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Smog sull'Everest

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Quella della pura aria di montagna è un immagine molto distante dall’attuale scenario dell’Himalaya. A 5079 metri, alle pendici dell’Everest, è stato infatti registrato un picco di inquinamento comparabile con quello delle nostre città. I dati, diffusi dal CNR, provengono dalla stazione SHARE-NCO-P, appartenente al progetto SHARE, Stations at High Altitude for Research on the Environment.

Quest’anno i ricercatori dell’ISAC-CNR di Bologna e del LGGE-CNRS di Grenoble, responsabili del progetto presso il Nepal Climate Observatory – Pyramid, hanno osservato valori mai riscontrati prima: il black carbon (polvere nera da combustione) ha sfiorato i 6 μg/m3 mentre il PM1(massa delle polveri fini) ha superato i 100 μg/m3.

I dati allarmanti sull’inquinamento atmosferico purtroppo non sono nuovi per le vette himalayane. Ogni anno nel periodo pre-monsonico la stazione rileva un’alta presenza di inquinanti: le concentrazioni di black carbon raggiungono i 5 μg/m3 e il PM1 oscilla tra i 50 e i 70 μg/m3, valori che già superano di gran lunga i limiti della Comunità Europea per la qualità dell’aria nelle zone urbane. Il fenomeno è legato alla risalita di polveri dalla cosiddetta Asian Brown Cloud, la nube marrone che aleggia sulle pianure del sud dell’Asia e che in questa stagione risale lungo le pendici del massiccio montuoso.

La principale fonte di questi inquinanti è costituita dagli incendi, legati a pratiche forestali e agricole, che si sviluppano in questo periodo dell’anno e che sono in continua crescita in molte zone del Nepal, dell’India settentrionale e dell’Indocina.

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Inquinamento

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Discovered a New Carbon-Carbon Chemical Bond

A group of researchers from Hokkaido University has provided the first experimental evidence of the existence of a new type of chemical bond: the single-electron covalent bond, theorized by Linus Pauling in 1931 but never verified until now. Using derivatives of hexaarylethane (HPE), the scientists were able to stabilize this unusual bond between two carbon atoms and study it with spectroscopic techniques and X-ray diffraction. This discovery opens new perspectives in understanding bond chemistry and could lead to the development of new materials with innovative applications.

In the cover image: study of the sigma bond with X-ray diffraction. Credits: Yusuke Ishigaki

After nearly a year of review, on September 25, a study was published in Nature that has sparked a lot of discussion, especially among chemists. A group of researchers from Hokkaido University synthesized a molecule that experimentally demonstrated the existence of a new type of chemical bond, something that does not happen very often.