Domenico Marotta (Palermo, 1886 - Roma, 1974), chimico e direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, è nato nel capoluogo siciliano, primo di cinque figli, da Ignazio, proprietario di una piccola tipografia, e di Concetta Corteggiani. Da ragazzo frequenta la farmacia del nonno, un fervente garibaldeino, dove si erano riuniti i patrioti palermitani per preparare lo sbarco dei Mille.
Studia e si diploma al liceo Garibaldi. Nel 1905 s’iscrive al corso di laurea in chimica e farmacia presso l’università della sua città. Si laurea nel 1910. Durante l’epidemia di colera che colpisce Palermo nell’estate del 1910, lavora presso il laboratorio chimico municipale e si incarica del controllo delle acque potabili e delle sostanze alimentari. All’inizio del 1911 si sposta a Roma, per lavorare nell’istituto chimico dell’università diretto da Emanuele Paternò.
Dopo aver lavorato alla Direzione generale della sanità del Ministero dell’Interno, nel 1916 ottiene la libera docenza e nel 1919 è tra i settanta chimici che fondano l’Associazione italiana di chimica generale e applicata. Nel 1920 aderisce al movimento nazionalista e poi a quello fascista.
Intanto diventa segretario del Consiglio nazionale di chimica, che nel 1920 organizza a Roma la prima conferenza della International Union of Pure and Applied Chemistry (IUPAC). Inizia così a stringere intense relazioni con chimici di tutto il mondo.
Vince la cattedra di Chimica all’Università di Firenze, ma nel 1935 viene chiamato a dirigere l’Istituto Superiore di Sanità, una posizione nella quale resterà a lungo, anche alla fine della Seconda guerra mondiale, quando evita l’epurazione anche grazie alle relazioni con le autorità miliari. È proprio nel dopoguerra che ottiene i suoi massimi successi da organizzatore di scienza, riuscendo a far venire a Roma il premio Nobel inglese, Ernst Boris Chain, e lo svizzero Daniel Bovet, che vincerà il Nobel proprio per i lavori che svolge a Roma. Fonda, inoltre, il Centro Internazionale di Chimica e Biologia. Tutto questo fa di Roma uno dei centri più importanti al mondo negli studi di farmacologia.
Marotta lascia con grande onore la direzione dell’Istituto il 29 luglio 1961. Ha 75 anni. L’8 aprile 1964 avviene il colpo di scena: è tratto in arresto per peculato continuato, falso continuato e falsità ideologica. Marotta viene arrestato, processato e condannato. La comunità scientifica, nazionale e internazionale lo difende.
La sua vicenda, in singolare coincidenza con quella analoga di Felice Ippolito, si trasforma in una débacle per la scienza italiana. Il fatto che i due premi Nobel, Chain e Bovet, che lavorano all’Istituto, lascino il Paese lo dimostra.
Cosa fu questo processo che poi, nei tre gradi di giudizio, ha finito per ingarbugliarsi nei meandri delle disquisizioni giuridiche e nelle procedure per concludersi in un nulla di fatto?A quale altro processo potrebbe essere paragonato? Perché fu promosso? Giocarono interessi economici? Fu preludio ai moti del maggio 1968 e insofferenza delle giovani generazioni? Fu una lotta di potere, fu il risultato di due correnti nella magistratura o semplicemente il risultato di trame ordite nell’Istituto stesso per la successione?
Eppure per noi che abbiamo visto crollare il CNEN, l’Istituto di Sanità, il LIGB di Napoli per ritrovarci nei microistituti creati dal Consiglio delle Ricerche o nelle strettezze dei laboratori universitari, il problema resta irrisolto. Perché? (Daniel Bovet)