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Clima, tempeste e alluvioni

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Le disastrose alluvioni a Genova e nel Levante ligure rendono legittima la domanda che riecheggia nei media: l’uomo sta interferendo con la forza della natura, aumentando la frequenza dei fenomeni di precipitazione intensa? Non è una domanda nuova: negli Stati Uniti è stata aspramente dibattuta dopo i disastri causati da numerosi uragani (IreneKatrinaIkeMitch, ecc.), come raccontato nel libro “Storm World” di Chris Mooney.

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In Italia il tema è stato poco considerato, ma è colpa dei cambiamenti climatici quanto successo a Monterosso o a Genova? E in Pakistan, a Bangkok o in America centrale?

Molti commentatori e studiosi hanno risposto affermativamente, e il Presidente della Repubblica GiorgioNapolitano ha affermato “Sono tributi molto dolorosi che paghiamo per quelli che, purtroppo, o sono cambiamenti o gravi turbamenti climatici”. 

Altri la pensano diversamente: “non esistono correlazione con il riscaldamento globale generale”, le alluvioni ci sono sempre state, e i danni ora sono solo più gravi per il maggior numero di persone presenti sul pianeta e l’espansione delle città. In effetti, i libri di storia e i quotidiani degli scorsi decenni sono pieni di esempi di altre alluvioni, un lungo elenco di morte e distruzione portata dalla “natura matrigna”; e dalla recente cementificazione del territorio, senza dubbio imponente e per molti aspetti scriteriata.

Per prima cosa “è colpa dei cambiamenti climatici quanto successo a Monterosso o Genova?” è mal posta: è impossibile dimostrare se e in che modo una singola tempesta o un uragano sia provocato dai cambiamenti climatici. Gli eventi meteorologici dipendono da fattori deterministici (fra cui le temperature) e da fattori casuali, non riproducibili singolarmente. La Terra è una sola e la sua meteorologia segue una delle infinite possibili evoluzioni. Per dimostrare che un singolo uragano sia causato dal riscaldamento globale sarebbe necessario avere un’altra Terra, simile alla nostra, a cui da un certo punto in poi togliere i gas serra, vedendo come il sistema evolve, se si forma o no lo stesso uragano rispetto alla Terra “originale”.
Il modo corretto per affrontare il problema non è guardare il singolo caso ma cercare un legame statistico fra il riscaldamento del pianeta e l’intensificazione delle precipitazioni.
Gli scienziati di RealClimate lo hanno spiegato con l’esempio di un dado truccato in modo tale da provocare l’uscita di un numero, ad esempio il sei, doppia del normale: con un unico lancio, non possiamo dare la colpa al trucco fatto sul dado per l’uscita del sei, in quanto il sei avrebbe potuto comunque uscire nel dado non manomesso. Ma con molti lanci, il sei uscirebbe la metà delle volte, e non avremmo più dubbi.
Analogamente, non si può trarre alcuna conclusione da un singolo uragano o da una pioggia eccezionale, perché anche senza il riscaldamento globale ce ne sarebbero state.
La domanda giusta è quindi un’altra, anzi sono due:
1) Gli scienziati individuano a livello fenomenologico un legame fra il riscaldamento dell’atmosfera e l’aumento delle precipitazioni intense?
2) questo legame è già mostrato dai dati disponibili? Ossia, si registrano già aumenti nell’intensità delle precipitazioni?
Per la prima domanda, si può affermare, che sì, si è ormai delineato un consenso scientifico sul fatto che in un mondo più caldo aumenterà la frequenza di eventi di precipitazione intensa. Numerosi lavori anche recentihanno proposto un legame fra riscaldamento globale e aumento degli eventi estremi di precipitazione. La concordanza tra numerosi studi è così riassunta nel Quarto Rapporto IPCC del 2007: “è molto probabile che eventi di estremo caldo, ondate di calore e forti precipitazioni continueranno a diventare più frequenti”, e nel recente rapporto del WMO, Weather Extremes in a Changing Climate: “Anche se è impossibile dire se un singolo evento meteorologico o climatico è stato ‘causato’ da cambiamenti climatici, va anticipato che l’ampiezza, la frequenza e la durata degli eventi estremi saranno probabilmente modificate mentre l’atmosfera terrestre verrà riscaldata da maggiori concentrazioni di gas serra.

Per quanto riguarda la seconda domanda, si cominciano a vedere delle variazioni statistiche sull’intensità di precipitazione, ma il segnale non è omogeneo nello spazio e nel tempo.
Alcuni importanti studi scientifici hanno mostrato un aumento nel numero di uragani di grande intensità negli ultimi decenni in alcune aree (ad esempio i Caraibi), mentre il numero complessivo degli uragani sembra non variare significativamente.
Secondo il Quarto Rapporto IPCC-WG1 globalmente si registra dal 1970 un incremento del potenziale di distruzione degli uragani. Non è un incremento graduale, perché la frequenza degli uragani è pesantemente influenzata da fenomeni naturali quali El Niño.

 

Il rapporto scrive anche che è probabile che ci sia stato un aumento delle precipitazioni di grande intensità in molte regioni, anche in quelle in cui il totale di precipitazione annuo è diminuito. Altri dettagli sono attesi nell’imminente special report “Managing the Risks of Extreme Events and Disasters to Advance Climate Change Adaptation”.
Sono dello stesso parere gli scienziati che lavorano per enti di ricerca privati: “I cambiamenti climatici non si possono identificare partendo da singoli eventi, ma i nostri dati – confermati da cambiamenti verificabili nelle misure meteorologiche – indicano una tendenza all’aumento degli eventi estremi, che si può spiegare pienamente soltanto con i cambiamenti climatici”,diceva un anno fa il prof. Peter Höppe, direttore del GeoRisk Research/Corporate Climate Centre, della società di riassicurazione Munich Re.
Anche in Italia si registra un segnale sull’intensità delle precipitazioni, come già discusso in un precedente post. Un quadro complessivo è mostrato in numerosi lavori dell’ISAC-CNR (ad esempio qui)  e nel capitolo “Eventi climatici estremi:  tendenze  attuali e clima futuro sull’Italia” del volume “I cambiamenti climatici in Italia: evidenze, vulnerabilità e impatti”, si legge “tutto il territorio italiano è caratterizzato da una forte diminuzione del numero di giorni poco piovosi, mentre la frequenza di quelli con precipitazioni intense è in aumento in alcune regioni dell’Italia settentrionale“.

Il fatto che in molte zone i nostri pluviometri non registrino una crescente intensità delle precipitazioni importa poco perché la domanda importante è la prima. Il riscaldamento avuto sino ad oggi (circa 0,8 °C) è solo una parte di quello che potrebbe esserci in futuro (da 2 a 4°C).
Le tempeste di oggi sono solo un anticipo delle tempeste dei nostri nipoti.

 

Testo di Stefano Caserini, con contributi di Sylvie Coyaud 
Tratto dal sito Climalteranti

Bibliografia
Allan R.P (2011) Climate change: Human influence on rainfall. Nature, 470, 344–345, doi:10.1038/470344a
Evan A.T. et al., Arabian Sea tropical cyclones intensified by emissions  of black carbon and other aerosols, Nature, 2 novembre 2011
Min S-K. (2011) Human contribution to more-intense precipitation extremes. Human contribution to more-intense precipitation extremes.    Nature, 470, 378–381 doi:10.1038/nature09763
Pall P. et al., Anthropognic greenhouse gases contributions to flood risk in England and Wales in autumn 2010, Nature, 16 febbraio 2011
Stott P.A. et al. Attribution of weather and climate change events. Atti della conferenza “Climate Research in Service to Society”, Denver, 24-28 ottobre 2011


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