Livio Cambi (Ancora, 1885 – Guastalla, 1968) è uno dei chimici italiani più importanti del periodo fascista. Nato ad Ancona, frequenta nella sua città dell’Istituto Tecnico. Una volta diplomato, nel 1902, si iscrive alla facoltà di Chimica dell’Università di Bologna dove ha per maestro Giacomo Ciamician. Con lui Cambi diventa prima studente “interno” e poi si laurea nel 1906, a soli 21 anni. Su indicazione di Ciamician, Cambi vince la medaglia d’oro per il migliore laureato dell’anno.
Dopo la laurea il giovane resta due anni a Bologna, come assistente nell’Istituto di Chimica Generale, poi si trasferisce a Firenze con Angelo Angeli, un altro allievo di Ciamician che è stato appena nominato direttore dell’Istituto di Chimica Farmaceutica dell’ateneo della città toscana. A Firenze Cambi resta un anno, poi si trasferisce ancora, questa volta approda a Milano, presso il Laboratorio di Elettrochimica dove resta fino al 1917. Qui realizza una grande attività di ricerca, soprattutto nell’ambito della chimica inorganica e dell’elettrochimica. Il suo sguardo è rivolto soprattutto alle applicazioni industriali. E infatti nel 1916 ottiene il suo più grande successo: la creazione dell’industria italiana dello zinco elettrolitico.
Nel 1917 diventa direttore della Scuola-Laboratorio di Chimica Industriale della Società d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri di via S. Marta a Milano, dove resta fino al 1922, quando si trasferisce a Pavia come professore straordinario di Chimica Industriale.
Il 28 agosto 1924 viene riconosciuta l’Università di Milano, il cui fondatore e primo rettore, Luigi Mangiagalli, chiama Livio Cambi per istituire il primo corso di laurea italiano Chimica Industriale. Cambi resta alla direzione dell’Istituto fino al 1960. Intanto è anche preside della Facoltà di Scienze.
Il suo tentativo è di realizzare non solo una grande scuola di chimica industriale in Italia, ma anche una grande industria. Grazie a questo suo impegno ed essendo membro del Partito fascista, nel 1939 ottiene un importante incarico politico: è nominato rappresentante del partito nella Corporazione della siderurgia e della metallurgia.
Quasi tutti i chimici di un certo rilievo avevano aderito al fascismo, più per opportunismo che per convinzione. Solo due tra loro si sono distinti. Uno è stato Michele Giua, tra i pochi a opporsi al regime e a finire per questo in galera. L’altro fu Livio Cambi, che aderì al fascismo con entusiasmo, convinto che il governo di Mussolini avrebbe consentito di ammodernare il paese. Il suo impegno fu totale anche durante la guerra, a servizio dell’Asse italo-tedesco.
Cambi fu uno scienziato e tecnologo di eccezionale versatilità nel campo chimico. Si può dire che egli fu il vero antesignano della figura del chimico industriale in Italia perché seppe fare confluire le conoscenze di base nel campo inorganico, metallurgico e organico nella applicazione industriale. Cosa non comune ai tempi e nemmeno oggi (Bruno Danieli e Vittorio Ragaini)
Il terzo scienziato, di grande valore, da prendere in considerazione [tra quelli che aderirono al fascismo] è Livio Cambi (1885-1968), allievo di Ciamician e di Angeli. Coetaneo di Parravano, giunse ad un importante ruolo politico nel 1939 quando fu nominato rappresentante del Partito nazionale fascista nella Corporazione della siderurgia e metallurgia. Il suo stile di pensiero è più sobrio di quello di Parravano, ma non meno recisamente ostile al "grigiore del regime liberale" in cui "naufragava ogni iniziativa per il disinteresse, l'assenteismo delle classi dirigenti e dei governi" (1936). Cambi sentiva l'"Era nuova" in stretto collegamento con "l'impulso di rinnovamento [della] borghesia lombarda" (1927), non c'è quindi da stupirsi che la maggiore differenza di accenti e di contenuti rispetto a Parravano si ritrovi nella sua attenzione continua ai rapporti di produzione, dalle condizioni delle classi lavoratrici alla necessità della concentrazione monopolistica per un più avanzato sviluppo tecnologico. Ancora nell'aprile del 1941 ridisegnava "il panorama della produzione metallurgica nel dominio dell'Asse" in funzione della "potenza economica del sistema italo-germanico". […] Dal generale opportunismo si differenziarono con diversi destini solo figure come Giua e Cambi, e proprio a 'costruttori' come Cambi dovrà rivolgersi in futuro l'attenzione degli storici per cogliere fino in fondo le contraddizioni fra le aspirazioni di ammodernamento sociale ed economico di una parte degli intellettuali fascisti, che pure qualcosa ottennero, e la realtà complessiva, falsa e cialtrona, che risultava dalla struttura illiberale dell'Italia di Mussolini (Luigi Cerruti)
Livio Cambi e i membri della giunta esecutiva del Comitato ordinatore del Congresso di Chimica Industriale tenutosi a Milano nel 1924 (per gentile concessione di Marco Taddia)