Vorrei proporre una definizione della bellezza basata sulla nostra immersione in un contesto sistemico e in un vasto processo coevolutivo: la bellezza si manifesta ed è da noi riconosciuta grazie all'interazione e al reciproco adattamento dinamico tra noi e il contesto ambientale. Questo sistema si evolve nel tempo e così pure l'adattamento, quindi la bellezza ha carattere storico e dipende dalle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche dell'ambiente, dalle caratteristiche psicobiologiche degli umani, ma anche dagli specifici contesti culturali e geografici. Il riconoscimento della bellezza è soggettivo, ma la comune natura degli umani e le loro esperienze condivise la rendono intersoggettiva.
La dinamica interattiva oggetto-soggetto
La bellezza sembra possedere un carattere soggettivo (non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace): il soggetto partecipa alla costruzione della bellezza. Per esempio nell'Infinito di Leopardi il contributo del soggetto deriva non solo dalla contemplazione, ma anche dalla "finzione", cioè dalla costruzione (di spazi, silenzi, quiete), che il soggetto opera "nel pensier", vale a dire nell'immaginazione:
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura...
Ciò che è precluso alla vista viene creato davanti all'occhio della mente. Si sottolinea dunque l'importanza dell'implicito, del non visto, del non esibito: non è suggestiva solo la manifestazione totale dell'oggetto, ma anche l'accenno, la visione parziale o velata, il dire e non dire, che concede ampio spazio alla fantasia (ri)creatrice.
La bellezza e il corpo
E' facile riconoscere il legame tra la bellezza dei corpi e l'attrazione fisica, che spesso sfocia nella congiunzione carnale, nella procreazione e nella propagazione della specie. Un legame dunque tra bellezza, sessualità, fregola, innamoramento, riproduzione ed evoluzione. Insomma, l'utile unito al dilettevole. La bellezza (dei corpi) pare un fattore evolutivo fondamentale, dotato di un grande valore di sopravvivenza. Del resto anche Charles Darwin (1809-1882) parlava di "selezione sessuale" legata alla bellezza. Per esempio la coda del pavone è ingombrante e svantaggiosa nella lotta per la vita. D'altra parte la sua raffinata bellezza ha l'importante funzione di allettare la femmina, e offre quindi un vantaggio riproduttivo evidente.
Nel mondo vivente la bellezza è profusa senza risparmio ed è un segno della nostra consanguineità immersiva con il mondo biologico. Questo mondo fa sfoggio della sua lussureggiante ricchezza, così diversa dal rigore anoressico dei logici, che rifuggono dalla moltiplicazione degli enti. Fu Guglielmo d'Occam (1285-1349) a inventare il famoso "rasoio" con cui estirpare tutto ciò che la logica ritiene superfluo, sovrabbondante, eccedente. Ma l'abbondanza, presente in biologia con sfarzosa varietà, si riscontra in tutte le opere dell'uomo: arte, moda, gastronomia, architettura, letteratura. Tranne che nella scienza, almeno tendenzialmente.
Estetica ed epistemologia
Il rapporto interattivo tra soggetto e oggetto in estetica, per cui non si ha bellezza senza che vi sia un soggetto che quella bellezza crea e ammira, presenta una forte analogia con il rapporto soggetto-oggetto nell'ambito della conoscenza, ambito in cui si va facendo strada una visione costruttivista o interazionista che supera sia il realismo (la realtà esiste indipendentemente dal soggetto, il quale la conoscerebbe adeguandovisi progressivamente) sia l'idealismo (tutto ciò che è reale è contenuto a priori nella nostra mente).
In buona misura, il mondo che chiamiamo "dato" è una nostra costruzione, o meglio una con-costruzione, una mutua e risonante eccitazione estetica (di carattere multimediale!), nel senso etimologico del termine (aisthánomai = sentire) che s'invera nel momento dell'interazione tra noi e la realtà. Secondo Francisco Varela (1946-2001), l'interazione costruttiva e coimplicata tra soggetto e oggetto di cui sto parlando è sempre all'opera. I processi sensomotori, la percezione e l'azione sono inseparabili dalla cognizione in quella che Varela chiama visione "enattiva":
La realtà non viene dedotta come un dato: dipende dal percettore, non perché il percettore la "costruisce" secondo la propria fantasia, ma perché ciò che viene considerato come mondo pertinente è inseparabile dalla struttura del percettore. Quindi la percezione non è semplicemente inquadrata nel mondo circostante e da esso vincolata, ma contribuisce anche all'enazione di questo mondo circostante. Organismo e ambiente sono legati insieme in una reciproca descrizione e selezione.
Questo passo si potrebbe riformulare sostituendo "bellezza" a "realtà" che esso non perderebbe di efficacia esplicativa.
Ho detto che un oggetto non è bello in sé, ma solo con riferimento a un soggetto (e questa soggettività si amplia in un'intersoggettività). In questo senso la bellezza si colloca in quel vasto territorio esplorato da Gregory Bateson (1904-1980) di cui fanno parte l'informazione, l'ordine, la complessità e in genere i fenomeni della comunicazione, in cui sono essenziali la presenza e l'attività del soggetto: la bellezza ha dunque carattere relazionale.