fbpx Andare su Marte o tornare sulla Luna? | Science in the net

Andare su Marte o tornare sulla Luna?

Tempo di lettura: 4 mins

Nell'ambito di Spoleto Scienza, ho partecipato sabato 4 luglio a una delle numerose celebrazioni del 40ennale del primo allunaggio di Armstrong e Aldrin sulla Luna. Tra le domande più ricorrenti che riguardano l'epopea dell'Apollo, c'è quella relativa al futuro dell'esplorazioni dello spazio: torneremo sulla Luna o metteremo piede su Marte?

In verità, almeno per la NASA,  le due ipotesi non sono mutualmente esclusive. Da alcuni anni, l'ente spaziale americano sta mettendo a punto il suo nuovo programma di esplorazione umana del sistema solare che prevede di tornare sulla Luna e di spingersi successivamente fino a Marte. Alla base della nuova visione c'è la realizzazione di un nuovo sistema di trasporto spaziale denominato Constellation, che farà perno sulla nuova capsula Orione, che la Lockheed Martin sta sviluppando per la NASA. Il nuovo mezzo sarà  capace di trasportare equipaggi dalla Terra alla Stazione Spaziale Internazionale (SSI), ma anche di effettuare "rendezvous"  in orbita con un futuro veicolo spaziale, in grado di portare astronauti sulla Luna entro la fine del prossimo decennio e, in un futuro più lontano, verso Marte.

Per chi si aspetta una configurazione avveniristica, il nuovo veicolo spaziale sarà, forse, una delusione. Più che di un salto nel nuovo millennio, si tratta di un ritorno al passato. Dall'esterno,  Orione,  assomiglia molto alla vecchia capsula Apollo che ha trasportato gli astronauti americani sulla Luna. Perfino il rientro sulla Terra, effettuato utilizzando un vistoso paracadute, ricorda le imprese degli anni 60.

Ma le similitudini finiscono qui. Con un diametro di circa 5 metri, la capsula Orione avrà un volume abitabile più che doppio. Inoltre,  sarà alimentata da pannelli solari, invece che dalle celle a combustibile utilizzate a bordo dell'Apollo e dello Space Shuttle. Le maggiori dimensioni permetteranno di accomodare 4 membri dell'equipaggio per le missioni lunari e, fino a 6 astronauti, per i viaggi verso la SSI.

Tuttavia,  saranno i sistemi di bordo che rispecchieranno meglio la tecnologia del XXI secolo: computer, elettronica, sistemi di supporto vitale e controllo termico saranno i più avanzati mai utilizzati per missioni spaziali. Tutti i sistemi primari saranno gestiti attraverso un pannello mobile con schermi  "touch-screen" e che potrà essere controllato sia dal comandante che dal pilota.

Per le missioni dirette verso la Luna, verranno utilizzati due diversi lanciatori.  Verrà lanciato prima un veicolo cargo (Ares V) che porterà in orbita il modulo di servizio, per il viaggio dall'orbita terrestre a quella lunare e ritorno, nonché  il modulo lunare, per atterrare sulla superficie della Luna e ritornare in orbita lunare. Poi sarà la volta degli astronauti, a bordo della capsula Orione, lanciata con un vettore Ares I, più piccolo ma qualificato per il trasporto dell'equipaggio. I due veicoli dovranno effettuare  un aggancio in orbita terrestre, prima di affrontare il viaggio verso la Luna.

Il programma della NASA prevede di far allunare tutti e quattro i membri dell'equipaggio e di dotare gli astronauti di capacità di trasporto sulla Luna, per raggiungere un eventuale avamposto lunare costruito al Polo Sud, dove potrebbe essere disponibile ghiaccio d'acqua ed energia prodotta con pannelli fotovoltaici. Uno dei motivi per tornare sulla Luna, infatti, è proprio di creare una base permanente, dove gli astronauti  possano vivere grazie alle risorse lunari: che verrebbero utilizzate per produrre acqua potabile, combustibile, ossigeno ed altri elementi essenziali per la permanenza degli equipaggi.

L'avamposto lunare sarà prezioso per riprendere, seriamente ed in modo sistematico, quella esplorazione del nostro satellite che era stata appena abbozzata con le missioni Apollo. La Luna rappresenta una opportunità quasi unica, per studiare le condizioni del sistema solare alle sue origini, quando il Sole e i pianeti si erano definitivamente assestati ed i primi organismi viventi erano in procinto di fare la loro comparsa sulla Terra. Sotto la superficie lunare potrebbero  essere sepolte le tracce degli elementi primordiali presenti nel sistema solare quasi 5 miliardi di anni fa. Tracce che sarebbe di enorme aiuto per capire la storia della Terra e l'origine della vita.

Tornare sulla Luna potrebbe rivelarsi anche una mossa importante per centrare un bersaglio assai più ambizioso: far atterrare i primi uomini su Marte. Mettere a punto nuove tecnologie, che permettano di operare in maniera autonoma dalla Terra, diventa essenziale per pianificare le spedizioni umane verso Marte. Infatti, a causa delle enormi distanze, un volo di andata e ritorno verso il pianete rosso richiederebbe non meno di due anni, con un periodo di circa sei mesi, da passare sulla superficie, in attesa che i due pianeti tornino nell'allineamento ideale per il viaggio di ritorno.

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Epidemic: from reality to fantasy

Comparing the Covid-19 pandemic with two pandemics from literature: “The White Plague” by Frank Herbert and “Station 11” by Emily St. John Mandel

Epidemics is an often recurring theme in world literature, where authors share with us their realistic and unrealistic version of them. I recently read two books with global plagues in them: “The White Plague” by Herbert (1982) and “Station 11” by St. John Mandel (2014). These books came to mind at the outbreak of the new coronavirus epidemics, and I was reminded of the traits of their own epidemics and how puzzled they had left me. I will not compare these three diseases scientifically, as that would be impossible.