Una serie di piccole scosse di minore entità ha continuato a interessare le province di Modena, Lucca, Pistoia, con sconfinamenti in Lunigiana (SP). La prima - di magnitudo 4.8, verificatasi nel distretto sismico della Garfagnana il 25 Gennaio 2013 e avvertita in buona parte del centro-nord - ha ricordato che le motivazioni della sentenza dell’Aquila non hanno risolto il problema della previsione e prevenzione dei terremoti nel nostro paese. Mentre in Garfagnana la terra continuava a tremare, il 30 Gennaio 2013, in occasione di una scossa di magnitudo 3.3, la Protezione Civile ha diramato un’allerta e qualche migliaio di persone sono state evacuate durante la notte. Infine, la scossa del 12 Febbraio di magnitudo 3.8, registrata nel distretto sismico delle Prealpi venete e preceduta da altre di minore entità, non ha dato luogo a evacuazioni.
L’allarme della Garfagnana e le migliaia di persone che hanno passato la notte all’addiaccio non ha suscitato grandi polemiche. E stato anzi catalogato come “buona pratica” dal giornalista Francesco Merlo in un commento pubblicato il 2 Febbraio su Repubblica. “Meglio un allarme inutile che una rassicurazione mortale”, come sostiene Merlo? Le scosse della Garfagnana e quelle del Friuli confermano che “in una zona in cui sono avvenuti terremoti storici importanti possono verificarsi altri terremoti importanti”. La Garfagnana, come l’Aquila e il Friuli, è considerata zona dall’alto rischio sismico, anche in ragione di un evento sismico di magnitudo stimata 6.5 verificatosi il 7 settembre 1920.
In seguito al terremoto dell’Aquila, il 21 Aprile 2009 con Ordinanza del PCM n. 3757, fu istituita una Commissione Internazionale per fare il punto sulla “Previsione Probabilistica dei Terremoti con fini di Protezione Civile”. La Commissione fornì preziose indicazioni circa l’opportunità di incoraggiare le attività di previsione probabilistica, di monitoraggio, e di ricerca dei precursori diagnostici dei terremoti; nella relazione si legge anche che “lo strumento più importante per la protezione dai danni che può causare un terremoto è la mappa di pericolosità: questa si può considerare una previsione probabilistica a lungo termine indipendente dal tempo, che individua con quale probabilità dei valori di scuotimento possono essere superati in ogni zona del territorio nazionale. Su questa base è possibile calibrare regole per la costruzione e la ristrutturazione antisismica che mettano in sicurezza la popolazione…”
L’ultimo aggiornamento della mappa di pericolosità sismica in Italia è stato approvato dalla Commissione Grandi Rischi del Dipartimento della Protezione Civile il 6 aprile 2004. Questa è diventata ufficialmente la mappa di riferimento per il territorio nazionale con l'emanazione dell'Ordinanza PCM 3519/2006 pubblicata sulla G.U. n.105 dell'11 maggio 2006. Successivamente, con decreto 14/01/2008 del Ministero delle Infrastrutture - pubblicato sulla GU n.29 del 04/02/2008 - sono state aggiornate e pubblicate le Norme Tecniche per le Costruzioni che “utilizzano gli stessi nodi su cui sono state condotte le stime di pericolosità sismica da parte di INGV” - come si leggere nell’apposita sezione del sito INGV – e sono coerenti con la mappa della pericolosità.
Nei giorni successivi il terremoto del Maggio 2012 in Emilia, a chi richiedeva un nuovo aggiornamento delle mappe di pericolosità, l’INGV replicava che sebbene perfettibile l’aggiornamento della mappa con i dati degli ultimi terremoti non avrebbe determinato variazioni significative. L’INGV faceva invece rilevare il ritardo nell’applicazione delle norme sismiche del 2003 – perché era rimasta in vigore la possibilità di applicazione delle normative precedenti - e il ritardo nell’applicazione delle Nuove Norme Tecniche del 2/2008 - entrate in vigore solo all’indomani del terremoto dell’Aquila. A causa di questi ritardi, concludeva la nota dell’INGV, nei comuni interessati dal terremoto emiliano e in un notevole numero di Comuni, localizzati principalmente nell’Italia settentrionale, si “è accumulato un notevole deficit di protezione sismica che è in parte responsabile dei danni avvenuti”. Il Sindaco Maino Benatti - presentando il Bilancio 2013 del comune di Mirandola, uno dei comuni emiliani maggiormente colpiti dal terremoto – ha dichiarato che “in questi mesi si sono costruite da zero regole e procedure perché in Italia non esiste una legge che affronti in modo moderno ed efficace l’intervento pubblico nelle grandi calamità”.
In Turchia hanno varato un programma ventennale che prevede l’abbattimento e la ricostruzione di sette milioni di case, un terzo del tessuto urbano nazionale. Con una spesa di oltre 400 miliardi di dollari metteranno al sicuro milioni di persone. “In Italia questo non si fa e si pretende di poter salvare le persone sulla base di previsioni di breve periodo che noi non possiamo fare” - spiega Alessandro Amato, direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’INGV - “l’informazione che possiamo dare è di lungo termine, riguarda migliaia di anni, perché noi non siamo in grado di intervenire su scale temporali diverse. In base alla mappa della pericolosità che si ottiene gli amministratori devono predisporre piani di emergenza per le situazioni specifiche, di cui i cittadini devono essere a conoscenza”. Questo è il tipo di previsione che possono fare i sismologi mentre lo Stato e le amministrazioni locali sono responsabili degli interventi di prevenzione strutturale e, attraverso la Protezione Civile, di gestione dell’emergenza.
Negli gli Stati Uniti, il National Earthquake Hazards Reduction Program (NEHRP) è attivo a partire dagli anni ’70; con qualche piccola variazione nel tempo ha tuttavia mantenuto inalterati i suoi quattro obiettivi fondamentali:
- sviluppare le procedure per la riduzione delle perdite dovute al terremoto;
- migliorare le tecniche per la riduzione della vulnerabilità sismica;
- migliorare la stima della pericolosità e i metodi di valutazione del rischio;
- migliorare la comprensione dei terremoti e i loro effetti.
Insieme alla relazione della Commissione Internazionale già citata, i quattro obiettivi del NEHRP costituiscono un ottimo punto di partenza per la ri-costruzione di un sistema di regole e procedure per la riduzione del rischio sismico. Regole, procedure e investimenti nella ricerca che ci permettano di andare oltre la sentenza dell’Aquila. Superare la dicotomia allarmismo-rassicurazione, consapevoli che l’Italia è un paese sismico - in cui i terremoti sono già previsti - che ha bisogno di “ridurre la vulnerabilità sismica” degli edifici e delle infrastrutture esistenti. Al proposito la “Fondazione architetti e ingegneri liberi professionisti” - fondata dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti (INARCASSA) - ha recentemente pubblicato un Manifesto con cui avanza le proprie richieste al prossimo Governo. Si tratta, si legge, di “una proposta forte che, prevedendo la ricostruzione del nostro Paese e migliorando sostanzialmente la qualità della vita degli italiani, è finalizzata alla ripartenza dell’economia reale”. Il primo punto riguarda “la riqualificazione strutturale, energetica e architettonica del patrimonio edilizio esistente”, cui fa seguito “il riuso o la sostituzione del costruito esistente” e “la demolizione del costruito abusivo”.