente eletto ha annunciato che la poltrona sarà occupata da Jared Isaacman, un imprenditore miliardario di 41 anni, che è stato per due volte nelle spazio come astronauta privato.
Personaggio non banale, Isaacman ha fatto fortuna grazie a Shift4Payment, un sito di pagamenti online che ha fondato nel 1999, dopo avere abbandonato la scuola superiore, e che oggi viene utilizzato da un terzo degli hotel e ristoranti negli USA.
Ma è il volo la vera passione di Isaacman che è un pilota di jet civili e militari e nel suo tempo libero amava allenarsi ed esibirsi con la sua squadriglia di volo acrobatico. Insieme ad altri miliardari volanti, nel 2012 Isaacman ha fondato la Draken International, un’associazione che rappresenta la più grande forza aerea privata del mondo con una flotta di un centinaio di jet militari di una mezza dozzina di nazioni utilizzata dai militari USA per voli addestramento. La società è stata venduta nel 2019.
Isaacman è già stato nello spazio nel settembre 2021 con la missione Inspiration4 insieme a compagni d’avventura reclutati grazie ad uno spot di 30 secondi durante il Super Bowl e attraverso una lotteria benefica. È stata la prima missione con un equipaggio formato esclusivamente da non professionisti, compresa la prima astronauta con un arto prostetico.
L’esperienza gli deve essere piaciuta molto, dal momento che si è accordato con Elon Musk per organizzare una serie di tre missioni che ha chiamato Polaris, con l’intenzione di usare sia il Crew Dragon sia il nuovo Starship. In effetti Isaacman deve avere negoziato una specie di collaborazione con SpaceX perché la prima missione Polaris Dawn, a inizio settembre, era finalizzata al test delle nuova tuta di SpaceX per le attività extraveicolari. Per questo, oltre all’imprenditore ed un suo vecchio amico Scott Poteet, ex pilota dell’Air Force, su Polaris Dawn hanno volato Sarah Gillis e Anna Menon, entrambe ingegnere di SpaceX.
Per fare il test della nuova tuta occorreva esporsi al vuoto cosmico per questo il 12 settembre l’intera capsula, chiamata Resilience, è stata depressurizzata per consentire l’apertura del portello e l’uscita per svolgere le attività EVA. Questo ha richiesto modifiche all'interno della capsula per assicurare che potesse resistere al vuoto spinto. Inoltre, all'esterno della navicella sono stati installati corrimano e punti di appoggio, mentre all’interno è stata implementata un'interfaccia a scala all'apertura del portello per facilitare l'uscita degli astronauti.
Isaacman è stato il primo a sporgersi all’esterno (nello screenshot dello storico filmato-credito SpaceX), aggrappato al corrimano e ha fatto una serie di movimenti con le braccia per provare la mobilità della tuta. Dopo poco meno di 8 minuti è stata la volta di Sarah Gillis, che ha ripetuto i test di mobilità. Anche gli altri membri dell’equipaggio, rimasti all’interno, avevano indossato la tuta EVA dal momento che la navicella era depressurizzata.
Oltre a essere il primo non professionista a essere uscito nello spazio, Isaacman, insieme al resto dell’equipaggio, detiene il primato di altezza raggiunta dalla capsula che è arrivata a 1400 km, la quota più alta di tutte le missioni umane, fatte salve quelle lunari.
Se confermato dal Senato, Jared Isaacman sostituirà l’attuale amministratore, Bill Nelson, un ex senatore democratico della Florida, da sempre grande sostenitore delle attività spaziali e lui stesso astronauta nel 1986 durante una missione dello Space Shuttle.
Nelson, che ha il doppio dei suoi anni e certo un approccio molto diverso, gli lascia in eredità il programma Artemis per riportare astronauti americani sulla Luna. Benché fosse stato fortemente voluto dalla precedente amministrazione Trump, Artemis oggi soffre di ritardi e aumenti dei costi.
Il programma si basa sul lanciatore SLS (Space Launch System) che è una eredità del programma Shuttle, una scelta caldeggiata proprio da Nelson per preservare i contratti e i posti di lavoro nel suo collegio elettorale in Florida. SLS è un lanciatore potente ma di stampo tradizionale: usa e getta. Questo, nell’epoca dei lanciatori riutilizzabili, lo rende costosissimo e oggetto di facili critiche, come quella dello stesso Isaacman a inizio 2024 su X. Ma non è il costo esorbitante del lanciatore l’unico problema di Artemis che soffre di problemi tecnici conditi con i ritardi delle aziende che devono fornire parti essenziali alla riuscita della missione.
In effetti, Nelson ha appena annunciato un ulteriore ritardo nella missione Artemis II che porterà gli astronauti a circumnavigare la Luna. A causa di problemi emersi con lo scudo termico della capsula Orion, la missione, pianificata per settembre 2025 slitterà a metà 2026 causando, a cascata, il ritardo della missione Artemis III, che porterà la prima donna e il primo uomo non bianco a camminare sulla Luna. In questo caso il ritardo NASA è apprezzato da SpaceX che deve fornire il sistema di allunaggio basato sulla navetta Starship (ancora in fase di collaudo), ma anche da Axiom, che (in collaborazione con Prada) deve fornire le tute EVA recentemente presentato allo IAC di Milano, ma non ancora certificate.
Nelson ci ha tenuto a sottolineare che, seppure in ritardo rispetto ai piani originali, gli americani torneranno sulla Luna prima dello sbarco dei cinesi, previsto per il 2030. Arrivare per primi consentirà agli americani, e alle 40 nazioni che hanno firmato gli accordi Artemis, di occupare le zone più interessanti nei pressi del Polo Sud lunare dove il ghiaccio nascosto nei crateri sempre in ombra è un vero magnete del ritorno alla Luna anche in chiave commerciale.
Isaacman ha dichiarato: «Con il sostegno del presidente Trump, posso promettervi questo: non perderemo mai più la nostra capacità di viaggiare verso le stelle e non ci accontenteremo mai del secondo posto», poi ha aggiunto: «Gli americani cammineranno sulla Luna e su Marte e così facendo miglioreremo la vita qui sulla Terra».
La menzione a Marte è un ammiccamento alle priorità dell’amico Elon Musk con il quale il nuovo amministratore potrebbe avere qualche conflitto di interessi, ma l’impressione generale sembra essere positiva.
Ex astronauti e politici democratici hanno avuto parole di elogio per Isaacman la cui vitalità potrebbe rilanciare la NASA. Anche gli scienziati lo vedono con favore dal momento che si era speso in prima persona con Bill Nelson per salvare la missione per astronomia X Chandra che, dopo 25 anni in orbita rischiava dei drastici tagli di bilancio. In passato aveva anche proposto di utilizzare una delle missioni Polaris per andare a fare manutenzione dello Hubble Space Telescope.
Vedremo come un outsider gestirà il bilancio di 25 miliardi di dollari della NASA. Di sicuro, Isaacman è una persona informata dei fatti e il suo primo messaggio su X è pieno di entusiasmo.