Leggendo il titolo qui sopra, gli amici che hanno letto quanto da un po’ vado dicendo e scrivendo penseranno che io sia andato fuori di testa. E allora chiedo scusa: il titolo è paradossale: avrei dovuto scrivere, in realtà, no, grazie alla valutazione fatta in questo modo. Perché sono appena divenuti pubblici i risultati delle valutazioni dei PRIN, che sono la fonte principale di finanziamento della ricerca pubblica in Italia: risultati sbalorditivi, che mi hanno appunto spinto al titolo paradossale. I progetti presentati erano circa 4.000, e di questi quasi 1.000 sono stati ammessi al finanziamento: circa il 25%, quindi, cioè una percentuale molto generosa rispetto a quanto succede altrove. Il che ha comportato - giusta la regola del finanziamento a bagnafiori - tagli macroscopici dei finanziamenti ai singoli progetti, e l’attribuzione ad essi di somme frequentemente risibili. Ma il punto non è questo: ho disaggregato i dati, e ne è venuto fuori che il 27,9 % dei 986 progetti finanziati ha ottenuto il punteggio di 60/60. Avete capito bene? Quasi un terzo dei progetti finanziati ha ottenuto il massimo punteggio! Ed i 59/60, 58/60, e 57/60 hanno dato percentuali virtualmente eguali ai 60/60! Di più: i 58-59-60/60 sono stati circa il 20% di tutti i progetti PRESENTATI! Perbacco, si dirà, che meraviglia, che successo strepitoso, siamo proprio un popolo di geni! Altro che America, Inghilterra, Svizzera, eccetera. Ma di che si lamentano tutte queste cornacchie? Bene, ecco di cosa si lamentano: del fatto che queste percentuali simil-bulgare sono una burla o una truffa. In entrambi i casi, per parlar chiaro, ci dicono che la valutazione - questa valutazione - è stata un fallimento totale. Ma avete capito che cosa è successo? E’ successo che la inesauribile inventiva italica - ma ti pareva - ha escogitato un modo semplice, indolore, e molto astuto di annullare la valutazione, attribuendo a tutti votazioni pindariche. E praticamente tutti i valutatori, come si è visto, hanno seguito questa regola, tutti meno i pochissimi sprovveduti - quorum ego - che hanno attribuito a buoni progetti il voto che pareva altissimo di 56/60 solo per vederli respingere... . Per non parlare delle telefonate tra i co-valutatori (so di cosa parlo) per accordarsi, obtorto collo magari, su un 60/60, “perché altrimenti il progetto non passa”.
Chiaro, chiarissimo, che qui da noi manca la cultura della valutazione. Chiaro anche che, altisonanti proclami a parte, non si riesce proprio ad introdurla. Avete presente la storia del Re Mida, che trasformava in oro tutto quello che toccava ? Ecco, qui da noi la storia del Re Mida funziona a rovescio: tutte le cose ben fatte che tocchiamo, oro quindi, si trasformano in... non voglio completare la metafora. Non è questa la sede per cercare di capire perché sia così: io penso, e l’ho anche scritto, che un ruolo importante abbia la nostra educazione cattolica, basata, come si sa, sul concetto di raccomandazione. Ma, di nuovo, non è questo il punto: il punto è che occorre proporre qualcosa, ed è tutt’altro che facile. Si potrebbe ad esempio pensare - per favore non ridete - ad un finanziamento per sorteggio. Che non sarebbe forse peggio della valutazione che abbiamo appena subito, ma che comporterebbe un rischio troppo alto di imbrogli. Eppoi, figuriamoci, si direbbe subito che non è una cosa seria. E allora, e qui non sto proprio scherzando, a me sembra che la cosa migliore, forse la sola fattibile, sia attribuire i finanziamenti senza valutazione ex ante, o con una minima valutazione ex ante, sulla base dell’attività precedente, e dei risultati precedenti, del richiedente. O, nel caso dei novizi, sulla base di una rapida lettura del progetto. Come se si dicesse : toh, eccoti i fondi, mostraci quello che sai fare. Ma questo è IL PUNTO: dopo tre anni il tizio, o la tizia, saranno valutati per quello che hanno fatto. Ex post, quindi, espressione magica che, come si sa, in Italia non ha cittadinanza. Se trovati scarsi, andranno a fare (metaforicamente) il muratore o la badante. Ah, ah, qui casca l’asino, sento già dire, avremo di nuovo le solite raffiche di valutazioni stellari. Eh, no, qui non casca proprio nessun asino, perché la valutazione ex post dovrà essere affidata, almeno fintantochè non avremo imparato, a Commissioni rigorosamente straniere. E qui sento già altissimi lai, anche da amici che stimo: ma come, ma è umiliante, ma noi chi siamo.... Siamo come siamo: non che gli stranieri siano tutti unti dal Signore, non vivo nel mondo di Peter Pan: ma hanno un’educazione diversa (ecco che qui viene in ballo l’educazione protestante), ed il concetto di meritocrazia gli è oramai entrato nel DNA (a proposito, che fine ha fatto l’ANVUR ? Lì gli stranieri erano previsti, eccome!). Quindi, rassegniamoci.
Vabbè, diciamo che volevo provocare. Però, però...